55 ore da incubo
MAYDAY GUARDIA COSTIERA
Alessandro Vitiello, di La Maddalena, ha appena acquistato da un centro diving dell’Argentario una barca di 14 metri, il “Caimano”. È un peschereccio di legno, riadattato alle esigenze della subacquea e dichiarato perfettamente funzionante. “Quando l’ho visto per la prima volta, sono rimasto un po’ perplesso” racconta tuttavia Renato Spano, di Olbia, 44 anni, l’amico marittimo di professione invitato da Vitiello ad accompagnarlo nella traversata da Porto Ercole a La Maddalena.
Una traversata peraltro non consentita, in quanto la barca è abilitata alla navigazione entro le 6 miglia dalla costa. Ma si confida nella buona sorte. Il Caimano lascia l’ormeggio poco prima della mezzanotte di martedì 23 ottobre 2018. Ha di fronte a sé circa 120 miglia, dritto per dritto per 230 gradi, da compiere prudentemente in 16-18 ore, se non di più. Il tempo è buono e le previsioni per la giornata appena incominciata pure: poco nuvoloso, visibilità media 22 km, pressione 1014 millibar, vento tra i 5 e i 12 nodi. Intorno alle 12, quando il Caimano è già ben oltre metà del percorso previsto, qualcosa non va. Lo scafo sembra appesantirsi rapidamente, mentre dal portellone della sala macchine comincia a uscire fumo misto a vapore.
Basta dare un’occhiata nel vano per rendersi conto che il problema non è il motore: è in atto un allagamento imponente, dovuto evidentemente a un cedimento della carena. “Abbiamo subito lanciato il Mayday ma non abbiamo ricevuto risposta” ricorda Spano. “Poi abbiamo acceso i fumogeni e sparato in razzi di segnalazione, comprendendo subito però che nessuno ci aveva visto o sentito”. A quel punto, la barca sta per affondare. Non resta da fare altro che mettere in acqua i due salvagente del tipo “atollo” e saltarci dentro. I due amici legano insieme i due galleggianti e incominciano a guardarsi intorno. La loro barca non c’è più ma, ogni tanto, qua e là, compare qualche nave. Urli, richiami, sbracciamenti, fischi con tutto il fiato che si ha in gola. Nulla. Alessandro e Renato sono invisibili.

Ore 20 circa, La Maddalena. Del tutto ignari di quel che è successo, i familiari dei due marinai sono in attesa di ricevere qualche notizia dal Caimano, anche se non sono particolarmente preoccupati, poiché Alessandro e Renato sono stati molto vaghi circa l’ora di arrivo. Ma passano le ore. Nessuna telefonata dai cellulari e nessuna risposta alle chiamate, che si fanno sempre più frequenti. La notte è lunga nell’attesa e, alle prime luci dell’alba del giorno 25, sono ormai tutti convinti che sia successo qualcosa. Si decide perciò di dare l’allarme alla Capitaneria di Porto – Guardia Costiera di Olbia.
GLI ERRORI PRINCIPALI
► Essersi fidati di una vecchia barca senza averne esperienza diretta.
► Aver intrapreso un tipo di navigazione al quale l’unità non era abilitata.
► In acqua, dopo il naufragio, essersi separati.
La prima unità a uscire in mare dal porto di La Maddalena è la motovedetta CP870 e, nell’arco della giornata, se ne aggiungono altre cinque: CP 273, CP 894 e CP2116 di Olbia; CP 709 di Golfo Aranci e CP 306 di La Maddalena. Il compito è davvero arduo, innanzi tutto perché la barca da ricercare in realtà è affondata. E poi perché ciò che si cerca può trovarsi in un’area di circa 10.000 chilometri quadrati. Insomma, è il classico ago nel pagliaio. Per questo motivo, la Centrale Operativa del Comando Generale di Roma invia un velivolo ATR42MP del Nucleo Aeromobili della Guardia Costiera di Pescara. La giornata passa senza alcuna novità, a parte il progressivo peggioramento delle condizioni meteomarine. In serata, il vento soffia a 20 nodi e minaccia di rinforzare nel corso della notte. Con la luce del giorno, si unisce alla flottiglia di mezzi Sar l’Elicottero Nemo 07 della base di Decimomannu.
In quel momento, dopo 45 ore di immersione nell’acqua, lo stato psicofisico dei due naufraghi è ormai ai minimi termini. Scomparsa quasi del tutto la lucidità, incominciano pure le allucinazioni. A Renato sembra di scorgere terra, perciò si stacca dal compagno e, sostenuto dal salvagente, incomincia a nuotare verso quella direzione.
Per il nutrito gruppo di soccorritori, il fatto di non essere riusciti in tutte queste ore a individuare il Caimano rafforza il sospetto che la barca sia effettivamente affondata. Peggio, dunque, poiché si tratta di cercare qualcosa di molto meno visibile, aguzzando – se possibile – ancor di più la vista. Evidentemente funziona, perché intorno alle 17, a circa 50 miglia dalla costa sarda, un operatore dell’ATR42 scorge alcuni rottami galleggianti. Essendo la possibile traccia di un naufragio, convoglia in zona le altre unità di soccorso. Alle 17.30, la motovedetta CP273 individua Alessandro Vitiello e lo porta a bordo. Una decina di minuti dopo, relativamente a poca distanza, l’elicottero Nemo 07 scorge Renato Spano e, con l’aiuto di un rescue swimmer lanciatosi in acqua, recupera con il verricello anche il secondo naufrago. Alessandro e Renato sono entrambi in stato di ipotermia ma sostanzialmente in buone condizioni. Salvi dopo 55 ore da incubo.
<p style=”text-align: center;”></p>