La Riserva Marina delle Medas, un museo vivente
Una convergenza di fattori ha portato alla nascita di una straordinaria riserva marina in Catalogna.
Un micro arcipelago – tra i più piccoli del Mediterraneo – che ci offre un quadro di quello che poteva essere il nostro mare tanto tempo fa.
Forse chiamarlo arcipelago può sembrare un po’ eccessivo, ma tale è, anche se le sue sette isolette – alcune poco più che scogli – si trovano a meno di un
miglio dalla costa. Un piccolo arcipelago in grado però di offrire uno straordinario spettacolo perché una non casuale convergenza di fattori ha creato sulle coste della Catalogna – e più precisamente proprio di fronte a L’Estartit – la più straordinaria riserva marina del Mediterraneo. Immergersi nei fondali delle Medas è come sfogliare l’album dei ricordi del Mare Nostrum, ritrovare il Mediterraneo di quando (noi sub di pelo bianco) avevamo i calzoni corti.
In altre parole, una sorta di museo vivente o, se preferite, un grande acquario a… mare aperto. In nessun altro posto, in Mediterraneo, è infatti possibile osservare da vicino e con la massima tranquillità una tale quantità di specie (1.345 tra flora e fauna), partendo da una quantità di invertebrati, incluso il corallo rosso, e variando poi da cefali e spigole a saraghi (inclusi i faraoni) e corvine, da orate e giganteschi scorfani a tanute e occhiate, da dentici e barracuda a gronchi e murene, a polpi e salpe, a una tribù di gigantesche cernie e a tutta quella quantità di specie meno spettacolari che comunque danno un’idea di quella che doveva essere la ricchezza dei nostri mari.
Insomma una festa per l’occhio e per la macchina fotografica che ha avuto alla base una precisa ragione: il fish-feeding, cioè la pratica di dar da mangiare ai pesci che, però, da qualche anno è stata proibita. È stata però questa la chiave di volta – come del resto in altre spettacolari riserve marine come per esempio quella di Lavezzi – per conquistare la fiducia dei pesci. Nei primi anni ’80, le isole erano battute da pescatori sportivi e professionali, oltre che da molti corallari, per la grande ricchezza di queste acque. Una ricchezza che, oltre che per la particolare morfologia del fondo, è dovuta alla singolare confluenza di correnti e alla vicina foce del fiume Ter, apportatrice di un benefico flusso di sostanze organiche. Poi, poco a poco, il corallo è finito (ma è ancora facile vederlo in immersione, anche se di piccole dimensioni), il pesce è scarseggiato a causa dell’esubero di pesca e così a qualcuno è venuto in mente che quelle isolette potevano essere sfruttate meglio, magari coinvolgendo il turismo subacqueo che stava lentamente prendendo piede.
Così grazie alla saggezza di chi le ha governate e a una legge datata 1990 che ha sancito l’istituzione di una riserva marina, è nata quella che ormai si può tranquillamente chiamare una leggenda mediterranea. Per chi ama il mare e soprattutto per chi ama vedere il mondo attraverso una maschera subacquea, le Medas sono, come si direbbe oggi, un must irrinunciabile e – perché non dirlo? – un ottimo business: per i pescatori locali, che sia per l’effetto polmone della riserva e per la possibilità di modificare positivamente la propria attività (gite turistiche, glass bottom boats ecc.) ne hanno tratto vantaggio, ma anche per il turismo locale che ha visto un notevolissimo incremento di presenze estese anche al fuori stagione, e il mondo attraverso una maschera subacquea, le Medas sono, come si direbbe oggi, un must irrinunciabile e – perché non dirlo? – un ottimo business: per i pescatori locali, che sia per l’effetto polmone della riserva e per la possibilità di modificare positivamente la propria attività (gite turistiche, glass bottom boats ecc.) ne hanno tratto vantaggio, ma anche per il turismo locale che ha visto un notevolissimo incremento di presenze estese anche al fuori stagione, e naturalmente ai diving, che sono diventati il carro trainante di tutte le attività marine. Senza dimenticare i pesci che in questi fondali hanno trovato il loro paradiso, al riparo da pericoli che non siano quelli creati da madre natura.
Un acquario a mare aperto
Oggi alle Medas le immersioni sono contingentate a un massimo di 74.000 l’anno. 15.000 persone circa pinneggiano con lo snorkel in superficie osservando i pesci che sono numerosi anche in pochi metri d’acqua, e oltre 200.000 persone si godono le meraviglie subacquee attraverso i cristalli delle glass-bottom boat. Il tutto per un giro d’affari che si aggira sui 7.000.000 di Euro l’anno, ai quali va va aggiunto il forte indotto messo in moto a terra dal flusso turistico.
Cifre decisamente impressionanti, soprattutto considerando le dimensioni della località, ma evidentemente mosse da un’attrazione fuori del comune, come possono essere non solo le già citate 1.345 specie presenti alle Medas, ma anche la struttura carsica delle isole, che crea una quantità di suggestive grotte, di tunnel e di splendide arcate sottomarine. Facciamo allora conoscenza con questo piccolo capolavoro naturale.
Come dicevamo, le Medas sono arcipelago che più piccolo non si può: due isole principali (Meda Gran e Meda Petita) e una cornice di cinque isolotti che sono in realtà poco più che scogli, per un insieme che supera a stento i 21 ettari. Il tutto a meno di un miglio al largo di una rinomata stazione balneare, l’Estartit, che si trova a sua volta circa 140 km a Nord di Barcellona, ovvero nel cuore della Catalogna.
Le isole, brulle e rocciose, sono un naturale prolungamento della costa, di cui condividono la natura carsica, e quindi ricchissima di grotte e tunnel sottomarini. Il punto più stretto del canale che separa le Medas dalla costa misura appena 800 metri, mentre dalle isole al porto di L’Estartit c’è solo un miglio e mezzo. Ad abitarle, un tempo, erano solo i guardiani del faro che sormonta Meda Gran, toccando la vetta dell’arcipelago (75 m.) ma poi, caduto in disuso il faro nel 1932, le isole sono rimaste meta transitoria per una quantità di uccelli di passo e habitat stanziale per una colonia formata da migliaia e migliaia di gabbiani. Isole deserte sulla terraferma, ma frequentatissime in mare e soprattutto sotto il mare, grazie anche a un turismo perfettamente organizzato da diving e alberghi, e a una grande spiaggia in grado di soddisfare gli appassionati di attività più rilassanti.
Tralasciando il fascino di sdraio e ombrelloni, vediamo che alla radice di questo successo turistico ci sono proprio i fondali delle Medas, in alcuni punti spettacolari per le grandi pareti verticali coperte di gorgonie, ma anche per la presenza di un ricco substrato a base di alcionari, spugne, anellidi, e via dicendo. La carta vincente resta però la sfacciata abbondanza di pesci e la possibilità di osservarli da vicino in piena tranquillità. In pratica una sorta di museo vivente per fare la conoscenza di tutte quelle specie che un tempo, ahimé lontano, abitavano anche le nostre coste. Ovviamente la pesca in apnea è vietata, quindi lo spettacolo è tutto a favore della macchina fotografica e degli interessi naturalistici.
Oltre ai pesci, infatti, i fondali delle Medas offrono, per la loro origine carsica, numerose grotte, alcune ricche di diramazioni e tutte comunque a bassa profondità e prive di pericoli. Del resto la quasi totalità delle immersioni si svolge intorno ai 20-25 metri e, anche se le correnti sono a volte forti, non sono mai incontrastabili. Unico neo, talvolta l’acqua non proprio limpidissima a causa delle correnti e della vicina foce del Ter. Tuttavia, proprio a causa delle correnti, può capitare di trovare il cosiddetto “minestrone” la mattina e un’acqua assolutamente limipida nel corso della seconda immersione nel pomeridiana. In ogni caso l’assistenza di esperte guide subacquee assicura la massima sicurezza.
Gli imperdibili must
Per assicurare la piena soddisfazione di ogni immersione esistono degli spot ben precisi e, nonostante le ridotte dimensioni della riserva, le immersioni possono essere varie e sempre affascinanti. Provando a segnalare le più interessanti, difficile non partire dalla “Cueva de la Vaca”, che passa da parte a parte Punta de la Galera, sulla Meda Gran, ricca di diramazioni e di bellissimi scorci in controluce: l’ingresso è a 12 metri di profondità e il passaggio, molto ampio, è assolutamente privo di pericoli. Normalmente è di casa un vero e proprio muro di saraghi fasciati, fermo in corrente, ma ovviamente non mancano le cernie. All’uscita del lato nord, il fondale scende e si affaccia su una splendida parete di gorgonie.
Di rito anche la “Cueva del Dofì”, sulla Meda Petita: bassa, facile e a doppia entrata, con una profondità che va dai 5 ai 15 metri, è resa suggestiva anche dalla statua in bronzo di un piccolo delfino, posta nei pressi dell’uscita sud, meta irrinunciabile per una foto ricordo. Nelle vicinanze si possono svolgere immersioni più impegnative, con pareti che scendono fin oltre i 40 metri, mentre in costa ci si può inoltrare dentro la “Cueva de la Sardina”, che vanta anche un piccolo sifone con bolla d’aria. Ma, come dicevamo, la scelta in materia di grotte è davvero vasta.
Per chi ama scorrere lungo paesaggi particolarmente suggestivi, le pareti di gorgonie della “Pedra de Deu”, scoglio che segna l’estremo nord dell’arcipelago, scendono fino a -45 metri e con acqua limpida sono un vero spettacolo.

specie censite sui fondali dell’arcipelago.
Le gorgonie rosse, che si alternano a quelle gialle in uno straordinario susseguirsi di sfumature, ospitano una quantità di microorganismi per la gioia degli appassionati di macrofotografia ma, a colpire l’occhio meno specialistico, è la continua sequenza di saraghi, pagelli e tanute, con l’occasionale presenza di qualche grosso dentice, mentre le antenne delle aragoste spuntano spesso fra i rami delle gorgonie. Anche il Carall Bernat, estremo sud dell’arcipelago, offre sul suo lato esterno pareti simili. Questo impressionante faraglione di roccia, che è circumnavigabile in una sola immersione senza superare i 30 metri di profondità (ma servono buone gambe perché spesso si incontrano correnti di forte intensità), è il paradiso del “fish-watching”.
Qui si vede di tutto, anche a bassa o addirittura bassissima profondità, proprio dove si ancorano le barche e dove, perciò, lo spettacolo è a portata di snorkeling: i banchi di cefali imperversano in 3-4 metri d’acqua, le spigole sono a pelo di superficie, saraghi reali e faraoni non scendono oltre i 10-15 metri e, un po’ più a fondo, le cernie guardano incuriosite, di tanto in tanto risalendo. A poche decine di metri dal Carall Bernat si trovano il Tascon Gros e il Tascon Petit, altri due faraglioni, più scogli che isolotti, che offrono interessanti spunti d’immersione ma, soprattutto, un ottimo terreno di snorkeling lungo il bassofondale che li unisce e che si mantiene intorno ai 5-8 metri.
Tralasciando altri spot, comunque sempre interessanti, un’ultima nota la riserviamo alla Pota del Llop, le cui pareti verticali fiorite di gorgonie scendono fino ad oltre 50 metri rendendo questa la più impegnativa delle immersioni delle Medas e dove l’incontro con un banco di grossi barracuda è pressoché certo. Scendere su questi fondali porta sicuramente a un mix di considerazioni.
Da un lato la bellezza di uno spettacolo unico che rapisce e diverte: una sorta di giardino zoologico senza gabbie che ci porta anche a conoscere dal vivo specie animali che altrimenti vedremmo solo sui banchi della pescheria. Da un altro punto di vista, sorge un’amara analisi retrospettiva: sarà stato così il mare delle nostre coste, 60-70 anni fa? Cosa abbiamo combinato per renderlo quello sterile deserto che è oggi? Possiamo fare qualcosa per migliorare la situazione? Molte domande ma, al momento, poche risposte.
Notizie utili
Come arrivarci
Il principale punto di riferimento è Barcellona, dove si può arrivare per via aerea o con un traghetto, portandosi dietro la propria automobile. Per raggiungere L’Estartit ci sono poco più di un centinaio di chilometri di ottima strada, ma con l’auto si può arrivare anche da Nord dopo aver percorso poco più di 500 km di strade francesi (dal confine italiano) e una cinquantina di chilometri in territorio spagnolo. Da considerare anche l’aeroporto di Girona, che dista da L’Estartit solo una quarantina di chilometri ed è servito anche da diversi voli in partenza dall’Italia. Da non trascurare la possibilità di arrivare a L’Estartit con la propria barca, ormeggiando al locale marina da 600 posti (www.cnestartit.com)
Dove alloggiare
Con la sua immensa spiaggia L’Estartit è anche un’apprezzata stazione balneare con, a disposizione, una notevole quantità di alberghi. L’ideale, per visitare le Medas partendo da un punto strategico, è trovare un albergo come Les Illes (info@hotellesilles.com – Tel. +34- 972 751 239), che dispone di un proprio centro d’immersione con tanto di barche e stazione di ricarica.
La stagione
I mesi migliori per una visita sono quelli che vanno da maggio a ottobre. L’acqua si mantiene a 13°-14° in primavera, per arrivare a 24-25° in piena estate, e a 17°- 18° a settembre, quando però diventa più limpida. Il che vuol dire mute pesanti, meglio se semistagne o addirittura stagne, lasciando le 5 mm per la stagione estiva. Pur non essendo in genere limpidissima, l’acqua risulta comunque soddisfacente anche i più esigenti fotosub. Poi ci sono giornate in cui la corrente tira per il verso giusto e diventain genere limpidissima, l’acqua risulta comunque soddisfacente anche i più esigenti fotosub. Poi ci sono giornate in cui la corrente tira per il verso giusto e diventa cristallo.
Le immersioni
In zona ci sono 14 centri d’immersione e ciascuno può gestire il proprio budget di immersioni come meglio crede a seconda della stagione, fino ad un massimo di 74.000 immersioni totali nell’arco dell’anno. Per ogni immersione, diving a parte, si paga una tassa di 5,30 Euro, mentre per lo snorkeling la tassa scende a 2,80. La maggior parte delle immersioni si svolge fra i 15 e i 25 metri e solo alcune presentano spettacolari pareti che scendono fino a 50 metri. Per immergersi serve ovviamente il brevetto, sia che si scenda con i diving sia che ci si voglia immergere dalla propria barca, che in quel caso potrà ormeggiare solo alle boe arancioni. Le immersioni si svolgono tutte in piena sicurezza, ma in ogni caso un’efficiente camera iperbarica è raggiungibile in meno di mezz’ora. Si può arrivare alle isole con un diving – sicuramente la cosa più consigliabile – ma anche con la propria barca, tenendo presente che è proibito calare l’ancora, il che non è un problema avendo a disposizione 90 boe. Ricordiamo anche che il fish-feeding oggi è severamente proibito.<p style=”text-align: center;”></p>










