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S.O.S. Patella, specie a rischio

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Grazie al progetto comunitario ReLife, per la prima volta è stata riprodotta in Italia la patella ferrosa, mollusco gasteropode a rischio estinzione nel Mediterraneo.

Insieme alla pinna nobilis, condivide il triste primato di essere considerata l’invertebrato marino più minacciato del Mediterraneo. Ma diversamente dalla grande nacchera di mare, decimata da un patogeno, la patella ferrosa, o ferruginosa (Patella ferruginea) è vittima della mano dell’uomo.

Endemica nel settore centro–occidentale del bacino mediterraneo, è oggi considerata a rischio di estinzione, in quanto scomparsa dalla maggior parte dei litorali continentali sud-europei e nord-africani dove un tempo abbondava. Tuttavia ci sono speranze di sopravvivenza. Dopo un primo esperimento condotto in Spagna nel 2012, sta avendo successo un inedito progetto italiano di riproduzione controllata in laboratorio condotto in Liguria, grazie al quale potrà essere possibile salvare la specie da una fine annunciata.

Si tratta del progetto comunitario ReLife “Re-establishment of the ribbed limpet in Ligurian MPAs, by restocking and controlled reproduction”, cofinanziato dal programma Life dell’Unione Europea, con la collaborazione delle aree marine protette di Portofino (soggetto capofila), Bergeggi e Tavolara – Punta Coda Cavallo, Parco Nazionale delle Cinque Terre, Acquario di Genova, AlgoWatt e il Dipartimento di Scienze della Terra, dell’Ambiente e della Vita (Distav) dell’Università di Genova. Avviato nel 2016 con la partecipazione dell’esperto biologo spagnolo Javier Guallart, il piano è iniziato col prelievo di alcuni esemplari dall’isola sarda del Molarotto, vicino a Tavolara, con il duplice scopo di reintrodurli nelle aree marine protette liguri e nella stessa Tavolara, oltre a sviluppare la riproduzione in laboratorio, definendo protocolli per replicare le procedure in altre zone.

La prima reintroduzione ha riguardato la zona A dell’area marina protetta di Portofino: dotate di un microchip per il monitoraggio, le patelle sono state posizionate su piastrelle di granito ancorate alla roccia, in modo da permettere lo spostamento nel loro habitat naturale. Sul fronte riproduttivo, presso il laboratorio CNR-IBF di Camogli, i ricercatori hanno creato un impianto in cui, dopo una fase di acclimatazione degli esemplari importati dalla Sardegna, sono riusciti a indurre naturalmente esemplari maschi e femmine a rilasciare i gameti in vasca, dove è avvenuta la fecondazione e si sono sviluppate le formazioni larvali, mutate fino ad assumere le sembianze degli adulti già nei piccoli esemplari che hanno aderito alle rocce. A decretare il successo definitivo dell’iniziativa e la sua implementazione ad ampio raggio sarà il loro tasso di sopravvivenza.

La patella ferrosa, dalla conchiglia conica il cui diametro può raggiungere i 10 centimetri, ha bordo dentellato e costolature radiali. Fa parte di un un genere al quale appartengono 16 specie, diffuse tra l’oceano Atlantico e il Mediterraneo, compreso il mar Nero. Tutelata da norme internazionali (è inserita nell’allegato II del Protocollo SPA/BIO della Convenzione di Barcellona, nell’allegato II della Convenzione di Berna e nell’allegato IV della Direttiva Habitat), oggi sopravvive in alcuni tratti costieri di Toscana, Corsica, Sardegna, Sicilia, Tunisia e del mare di Alboran, tra Spagna e Marocco, in particolare in alcuni isolotti poco frequentati.

La si trova principalmente nei tratti costieri bagnati dall’escursione di marea – costituendo un tassello importante di questo habitat – spesso coperta da alghe (di cui si nutre) e incrostazioni. È un mollusco gasteropode ermafrodita: nasce maschio e dopo circa tre anni diventa femmina, riproducendosi una volta l’anno, soprattutto in autunno. Il prelievo massiccio da parte dell’uomo, sia come alimento sia come esca naturale per i pescatori o esemplare per i collezionisti di conchiglie, è stato la causa principale del suo declino. Essendo apparsa sulla Terra circa 20 milioni di anni fa, nel Miocene Inferiore, è entrata da subito nella dieta della specie umana, quando questa ne ha scoperto la bontà.

Ne sono testimonianza i numerosi gusci trovati in grotte non distanti dal mare, insieme ad altri resti animali, negli accumuli degli strati tirrenici dal Paleolitico al Neolitico nell’interno del bacino mediterraneo occidentale. Se allora si poteva trattare di un consumo sostenibile, col passare del tempo – e in particolare negli ultimi decenni – non lo è più stato. Per queste ragioni, diviene fondamentale l’opera di comunicazione e sensibilizzazione indotta dal progetto ReLife e dalla “citizen science”, non solo per identificare la specie e lasciarla dove risiede, ma anche per monitorarne la diffusione sfruttando il web.

Chi la scopre, anche casualmente, può segnalarlo ai responsabili del progetto, collegandosi al sito www.re-lifeproject.eu o utilizzando i suoi canali social.<p style=”text-align: center;”></p>

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