Tecnica: a vela nello Stretto di Messina
Correnti, gorghi, venti improvvisi e tanto traffico. Attraversare lo stretto di Messina non è una banalità.
A vela richiede una perizia non comune e la disponibilità ad arrendersi e aspettare.
Nel Mediterraneo ci sono pochi luoghi, come lo stretto di Messina, dove una miscela di forti correnti, venti anche improvvisi di caduta e un intenso traffico di navi e traghetti, è capace di mettere alla prova marinai non alle prime armi. Forse solo Gibilterra è paragonabile allo stretto fra Scilla e Cariddi, tra la punta orientale della Sicilia e quella occidentale della Calabria. Con la differenza che è molto più largo, 7 miglia nel punto più stretto contro le 2 scarse fra Punta Pezzo, poco sopra Villa San Giovanni, e Ganzirri a Nord di Messina. Attraversarlo a vela, superando le mille difficoltà che si possono sovrapporre l’una all’altra, rappresenta una delle esperienze più significative sul piano tecnico che si possano affrontare nel Mare Nostrum. Ma pur rinunciando al piacere di una traversata nel vento, al fine di ridurre semsibilmente tempi e difficoltà, il traffico intenso e le correnti rendono questa navigazione comunque impegnativa.
Correnti e temibili gorghi
Non è necessario navigare nelle acque dello Stretto per fare la conoscenza con le sue forti correnti. Per molti anni ho frequentato Torre Faro, il paesino che sorge proprio sulla punta siciliana dello Stretto. Ed è sufficiente fare il bagno sulla spiaggia della “Punta”, proprio sotto al pilone del versante siciliano, per rendersi conto della forza e della puntualità con le quali si presentano le correnti: ogni sei ore, immancabilmente, quella montante, da Sud verso Nord, ossia dallo Ionio verso il Tirreno, inverte il suo flusso e diventa discendente, da Nord verso Sud, con un’intensità tale da rendere difficilissimo nuotare in senso opposto e facilissimo essere trascinati alla velocità di diversi nodi in una direzione o nell’altra. Da che cosa dipende questo strano movimento di acque?
Dunque, come detto, lo Stretto costituisce il punto di separazione fa il bacino tirrenico e quello ionico. Si tratta di acque diverse, più leggere e meno saline quelle tirreniche, più pesanti e dense quelle ioniche, e di fondali molto diversi. Quello tirrenico degrada lentamente, raggiungendo i 2.000 metri all’altezza dell’isola di Stromboli, mentre quello Ionico, in mezzo al canale fra la Calabra e la Sicilia, precipita alla stessa quota già davanti a Taormina, 25 miglia a Sud di Messina.
Quando il Tirreno è in bassa marea a Nord del canale, lo Ionio si trova in fase di alta marea con la creazione di un dislivello calcolato in circa 27 centimetri, a causa del quale ogni sei ore le acque di un bacino si riversano in quelle dell’altro. Quindi, quando si ha la “montante”, da Sud verso Nord, le acque più pesanti dello Ionio sprofondano in quelle più leggere del Tirreno oltrepassando la cosiddetta “sella” fra Punta Pezzo e Ganzirri; con la “discendente”, da Nord verso Sud, quelle più leggere tirreniche scorrono su quelle più pesanti e dense dello Ionio fino a riempire la parte centrale dello Stretto. Un movimento perpetuo che, ogni sei ore appunto, inverte la sua direzione.
A complicare l’esistenza dei marinai, ci sono i disturbi provocati dalla corrente dominante. Possono essere orizzontali, quando in particolari situazioni si ha un incontro fra le acque dei due mari che prima di colmare il bacino verso il quale sono dirette scorrono le une contro le altre, creando onde corte e ripide, oppure verticali, dei veri e propri gorghi, detti garofali o bastardi, che si creano dall’incontro fra correnti opposte. Si formano spesso nei pressi di capo Peloro, sulla costa Calabra, o sotto il porto di Messina, a Punta S. Ranieri. Molti anni fa, con corrente discendente e vento fresco che cadeva dalle alture sopra Messina, davanti alla prua del nostro Sirocco 9,15 – un piccolo veliero dalle linee d’acqua molto classiche – ce ne siamo trovati davanti uno di una cinquantina di metri di diametro. Ci siamo entrati dentro in pieno e puntando verso il centro del vortice, ne siamo stati sparati fuori con una accelerazione sorprendente.
Correnti e venti: conoscere le previsioni
Per attraversare lo Stretto è importante conoscere l’orario, l’intensità e la direzione delle correnti. Non solo se lo si vuole attraversare a vela, caso in cui è indispensabile sapere esattamente a cosa si va incontro, ma anche a motore, soprattutto se si ha un ausiliario non molto potente: spingere la manetta a fondo contro una corrente di cinque nodi può risultare in qualche caso inutile ai fini dell’avanzamento.

Il sito www.correntidellostretto.it è un indispensabile strumento per pianificare la navigazione. Ha una parte grafica (fig.1), dove le frecce indicano la direzione della corrente mentre la loro intensità è visibile cliccando sull’icona alla radice del vettore.
Oppure si può optare per la tabella (fig.2), dove sono riportati, con schermate riferite a zone diverse e con colori diversi, tutti i dati di previsione: se sono ascendenti o montanti, la loro intensità e i periodi di stanca, ossia quelle manciate di minuti in cui la corrente è nulla o minima a ridosso della sua inversione di direzione. Con questo quadro sinottico a disposizione, non dobbiamo fare altro che ricorrere alla nostra maestria di navigatori e, con bussola, log e orologio alla mano, calcolare rotta e tempi.

Ma non di sola corrente si vive nello Stretto. I venti giocano un ruolo fondamentale, di alleati o nemici, e in linea di massima – lo affermiamo per esperienza diretta – se sono freschi è tutto di guadagnato, soprattutto se andiamo incontro a qualche nodo di corrente contraria.
I venti dominanti hanno una loro stagionalità. In inverno sono più frequenti quelli da Nord, primo e quarto quadrante, in primavera prevalgono il ponente e il libeccio mentre lo scirocco è piuttosto trasversale alle diverse stagioni, ma quando si instaura può continuare a soffiare anche per due settimane, preceduto da una fase che i messinesi più anziani chiamano “calmeria di scirocco”. A complicare le cose, nel caso di una navigazione a vela, ci sono i venti locali. Non tanto quello da Nord-Est, che in definitiva è una brezza piuttosto regolare che si alza la mattina presto e cala la sera dopo un rinforzo pomeridiano, quanto quelli imprevedibili, anche intensi: venti catabatici che scendono dalle alture messinesi o dalle montagne della Calabria, soprattutto quando le alture sono ricoperte di neve.
In assenza di vento, una navigazione a motore verso Nord può passare molto vicina alla costa calabrese, facendo attenzione all’area di Capo Pellaro, dove i fondali tendono a rialzarsi. Verso Sud ci si tiene vicini alle coste siciliane, tenendo presente che dopo l’imboccatura del porto di Messina, all’altezza di punta San Raineri, si può trovare una corrente particolarmente intensa che, nel caso in cui sia montante, può creare difficoltà.
A vela, la condizione migliore è, ovviamente, quella di avere vento e corrente a favore. Da Nord verso lo Ionio, con corrente discendente e venti settentrionali, si può stare abbastanza vicini a Capo Peloro, passando vicini al pilone che svetta visibilissimo sulla costa siciliana dove il fondale è alto fino a poche centinaia di metri dalla costa, per poi dirigere a Sud verso il centro del canale per mantenere la corrente discendente in poppa.
Quando l’ho attraversato la prima volta a vela, avevamo un bel vento da Nord, sui 20 nodi, ma corrente montante. Seguendo il consiglio di un amico messinese abbiamo tenuto mure a sinistra puntando verso Villa San Giovanni da dove abbiamo poggiato e abbattuto su una corrente secondaria a favore per puntare di nuovo sulla Sicilia. Provenendo dallo Ionio diretti a Nord, con venti meridionali e corrente montante, è una passeggiata; ci si può tenere al centro del canale facendo molta attenzione al traffico.
E lo stesso vale nel caso in cui, con lo stesso vento da Sud, ci sia corrente scendente; in questo caso, in assenza di vele di prua potenti, sarà probabilmente necessario fare bordi al lasco/traverso, tenendosi al centro del canale evitando il gran lasco per avere più pressione sulle vele. Oppure si può scegliere di fare rotta verso la costa siciliana, puntando verso Capo Scaletta, a Sud di Tremestieri, dove di solito, in queste condizioni, a circa 400 metri dalla costa, si trova una corrente secondaria verso Nord. La si può tenere fino oltre Messina, da dove si può puntare verso Villa San Giovanni per poi abbattere e rifare un bordo verso Capo Peloro.
Con vento da Nord e corrente scendente, la situazione è complessa, fino a essere proibitiva se il vento è leggero e si ha poca pressione sulle vele per contrastare la forza della corrente. In questo caso la massa d’acqua che scende verso lo Ionio comanda, facendo abbattere la prua della barca. In questo caso non si ha scelta: o si rinuncia, e questo significa avere una buona programmazione perché gli unici porti nello stretto sono quelli di Reggio Calabria e di Messina, difficilmente raggiungibili da Sud in condizioni avverse, oppure si fa ricorso a tutti i cavalli che il motore può mettere a disposizione.
L’area VTS
Lo Stretto di Messina è interessato da un intenso traffico commerciale. Per la sua regolamentazione è stata istituita un’area VTS (Vessel Traffic Service) che ha una delimitazione a Nord e a Sud (fig.a) all’interno della quale vigono le regole di navigazione per l’attraversamento.
La navigazione da diporto non deve sottostare a queste norme particolari (come ad esempio l’obbligo del pilota a bordo), ma è bene conoscere le rotte seguite dalle navi commerciali e dai traghetti che fanno la spola fra le coste calabresi e quelle siciliane. Lo schema di separazione del traffico adottato nell’area VTS di Messina (fig.b) prevede che le navi dirette da Nord verso Sud tengano la dritta lungo la costa siciliana, quelle dirette da Sud verso Nord tengano la dritta lungo la costa calabrese. Per i traghetti che navigano su rotte trasversali è prevista una separazione intorno a una sorta di rotatoria al centro del canale fra le due sponde. Il VTS di Messina può essere contattato sul canale 16 anche dal diporto in caso di necessità. Attenzione agli incroci con i traghetti, che hanno sempre la precedenza: se non abbiamo avuto il buon senso di farlo prima, al suono di 4 fischi brevi ci si deve fermare perché stanno chiedendo acqua.<p style=”text-align: center;”></p>



