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Sergio Cutolo / Hydro Tec: Olistici per ogni dimensione

MY Aurelia

La peculiarità di Hydro Tec, che ha compiuto 25 anni di attività, è il servizio olistico che spazia dal concept all’architettura navale, al design, al layout interno, all’arredo.

Una visione a 360° dello yacht declinata in ogni dimensione, dal gigayacht di 120 metri al motoryacht di 18, con la stessa attenzione, competenza e visione. Ne parliamo con Sergio Cutolo.

Sergio Cutolo

“Sto facendo il professore di design allo Ied di Torino, dove, dovendo esporre il nostro approccio olistico alla progettazione navale, mi rendo sempre più conto che per noi l’ingegnere vede la barca con l’occhio del designer e il designer con quello dell’ingegnere. All’interno del nostro studio questi due aspetti sono inseparabili e si è creata questa dialettica per cui il progetto nasce e cresce sempre come un tutt’uno, una sola unità di pensiero”.

Così esordisce Sergio Cutolo, ingegnere con anima e sensibilità creativa, che da oltre 25 anni anima studio Hydro Tec, autore di centinaia di progetti e iniziatore del concetto di explorer di piccole e medie dimensioni e che, dopo una lunga militanza nel campo dell’architettura navale, che in realtà è ingegneria, negli ultimi anni ha iniziato ad affrontare qualunque progetto come un’entità unica; soltanto affrontando la creazione di un nuovo progetto con una mentalità di tipo olistico si può ottenere un risultato ottimale, fuori, dentro, sotto.

“Anche quando ci relazioniamo con altri professionisti, soprattutto designer, veniamo apprezzati per la nostra sensibilità alla “forma” che riusciamo a collegare positivamente alla “funzione” in maniera organica per gestire anche quegli aspetti limitanti imposti dagli enti di classifica e dalle autorità di bandiera. Padroneggiando l’aspetto tecnico riusciamo a trovare soluzioni rispettose dei regolamenti, ma meglio dialoganti con le esigenze dei vari designer. Il nostro contenuto al progetto può anche rimanere nascosto, ma è comunque funzionale al risultato finale”.

Aurelia il primo Flexplorer disegnato da Hydro Tec per il Cantiere delle Marche. 39,30 metri di lunghezza per 8,60 di larghezza è uno yacht oceanico con grande spazio a poppa per tender e toys.

Stefano Righini, la cui ultima opera postuma è il Benetti B.Yond, affermò anni fa in un’intervista che la sua progettazione partiva dall’interno. Una volta definito il layout, gli spazi, i volumi e i percorsi, solo allora “fasciava” la barca con superfici che ne definivano l’esterno, e quindi il design. Voi come agite invece?
No, non invece. Allo stesso modo. Condivido molto questo metodo progettuale. Nell’ambito principale dove noi operiamo ci sono vincoli volumetrici, le 300 GT o le 500 GT entro cui sia i clienti che i cantieri vogliono rimanere. Sono volumi che impongono analisi e studi molto attenti a combinare i vari spazi, i vari percorsi per massimizzare le aree dello yacht restando nei limiti imposti, ma offrendo all’armatore il massimo possibile per quei volumi. Una volta definito anche un semplice schema a blocchi, si passa alla definizione estetica che può comportare minime modifiche ai layout.

Oggi l’armatore fa riferimento più al volume o alla lunghezza?
Decisamente al volume. Sta pagando per quello. È un aspetto commerciale che va valutato. Sia sugli yacht di Cantiere delle Marche sia su quelli di Palumbo abbiamo volumi importanti in rapporto alla lunghezza. Questi vengono proposti puntando sulle reali volumetrie, dai serbatoi del combustibile, che significano autonomia, a quelli dell’acqua, che significano comfort, ai garage, che significano spazi destinati a contenere i “toys” per l’intrattenimento degli ospiti.

Nel nuovo Aicon 66, Sergio Cutolo ha ripreso l’iconica finestra circolare tipica del cantiere, ampliandola a 1,50 metri, e ha inserito elementi da megayacht come il lucernario sul fly che illumina di luce naturale il salone.

Un 37 metri progettato da Hydro Tec arriva a 400-420 GT, mentre uno yacht di lunghezza equivalente realizzato in vetroresina spesso non supera le 300 GT.
Le funzioni possono sembrare analoghe, (quattro/cinque cabine, salone, pranzo) ma cambiano sostanzialmente gli spazi “nascosti”. Spazi che non sono visibili al primo colpo d’occhio, ma che servono per l’autonomia, per aumentare il comfort di bordo, per consentire lunghe navigazioni e per gestire con maggior facilità le operazioni di bordo e le manutenzioni.

Come dicevamo, gli armatori di oggi sono molto attenti agli spazi e ai volumi. L’evoluzione della linea Flexplorer, progettata per il Cantiere delle Marche, si sviluppa su quattro ponti e, quindi, ha un ponte in più rispetto al progetto originale. Questo ha consentito di spostare la plancia sul ponte più alto e dove prima si sviluppava il ponte plancia abbiamo ricavato la suite dell’armatore i cui vetri del frontale, rovesci, consentono una visuale a 270 gradi verso prua.

Questo posizionamento consente anche un accesso diretto e privato all’esterno, dove l’armatore ha la sua vasca idromassaggio e una piccola lounge con prendisole: insomma una soluzione molto gradevole che sta incontrando un grande successo. Pensando a clienti che amano andare in luoghi poco conosciuti e frequentati, la possibilità di godere del panorama circostante è un elemento essenziale.

Queste considerazioni come sono declinate nella dimensione più piccola, come nel caso del recentissimo Aicon 66 di 20 metri?
Sull’Aicon volevamo mantenere una continuità stilistica con la produzione precedente ma, allo stesso tempo, era necessario adeguare il progetto a gusti di mercato che nel frattempo si erano modificati.
Aicon era un prodotto molto moderno per i suoi tempi. Oggi i clienti desiderano barche molto “trasparenti”; queste grandi finestre, che su uno yacht dislocante si giustificano più facilmente dal punto di vista estetico, risultano molto più difficili da integrare in una linea sportiva. In aggiunta c’è da tenere in considerazione l’aspetto tecnico. Aumentare le superfici vetrate comporta un aumento del peso e una diminuzione della parte resistente dello scafo e della sovrastruttura.

Per il cantiere è molto più facile avere a che fare con un progettista in grado di gestire i due aspetti in maniera unitaria. Il risultato che abbiamo ottenuto sull’Aicon è, secondo me, molto interessante: lo yacht di riferimento, il glorioso Aicon 64’, è molto diverso dall’Aicon 66’ “Vivere” ma senza dubbio quest’ultimo è perfettamente riconoscibile come un prodotto del cantiere siciliano. Abbiamo voluto lasciare tuttavia alcuni elementi di identificazione e di connessione con il modello originale, quasi delle “citazioni”, come ad esempio lo scudetto triangolare recante il marchio posto all’estremità poppiera del finestrone della plancia realizzandolo, però, con materiali diversi, vale a dire cristallo con il marchio illuminato da fibre ottiche al posto dell’acciaio.

Oppure i due grandi oblò che si trovano sulle murate della cabina armatoriale, e che caratterizzano il brand, le cui dimensioni sono state incrementate fino a 1 metro e mezzo di diametro, di fatto una grande finestra sul mare.
La trasparenza della barca si può apprezzare in pieno in condizioni notturne, quando è illuminata dall’interno.

Veloce 32 RPH è la prima unità del cantiere Vittoria di Adria. 32 metri per 7,20, ha una carena semidislocante che gli consente 20 nodi di velocità massima. Prua verticale, ampi spazi interni e all’aperto, è in consegna a gennaio 2024.

Il vetro pesa molto di più della vetroresina?
Sì perché è un multistrato accoppiato di 20/25 millimetri. Un piccolo vantaggio deriva dal fatto che dove c’è una finestra si risparmia la pannellatura interna. Il bilancio è comunque negativo, anche perché gli elementi strutturali andranno adeguatamente rinforzati soprattutto nelle zone di perimetro delle finestrature.
Ad esempio, in corrispondenza del frontale della plancia, abbiamo allargato al massimo il parabrezza ed eliminato il montante centrale, rinforzando adeguatamente quelli laterali.
Il tetto della tuga, inoltre, è caratterizzato dalla presenza di una serie di sky light che fungono da elemento di connessione con l’ambiente esterno e con il fly.

Quanta ricaduta c’è del vostro know-how dalle barche più grandi alle barche più piccole?
Nel caso dell’Aicon si parla di un’imbarcazione sotto i 24 metri, mentre per il resto della nostra produzione si tratta di navi da diporto, short o long range. Sono barche che navigano molto. Emocean, il primo yacht prodotto da Rosetti Superyachts, è tornato in cantiere per i lavori di fine garanzia con già 15.000 miglia sul log, percorse in meno di un anno, con all’attivo già due traversate atlantiche.

La ricerca e l’indirizzo di soluzioni green, qualunque esse siano, sono richieste crescenti degli armatori, per fregiarsi di un mezzo nel mainstream ecologico, o vengono dalla sensibilità dei progettisti e dalle suggestioni commerciali dei cantieri?
Ecologico e ibrido sono due aspetti disgiunti. Noi abbiamo incominciato dieci anni fa con il Columbus 40, classificato come primo yacht ibrido e green dal Rina, che ha scritto il regolamento in pratica insieme a noi. L’idea scaturì dal dialogo con il cliente che desiderava una barca particolarmente silenziosa per i trasferimenti notturni, ma nel contempo voleva anche poter navigare a 20 nodi per trasferimenti notturni veloci.

Mi parlava di propulsione Diesel-elettrica ma, per poter viaggiare a 20 nodi con una barca di queste caratteristiche, occorrono 3.500 kilowatt.
Una tale potenza rendeva improponibile, per ovvie questioni di spazio e peso, l’adozione di una propulsione Diesel-elettrica. A quel punto mi venne l’idea di proporgli un abbinamento tra una propulsione Diesel tradizionale e dei motori elettrici per i trasferimenti notturni a bassa velocità alimentati dai gruppi elettrogeni. In questo modo lo yacht ottimizzava i due tipi di propulsione in funzione del profilo di missione.

Lo yacht dopo otto anni vale più del prezzo di acquisto originale e naviga lungo la costa orientale degli USA – in particolare nella Intracoastal Waterway, dove la velocità è obbligatoriamente bassa – con i motori elettrici.
In questo momento storico siamo in una fase in cui le normative ci obbligano ad una progressiva riduzione delle emissioni, ma ritengo che nello yachting in particolare e nel navale in generale la propulsione con motori a combustione interna sia irrinunciabile. Una traversata atlantica come quella di Emocean si può affrontare solo grazie ai kilowatt dei motori Diesel.

Ho partecipato recentemente a una tavola rotonda dove Tilli Antonelli ha mostrato una sezione di uno yacht in cui, a parità di autonomia, veniva posto a confronto l’ingombro dei serbatoi di combustibile tradizionale con lo spazio destinato a serbatoi di idrogeno e quello necessario per batterie al litio: nel caso dell’idrogeno il volume si triplica, mentre, nel caso delle batterie al litio, queste finiscono con l’occupare tutto lo spazio utile dello yacht.

Sergio Cutolo

Le batterie al litio rappresentano anche un problema di sicurezza.
Tutte le autorità di bandiera, ormai, richiedono uno speciale risk assessment nel caso siano imbarcate batterie al litio. Il problema è la sua infiammabilità.
Molte barche si sono perse negli ultimi mesi a causa di incendi, molto spesso innescati dalle batterie di piccoli apparecchi lasciati in carica. D’altra parte è noto che l’estrazione del litio comporta costi elevati a livello sia umano sia ambientale.
In una recente riunione del Rina Superyacht Green Technical Committee, di cui faccio parte, è stato confermato un notevole progresso per quanto riguarda le batterie allo stato solido, sicuramente più sicure e con un 20/30{2e3577d2bd6aebaa150c85c33fcd353783f1aa6c690283591e00ef60b3336fc8} di capacità in più a parità di peso.

Quali altre soluzioni ecologiche e di risparmio energetico avete adottato?
Non esiste un unico fattore che sia determinante. Un primo elemento di ottimizzazione è legato all’efficienza idrodinamica della carena. Le carene dei nostri explorer hanno raggiunto valori di efficienza molto elevati che portano a consumi orari di circa 60/70 litri/ora alla velocità economica.
Un secondo aspetto è la riduzione delle velocità di esercizio. Uno yacht dislocante capace di una velocità massima di 15 nodi ha un consumo, alla velocità economica, pari al 15{2e3577d2bd6aebaa150c85c33fcd353783f1aa6c690283591e00ef60b3336fc8} del consumo massimo.
Se ricordi, quando ci siamo conosciuti tanti anni fa da Baglietto, il cantiere stava costruendo il 12 Metri SI Italia e il 35 metri Adler. Il primo aveva una velocità massima di 10 nodi, mentre Adler volava a 35 nodi.
Come vedi oggi la situazione si è completamente ribaltata e abbiamo la barca di Coppa America che vola, letteralmente, a 50 nodi, mentre il motoryacht è costretto a navigare a 10 nodi per risparmiare!
E qui veniamo a un ulteriore elemento che potrà consentire una riduzione delle emissioni: l’utilizzo di materiali leggeri per ridurre il peso.
Poi abbiamo tutta una serie di ottimizzazioni per la riduzione dei consumi della componente “alberghiera” dello yacht. Ad esempio, utilizziamo l’acqua di raffreddamento dei generatori, che funzionano in continuazione, per produrre acqua calda igienica o per i lavaggi o per le piscine che richiedono molta energia per mantenere l’acqua a temperatura. Stiamo monitorando i progressi nel campo della realizzazione dei cristalli delle finestre per ottenere un aumento della capacità termoassorbente. Le ampie superfici vetrate infatti, richiedono un dimensionamento dell’impianto HVAC che già utilizza circa il 50{2e3577d2bd6aebaa150c85c33fcd353783f1aa6c690283591e00ef60b3336fc8} dell’energia prodotta dai gruppi elettrogeni. Tutto questo aiuta a contenere le emissioni ma ovviamente comporta maggiori complicazioni costruttive e di conseguenza maggiori costi.

D’altronde la pulizia e l’ecologia sono come la bellezza: costano.

Non salveremo questo pianeta gratis.

È ipotizzabile abbinare alluminio e carbonio?

Sì, però converrebbe di più realizzare lo scafo in carbonio e la sovrastruttura in alluminio per ridurre gli stampi, anche se il carbonio ha problemi di acustica.

Avete altri progetti di piccola dimensione in prospettiva?
Stiamo sviluppando il modello di 76 piedi di Aicon. La prossima misura in progress è l’86 piedi. Con Vittoria abbiamo sviluppato il 33 metri in alluminio. La barca piccola è un esercizio molto complesso. Le soluzioni sono più complicate. Stiamo studiando un catamarano di alluminio di 9 metri e una chase boat per un cliente di Cantiere delle Marche. Quindi il tema della barca “piccola”, per modo di dire, è sempre presente nel nostro studio.

Il team di Hydro Tec è cresciuto dopo il suo 25° compleanno?
Hydro Tec è cresciuta e sta crescendo, contando ormai circa 20 persone. Abbiamo inoltre raddoppiato le superfici destinate all’ufficio. Cresce anche il numero di progetti gestiti contemporaneamente, avendo all’attivo 25 progetti in lavorazione e superando in questo modo i 1000 metri e le 10.000 GT, pari ad una crescita del 300{2e3577d2bd6aebaa150c85c33fcd353783f1aa6c690283591e00ef60b3336fc8} rispetto al nostro record.
Non solo, nell’ottica della continuità e dello sviluppo dell’azienda, quest’anno lanceremo per la prima volta un piano industriale triennale formale, con azioni mirate allo sviluppo di ogni funzione aziendale e alla creazione di nuove aree di business.

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