Termini Imerese, il porto turistico
di Germano Scargiali
Non è ancora un piano regolatore portuale ma lo sembra. Come il piano regolatore portuale che sarà steso in un secondo tempo, mira a rivoluzionare il porto di Termini Imerese, soprattutto per ricavarne il tanto atteso porto turistico.
Alla Sigma s.r.l. di Palermo, lo studio ingegneristico che se ne sta occupando, lo definiscono come una “ipotesi di adeguamento tecnico funzionale”.
Dopo una serie di passaggi burocratici e il gradimento della giunta comunale termitana, potrà passare all’assessorato regionale LLPP e ne nascerà, appunto, il PRP. È lo strumento, ben noto, senza il quale un lavoro del genere non si potrebbe realizzare: un porto moderno deve inserirsi nel tessuto cittadino fino a farne parte. Siamo di fronte ad una grande opera di cui si rende protagonista quella che da qualche anno si chiama Autorità di sistema portuale della Sicilia occidentale.
L’Autorità di Palermo ha già da alcuni anni la governance di Termini e, dal momento della riforma nazionale dei sistemi portuali, si estende – quasi fosse un unico porto – anche a Trapani e Porto Empedocle.
Il progetto è destinato a coronare in pieno la doppia vocazione del porto della storica cittadina di Termini Imerese, grande e bella quasi come un capoluogo, un centro abitato che si divide in due (Termini Alta e Bassa), adagiato su una falesia dall’eccezionale microclima, tanto che i primi cavernicoli vi si stabilirono in piena preistoria. Grazie ai lavori di questo progetto, il porto corona la tripla vocazione di porto turistico, commerciale e peschereccio.
Da quando Termini dipende da Palermo accoglie traghetti provenienti da Civitavecchia, Livorno, Salerno e, quando è indisponibile il porto di Palermo per motivi contingenti (meteo eccetera), anche da Napoli e Genova. Lo sbarco dei Tir è favorito dalla bretella autostradale che manca a Palermo: è stata costruita al servizio di un’area industriale e artigianale mai veramente decollata. La sola ospite di rilievo, la Fiat, è stata in anni recenti protagonista di una dolorosa marcia indietro.
Vale la pena di rilevare, però, che mentre il porto di Palermo, protetto a maestrale dal Monte Pellegrino, fu uno dei motivi del fiorire del capoluogo – assieme al microclima e all’abbondanza d’acqua – facendone sin dall’evo antico la città “tutto-porto” (Panormos, Panormus), il porto di Termini soffre sia per periodici venti di traversia sia per importanti fenomeni d’insabbiamento. Ciò riguarda, tuttavia, solo le grandi navi e non già il diporto. Così che da molti anni una comunità di velisti e un paio di club praticano il loro amato sport: meta prediletta, le non lontane Eolie.
Come si pensava da anni, lo yachting sarà sistemato al di fuori dell’attuale diga di sottoflutto che, con il completamento di tutto l’alveo portuale, diverrà un molo e farà da banchina di riva al vero e proprio porto turistico. Le sistemazioni a terra sono quelle che più colpiscono. Il progetto include già un grande centro commerciale e una sala conferenze che nasce piuttosto come auditorium (questo particolare è ancora allo studio). Lungo le banchine di riva che, disposte a “L”, sono in effetti due, correrà un edificio su un solo livello per consentire la vista del mare e delle superfici acquee anche da dietro. Sarà in questa costruzione che saranno ricavati il ristorante e il bar, la cui zona all’aperto sarà riparata dal sole tramite estesi pergolati, volti ad ‘esorcizzare’ il sole dell’estate siciliana.
Per il momento non è previsto un albergo al diretto servizio del porto: gli hotel sono come il fumo negli occhi – chissà perché – in fase di permessi e licenze di costruzione. Ovvio che su una così grande area portuale, poggiata sul lungo sottoflutto di un porto commerciale, ci sarà posto per unità d’ogni genere fino a un massimo di 437.
Un’ultima chicca: il porto termitano disporrà di un parcheggio raso e uno a multipiano. Insomma, c’è di tutto per dare impulso alla città di Termini Imerese, ricca di storia e di attrattive, rimasta orfana dal punto di vista occupazionale dopo il gran rifiuto di quella che era stata per alcuni decenni considerata “mamma Fiat”.<p style=”text-align: center;”></p>
