Trimarani, vantaggi e svantaggi
I multiscafi sono una tipologia di imbarcazioni idrodinamicamente molto efficiente. Ma, mentre i catamarani negli ultimi anni stanno avendo una rapida diffusione, di trimarani se ne vedono ancora pochi, anzi pochissimi. Eppure, se due è meglio di uno, perché tre non può essere meglio di due?

Prima di parlare del trimarano, parliamo del suo fratello minore: il catamarano. Una configurazione che, dopo aver rappresentato per decenni una piccola nicchia di mercato, perlomeno nel nostro Paese, in questi ultimi anni sta avendo un successo commerciale notevole che promette di proseguire nei prossimi anni. Successo dovuto ai due scafi che permettono tanto spazio in coperta e a un’efficienza idrodinamica notevole. Ciò vuol dire velocità interessanti con potenze e consumi molto contenuti che consentono di superare i limiti di un classico monocarena dislocante. Senza, peraltro, dover ricorrere alle carene plananti che, notoriamente, funzionano male quando non planano.

Ma allora, se il catamarano funziona così bene, perché non pensare ancora più in grande passando a tre scafi, al trimarano? Banalizzando: perché, se due è meglio di uno, tre non può essere meglio di due?
In effetti, per certi usi molto particolari in cui si richiedono prestazioni elevate o un’alta efficienza, dalla vela alle imbarcazioni per imprese scientifiche, il trimarano è una configurazione il cui utilizzo non è poi così raro. Così come non è raro che qualche designer che vuole farsi notare utilizzi proprio questa configurazione per proporre qualcosa di nuovo, qualcosa di mai visto. Ed ecco, allora, comparire qualche superyacht trimarano che sembra disegnato per il set di Guerre Stellari. Ma, si tratta pur sempre di una rarità. Così come sono poche le proposte di trimarani più piccoli, a velo o a motore.
Prima di vedere qualcuno di questi pochi trimarani, esistenti o ancora sulla carta, riassumiamo brevemente quali sono le caratteristiche peculiari di questo strano mezzo. Innanzitutto, ricordiamo che tutti i multiscafi, catamarani o trimarani che siano, hanno una maggiore efficienza idrodinamica rispetto a un normale monocarena per via delle forme estremamente allungate dei singoli scafi: generalmente, essi possono arrivare ad essere lunghi anche oltre 10 volte la loro larghezza. Tale caratteristica si indica con il rapporto tra la lunghezza e la larghezza L/B. Per inciso, un normale monocarena generalmente non supera un rapporto L/B di 3-4, ovvero la sua lunghezza è generalmente pari a 3-4 volte la sua larghezza. Ecco che un rapporto L/B molto più elevato permette di ridurre fortemente la formazione ondosa prodotta e, di conseguenza, ridurre la resistenza all’avanzamento. Si possono così ottenere velocità di un certo rilievo senza la necessità di potenze esagerate.

Questa caratteristica, evidentemente, condiziona l’abitabilità degli scafi che, al diminuire delle dimensioni, diventa un limite (quasi) insormontabile. Come si fa, su una barca di 10 metri, a sfruttare e rendere un minimo abitabili degli scafi larghi 1.5 m nel punto di maggior larghezza? Per questo è ancora più raro vedere multiscafi cabinati di piccole dimensioni, diciamo sotto i 15 metri. Allo stesso tempo è anche vero che, negli ultimi anni, questo limite dei 15 metri si sta pian piano riducendo, soprattutto grazie all’escamotage di forme di scafo che si allargano ad arte sopra il piano di galleggiamento per aumentare la volumetria interna, senza compromettere più di tanto le caratteristiche idrodinamiche.
Se quanto appena detto è vero per un catamarano, per il trimarano le cose cambiano un po’. Infatti, a differenza dei catamarani che hanno due scafi gemelli, i trimarani hanno ben tre scafi sui quali viene ripartito il volume immerso (quello che sostiene il peso della barca, ovvero il dislocamento). Tali scafi non sono uguali ma possono assumere delle dimensioni anche molto diverse tra loro, a partire dallo scafo centrale che, generalmente, è più grande, anche di molto, dei due scafi laterali più stretti che possono essere anche più corti. In questo modo lo scafo centrale diventa abitabile anche su piccole dimensioni, quasi come un monocarena.

Ma resta il problema della larghezza complessiva del mezzo, una misura eccessiva che determina non pochi problemi nella sua gestione, a partire dai maggiori costi per un ormeggio in banchina che, semplicemente, raddoppiano quando va bene!
Se da una parte è vero che tutti i cantieri cercano di contenere al massimo questa larghezza, è altrettanto vero che essa non può essere ridotta più di tanto, a meno di non compromettere irrimediabilmente l’efficienza idrodinamica del trimarano che tanto abbiamo decantato fin qui. Infatti, le onde prodotte dai singoli scafi, seppur di dimensioni ridotte per effetto della forma affusolata degli scafi stessi, comunque interagiscono tra loro determinando un aumento della resistenza. Pertanto, la distanza degli scafi dovrebbe essere tale da non produrre questa interferenza.
A questo punto risulta evidente che sarà necessario un compromesso tra un interasse (piccolo) tra gli scafi che permetta dimensioni gestibili in porto e un interasse (grande) che riduca al minimo l’interferenza idrodinamica. Per dare un’idea di cosa significhi un interasse grande con il quale gli effetti di interferenza idrodinamica sono minimizzati basta guardare il trimarano Maserati Multi 70 con cui, da qualche anno, Giovanni Soldini sta frantumando i record delle più prestigiose regate di altura, ultima la RORC Transatlantic Race ad inizio 2023: parliamo di un trimarano di quasi 17 metri di larghezza a fronte di 21 metri di lunghezza. Una barca praticamente quadrata!
Questo riferimento al Maserati Multi 70 ci dà lo spunto per accennare a un altro vantaggio peculiare del trimarano a vela: quando il trimarano si inclina sotto vela, lo scafo sopravvento esce dall’acqua e, così, non genera resistenza idrodinamica (onde e attrito) e le performance aumentano ulteriormente. Addirittura, nel caso dei trimarani da regata come Maserati Multi 70, in certe condizioni esce dall’acqua anche lo scafo centrale! Per questo i trimarani a vela sono le macchine da regata più potenti che esistano.
Ma torniamo ai trimarani “umani” e torniamo alla forma allungata degli scafi. Queste forme, oltre ad essere estremamente efficienti dal punto di vista idrodinamico, determinano anche una miglior tenuta al mare complessiva e un migliore comfort, grazie sia ai contenuti volumi delle estremità dello scafo che ne limitano i movimenti e le accelerazioni verticali, sia alla quasi totale assenza di superfici orizzontali o sub-orizzontali che impattano violentemente sull’acqua in caso di navigazione con mare mosso (tale fenomeno è tecnicamente denominato slamming). Ovviamente, in questo discorso non vengono considerate le ampie superfici orizzontali di collegamento dei vari scafi (ponti), che andranno opportunamente disegnate e posizionate per limitare proprio lo slamming.
Va però detto che, quando si parla di trimarani di grandi dimensioni, la distanza dei ponti dalla superficie del mare è tale da consentire di evitare tali impatti, o almeno di limitarne sensibilmente gli effetti. Mentre, quando si parla di piccole imbarcazioni per le quali la distanza dei ponti dall’acqua è inevitabilmente ridotta, generalmente la loro superficie rigida è parzialmente o del tutto sostituita da reti sulle quali l’equipaggio può sostare e camminare ma che rappresentano una superficie aperta attraverso la quale l’acqua che sale dal basso può filtrare senza impattare con violenza. Per inciso, queste generali migliori caratteristiche di tenuta al mare e di comfort dei trimarani ha portato alla diffusione dei cosiddetti trimarani wave-piercing, mezzi sui quali la forma affusolata degli scafi viene ancora di più enfatizzata. Si tratta di mezzi appositamente progettati per mantenere alte velocità (parliamo di 30-40 nodi) anche in condizioni di mare mosso, grazie alla loro peculiare caratteristica di attraversare l’onda, di “bucarla” anziché cercare di seguire il movimento.
Per questo scopo, questi mezzi presentano la particolarità di avere lo scafo centrale molto lungo e affusolato, con una prua particolarmente affilata, mentre gli scafi laterali hanno dimensioni ridotte e un posizionamento arretrato. Così vengono risolte, o comunque limitate, quelle che sono alcune delle maggiori controindicazioni della configurazione multiscafo, come l’eccessiva stabilità, che determina problemi dal punto di vista strutturale e del comfort, o la possibilità dei violenti impatti di “slamming” sui ponti di collegamento tra gli scafi in posizione avanzata.
Prima di andare a vedere qualcuno dei trimarani presenti sul mercato, piccoli e grandi, a vela o a motore, così come qualche proposta visionaria, concludiamo quest’analisi riassumendo i vantaggi che questa particolare morfologia offre, ma anche gli inevitabili svantaggi. Di alcuni ne abbiamo parlato approfonditamente sopra, di altri no, ma sono abbastanza intuitivi.
Vantaggi del Trimarani
• Efficienza idrodinamica
• Spazio in coperta
• Basso pescaggio
• Stabilità
Svantaggi del Trimarani
• ridotta abitabilità all’interno degli scafi, sia quello centrale (in parte) sia i laterali (a volte del tutto assente)
• elevata larghezza che determina maggiori costi di ormeggio e che può anche compromettere l’accesso in porto.
• Maggiori costi di costruzione e di manutenzione

Dragon Fly 40
Partiamo da questo trimarano a vela, il Dragon Fly 40, ultima proposta (2020) del cantiere danese Quorning Boats per una barca da crociera che cerca di avere i pregi dei multiscafi senza prenderne i difetti … almeno per quel che riguarda l’eccessiva larghezza. Questo grazie alla mobilità degli scafi laterali che possono essere accostati allo scafo centrale riducendo fortemente la larghezza dell’unità quando si deve entrare in porto o andare all’ormeggio. Infatti, questo bel trimarano di 12,10 m di lunghezza, dalle performance interessanti e dal design moderno, può dimezzare la sua larghezza dagli 8.40 metri di quando è in navigazione a soli 4,00 m, occupando così la banchina come un normale 40 piedi monocarena.

Si tratta di un sistema che il cantiere, specializzato proprio nella costruzione di trimarani “ripiegabili” dai 25 ai 40 piedi, ha oramai collaudato da anni su tutta la sua gamma. Superato il problema dell’eccessiva larghezza all’ormeggio, al Dragon Fly 40 restano fondamentalmente i vantaggi del trimarano, in primis la grande stabilità di forma che si trasforma in capacità di portare più vela senza avere il bisogno di una deriva con un bulbo di zavorra.
Ne conseguono una barca leggera, che pesca pochissimo (solo 70 cm con le derive alzate) e va veloce. Infatti, al contrario di un normale 40 piedi monocarena sul quale si hanno 2-3 tonnellate di zavorra che portano il dislocamento complessivo a 8-9 tonnellate a vuoto, il dislocamento a vuoto del Dragon Fly 40 è di sole 5-6 tonnellate, a seconda delle versioni. Questo risparmio di peso del 30{2e3577d2bd6aebaa150c85c33fcd353783f1aa6c690283591e00ef60b3336fc8}, unito alla estrema finezza degli scafi e alla maggiore quantità di tela a bordo, permette velocità a vela superiori ai 20 nodi, impensabili per un normale monocarena da crociera. Senza contare che questa maggiore efficienza e minore peso consentono di ridurre anche la potenza del motore e i consumi: sul Dragon Fly 40 bastano 40 HP al contrario degli almeno 60 che usualmente ritroviamo su un monocarena della stessa lunghezza.
A tutti questi aspetti positivi se ne contrappone uno negativo che, per quanto possa essere mitigato, inevitabilmente resta su ogni multiscafo: la ridotta abitabilità interna. Riferendoci al solo scafo centrale, essendo i due laterali utilizzabili solo come riserva di stabilità oppure gavone tecnico, possiamo dire che se su un normale monocarena a vela da crociera da 40 piedi generalmente il layout interno prevede oggi una doppia cabina a poppa, una dinette centrale, una cabina a prua e due bagni, sul Dragon Fly 40 il layout è più simile a quello di un 33 piedi con due sole cabine (una a prua e una a poppa), una dinette e un bagno. A questo limite, però, si contrappone una disponibilità di spazio in coperta senza paragone.

Astus 22.5
Rimaniamo su un trimarano a vela ma di dimensioni più piccole, l’Astus 22.5 recentemente proposto dall’omonimo cantiere francese. Con una lunghezza fuori tutto di 8.3 m e una lunghezza dello scafo centrale di quasi 7 metri, siamo al limite per quel che riguarda la possibilità di utilizzare i volumi interni a scopo abitativo. Espressamente pensato per il campeggio costiero, le dimensioni di questo piccolo trimarano gli permettono di essere abbastanza grande per ospitare 4 cuccette e una piccola cucina e, allo stesso tempo, di essere abbastanza piccolo e leggero per essere trasportato su un carrello stradale.

Anche grazie alla possibilità di “chiudere” gli scafi laterali su quello centrale, resa possibile da un sistema di travi telescopiche che riduce la larghezza dai 4,70 m in navigazione a 2,52 m. Anche qui, come nel caso di Dragon Fly 40, eliminato il limite più grande dei multiscafi (la larghezza eccessiva), rimangono tutti gli altri vantaggi di cui abbiamo appena parlato.

LEEN 50 e NEEL 52
Saliamo ora di dimensioni e andiamo a vedere la produzione di NEEL Trimarans Group, cantiere francese leader mondiale dei trimarani da crociera, sia a vela, con il marchio NEEL Trimarans, sia a motore, con il marchio LEEN Trimarans. In particolare, concentriamoci su l’ultimo nato, il LEEN 50 attualmente in costruzione. Su queste dimensioni inizia ad essere possibile utilizzare anche i volumi interni degli scafi laterali, anche se con qualche forzatura in termini di forme di scafo non sempre aggraziate e sufficientemente avviate che, insieme alla ridotta distanza che c’è tra scafo centrale e scafi laterali (ricordate il discorso degli effetti della mutua interferenza tra gli scafi), vanno a scapito dell’efficienza idrodinamica.

In ogni caso, le prestazioni di questo che possiamo definire un atipico trawler con il design da moderna navetta si mantengono estremamente efficienti, con il risultato che con due motori da 150 HP si hanno consumi di circa 2 litri per miglio alla velocità di crociera di quasi 10 nodi. Di massima si arriva a 14. Niente male per una piattaforma di 15 metri di lunghezza per 8 di larghezza e dal peso di 23 tonnellate. Potenza dei multiscafi!
E nonostante il tentativo di contenere la larghezza complessiva a cui abbiamo accennato, larghezza che comunque resta importante quasi il doppio di un normale monocarena delle stesse dimensioni, con tutte le conseguenze in termini di costi di ormeggio e non solo. A bordo, però, c’è una gran quantità di spazio, soprattutto in coperta ma anche sotto. Infatti, il layout del LEEN 50 prevede ben 4 cabine sottocoperta (2 nello scafo centrale e una in ogni scafo laterale) e una grande cabina armatoriale a livello coperta.

Le stesse riflessioni possono essere fatte anche per le versioni a vela dei trimarani del gruppo francese, aggiungendo delle ulteriori considerazioni che rendono l’uso di questa morfologia estremamente interessante proprio per la vela. Considerazioni a cui abbiamo accennato sopra, come la grande stabilità di forma che permette di avere un piano velico più potente (e quindi avere la barca più veloce).

Anche per quanto riguarda gli spazi, su queste dimensioni nelle versioni a vela lo spazio davvero non manca, sia in coperta sia negli scafi. Ad esempio, in uno dei layout disponibili, il NEEL 52 in costruzione – che sostituirà il NEEL 51 – offre nei tre scafi ben 6 cabine doppie per armatore e ospiti, alle quali si aggiungono due cuccette per l’equipaggio nella poppa degli scafi laterali. Stiamo parlando di un trimarano a vela di 15,85 metri di lunghezza con una larghezza di 8.80 che, comunque, resta una larghezza importante con tutte le complicazioni che abbiamo esaminato.

Rapido 60
Prima di salire di dimensioni, vediamo un trimarano a vela poco più grande del NEEL 52 ma progettato espressamente per essere veloce: è il Rapido 60, il multiscafo a vela di serie più veloce oggi esistente. Non a caso è stato progettato dallo studio californiano Morrelli & Melvin Design and Engineering, leader mondiale nella progettazione di multiscafi veloci e non solo, America’Cup compresa.

Questo trimarano, con una lunghezza di 18 metri e una larghezza di ben 11,7, riprende in pieno la filosofia progettuale dei trimarani da competizione pura come il Maserati Multi 70 di Giovanni Soldini, per quanto riguarda sia i rapporti dimensionali sia le forme di scafo, che prevedono l’abitabilità del solo scafo centrale, mentre i due laterali sono dedicati esclusivamente a fornire stabilità sotto vela. Una barca che, capace di superare i 25 nodi a vela, dimostra tutte le potenzialità di efficienza idrodinamica, ovvero velocistiche, del trimarano. Ma stiamo parlando di una barca decisamente estrema, una vera macchina da corsa!

Adastra
Se si sale di dimensioni, la configurazione a trimarano può essere declinata in vari modi. Se poi si cerca la massima efficienza-velocità in condizioni meteo marine avverse, la soluzione non potrà che essere un trimarano con forme wave-piercing di cui abbiamo parlato. Come Adastra, un trimarano ipertecnologico di oltre 40 metri e largo 16 che è stato definito “il futuro per un’efficiente crociera a lunga percorrenza”.
Infatti, questo mezzo estremamente avveniristico, e al tempo stesso lussuoso, è stato appositamente progettato dal designer John Shuttleworth con il preciso scopo di permettere al suo armatore, il miliardario di Hong Kong Anto Marden, di spostarsi comodamente, velocemente e in ogni situazione meteo tra le due isole che possiede al largo delle coste dell’Indonesia.
Dal punto di vista idrodinamico, Adastra può essere visto come un monocarena estremamente affinato e quindi idrodinamicamente molto efficiente, con due scafi laterali molto più piccoli aventi fondamentalmente lo scopo di recuperare una sufficiente stabilità idrostatica, altrimenti scarsa a causa della limitata larghezza dello scafo centrale.

In questo modo si ottengono prestazioni inimmaginabili rispetto a configurazioni monocarena classiche. Adastra – che è costruito e navigante – pesa solo 65 tonnellate e raggiunge i 22,5 nodi di velocità massima con meno di 1400 HP complessivi, potenza inferiore di 3, 4 e finanche 5 volte rispetto a quella di un monocarena semidislocante della stessa lunghezza. Allo stesso tempo queste forme permettono di “bucare” le onde e ottenere ottime caratteristiche di tenuta al mare. Non a caso Adastra assomiglia molto ad alcune navi veloci militari, come l’Ocean Eagle 43, pattugliatore oceanico lungo oltre 43 metri, costruito dai cantieri francesi CMN (Construction Mecanique de Normandie) e varato nel gennaio 2015.
Anche nel caso di Adastra, nonostante le dimensioni, la configurazione a trimarano condiziona fortemente la disposizione degli interni e il design degli esterni. E non poteva essere altrimenti, visti anche i ridotti volumi interni agli scafi, in particolare di quelli laterali, dove c’è spazio solo per locali tecnici. Di contro la maggiore superficie calpestabile in coperta permette di avere spazi inimmaginabili rispetto a un normale monocarena della stessa lunghezza. Tutto ciò rappresenta una novità che lascia spazio alla creatività dei designer che con questi multiscafi hanno la possibilità di innovare e percorrere nuove strade. Come nel caso di Adastra!

Sunreef 210 Power Trimaran
Spostiamoci ora sui concept. Se Adastra è la scelta originale di un singolo armatore per soddisfare le sue peculiari esigenze, il Sunreef 210 Power Trimaran è, invece, la proposta sviluppata da Sunreef Yachts per estendere la sua gamma anche ai trimarani. Per inciso, Sunreef Yachts è uno dei maggiori produttori mondiali di catamarani fino ai 50 metri, sia a vela sia a motore.

Nello specifico, stiamo parlando di 64 metri di trimarano dal design futuristico per il quale valgono le stesse considerazioni, in termini di maggiore efficienza idrodinamica e di tenuta al mare, esposte nel caso di Adastra.
Considerazioni che hanno contribuito a determinare la scelta del trimarano wave-piercing con lo scafo centrale lungo e stretto e i due piccoli scafi laterali molto affusolati che determinano un dislocamento molto ridotto, di sole 200 tonnellate, pari a meno della metà di uno yacht di pari lunghezza. Poco, ma meno estremo di Adastra dove gli scafi laterali hanno solo la funzione di fornire la stabilità necessaria allo yacht e non danno volumetria utile né superficie calpestabile, se non in minima parte.

La proposta Sunreef prevede, invece, un ponte di coperta e una sovrastruttura che si estendono a tutto baglio, anche sopra gli scafi laterali. Tale scelta, consentita ovviamente anche dalle maggiori dimensioni di Sunreef 210 – stiamo parlando di una barca di 64 metri – permette alla fine di avere una superficie calpestabile di quasi 1.000 metri quadrati, valori impensabili su un normale monocarena della stessa lunghezza.

Con tutto questo spazio a disposizione, i progettisti di Sunreef hanno potuto dare libero sfogo alla propria fantasia e creatività, immaginando e disegnando saloni e cabine di dimensioni ragguardevoli impreziosite da terrazze ed estese vetrate.
Domus
Chiudiamo questa riflessione sui trimarani con la recente proposta dei prestigiosi studi di progettazione Van Geest Design e Rob Doyle Design: Domus, un gigantesco quanto futuristico trimarano a vela lungo 40 metri e largo quasi altrettanto (35 metri). Un concept evidentemente provocatorio che ricorda più una grande villa hollywoodiana che una barca.
O meglio, come suggerisce il nome scelto, una domus romana galleggiante in cui gli ambienti abitativi si sviluppano attorno all’atrium, come nell’antica abitazione romana a un piano. Nel caso specifico parliamo del grande ponte coperto che, largo quanto l’intera imbarcazione, prende luce dalle ampie vetrate laterali le quali, al contempo, permettono la connessione con l’ambiente circostante … proprio come in una grande villa. Un concept che, suggestioni architettoniche a parte, tecnicamente si discosta dalla scelta del grande trimarano “stretto” visto per Adastra e Sunreef 210 Power Trimaran che, però, sono trimarani a motore.
Con Domus vengono ripresi i rapporti dimensionali estremi del trimarano a vela da competizione, delMaserati Multi 70 di Giovanni Soldini. Ma in quale porto potrà mai entrare una barca del genere, larga quasi 40 metri? E poi, che senso ha avere un ponte di coperta di oltre 1000 metri quadrati e non poterli utilizzare se non in minima parte? Esiste, infine, un armatore abbastanza folle da avventurarsi nella costruzione di un mezzo del genere, costruzione che non potrà che essere estremamente complicata e costosa?
Insomma, un concept decisamente provocatorio e probabilmente irrealizzabile, che però abbiamo voluto illustrare proprio per dimostrare come questa morfologia di imbarcazione, così poco diffusa, rappresenti un terreno ancora tutto da esplorare sotto ogni aspetto progettuale, dal design all’architettura navale, dalla distribuzione degli spazi a bordo all’ingegneria pura. Un terreno sul quale designer e ingegneri possono sperimentare nuove soluzioni al di fuori del “già visto”.