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La barca a riposo: I lavori autunnali dalla A alla Z

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Per qualsiasi armatore è giunto il momento di decidere come preparare la propria barca in vista del suo lungo letargo.

Ecco le operazioni principali in ordine alfabetico.

Nel periodo generalmente compreso tra i mesi di settembre e di ottobre, l’armatore coscienzioso incomincia a porsi una prima serie di quesiti: lascio la barca in acqua o la faccio alare a terra? Se la faccio svernare a secco, la lascio all’aperto o la faccio mettere al coperto?

La prima alternativa, se non condizionata da esigenze tecniche, deve essere affrontata partendo da un sereno esame di coscienza. Mantenere la barca in acqua significa, implicitamente, avere la ragionevole certezza che essa verrà utilizzata anche fuori stagione (una situazione da considerare eccezionale rispetto alla statistica). Ottima cosa, dunque, se effettivamente si può prevedere che, condizioni meteo permettendo, buona parte dei weekend, delle festività e dei periodi di ferie invernali sarà felicemente trascorsa a bordo. Oltre che essere estremamente piacevole (dato soggettivo), questa attività costituisce una premessa molto importante per un’ottima salute generale della barca (dato oggettivo).

Infatti, in questo modo, non è neppure il caso di parlare di preparazione autunnale propriamente detta – intesa come una sorta di vaccinazione per resistere ai rigori dell’inattività – bensì di una semplice e sana manutenzione ordinaria con l’aggiunta delle eventuali riparazioni.

L’altra opzione, cioè quella di trasferire la barca in secco, significa innanzi tutto evitarsi tutte le preoccupazioni legate alla lunga permanenza più o meno incustodita in acqua, siano esse legate alle condizioni meteomarine (mareggiate, temporali, burrasche, bufere) o ai pericoli comunque derivanti dal traffico portuale o a quelli legati alle probabili infiltrazioni. Se il cantiere di riferimento è capace e ben organizzato, l’operazione di alaggio in sé non costituisce alcun problema. Piuttosto, una volta stabilito che la barca trascorrerà alcuni mesi lontano dall’acqua, sarà bene scegliere – se ce n’è la possibilità – tra il rimessaggio all’aperto e il rimessaggio al chiuso.

Il primo è sicuramente il più usuale, sia per la maggiore disponibilità di spazio nell’ambito dei cantieri, sia perché la tariffa è generalmente più bassa. Il fatto di mantenere la barca esposta agli elementi non costituisce di per sé un grosso problema, a condizione che venga allestito un buon sistema di copertura in grado di garantire, oltre alla protezione della coperta e del pozzetto, anche una buona aerazione.

Molti utenti ricorrono al classico telone da camion. Può essere una scelta valida, sempreché si eviti quella sorta di sigillatura che, isolando quasi ermeticamente la barca, finisce per trattenere tutta l’umidità al suo interno, favorendo l’insorgere di muffe, funghi, marciume eccetera. A maggior ragione, la stessa accortezza va rispettata se si adotta una copertura termoretraibile usa-e-getta, che ha sicuramente i pregi dell’impermeabilità e della stabilità ma anche la caratteristica di inglobare la barca in una sorta di bolla impenetrabile.

Il rimessaggio al chiuso è senz’altro da considerare ottimale, ma a condizione che vengano soddisfatte tre esigenze. La prima, assolutamente fondamentale, è che il locale (hangar, capannone o stabilimento) sia dotato di tutti i dispositivi di sicurezza (antincendio, aerazione, uscite di emergenza eccetera).

La seconda è che il cantiere garantisca una collocazione tale da consentire l’estrazione della barca possibilmente in qualsiasi momento dell’anno o, in alternativa, a una data certa da concordare. Sarebbe infatti assai sconveniente se, nel momento in cui si decide di mettere la barca in acqua, l’uscita fosse ostacolata da altre unità che, sottoposte a lavori importanti, non fossero in condizioni di poter essere spostate subito o, comunque, in tempi rapidi.

La terza, sicuramente meno importante ma comunque da non sottovalutare, è che l’ambiente sia ragionevolmente pulito e sano: tenere la barca in un luogo pieno di polveri, di detriti, di esalazioni e – non ultimo – di animali selvatici è sempre da evitare. È comunque sempre consigliabile approntare una copertura leggera.
Le unità fino a una certa lunghezza (diciamo pure fino a circa dieci metri), compresi i gommoni a carena rigida, potrebbero avvalersi vantaggiosamente dei cosiddetti porti a secco, cioè quelle strutture metalliche a più piani che permettono di sistemare ordinatamente gli scafi utilizzando dei semplici fork-lift. Il condizionale è dovuto alla loro scarsa presenza lungo le coste italiane, mentre in molte località oltre confine costituiscono quasi uno standard, a motivo della loro sostanziale economicità.

Si pensi che, in alcuni casi, esse raggiungono addirittura i dieci piani. L’unico loro limite pratico è costituito dal fatto che, una volta collocata nella sua cella, la barca non è più accessibile, per cui tutte le operazioni di preparazione invernale devono necessariamente essere eseguite preventivamente.

A puro titolo di curiosità, ricordiamo che in alcuni Paesi di grande tradizione diportistica (prima tra tutti, l’Olanda, che in questo è favorita dalla rete di canali interni) è facile trovare una soluzione che unisce i pregi delle varie possibilità fin qui considerate, eliminandone quasi tutti i difetti: il rimessaggio al chiuso in acqua. Molto spesso si tratta di veri e propri hangar dotati di banchine e finger galleggianti, tali da potersi adattare alle escursioni di marea.

Poiché le operazioni e i servizi connessi a qualsiasi tipo di rimessaggio – e, volutamente, non abbiamo chiamato in causa le riparazioni importanti – coinvolgono direttamente il cantiere, completiamo questa parte introduttiva parlando di preventivi, di costi e di contratti. Come si sa, i listini variano da zona a zona e da struttura a struttura.

Ciascuno, quindi, sceglie in base a valutazioni personali che non è il caso di considerare in questa sede. Piuttosto, ciò che qui ci preme sottolineare è la necessità di chiarire bene nei dettagli i termini del contratto stipulato con la struttura ospitante.

Tanto per fare qualche esempio, sarà bene sapere se nel prezzo pattuito per l’alaggio è compresa la cosiddetta taccatura, che consiste nell’inserimento di spessori atti a ottimizzare l’appoggio dello scafo sui supporti; se ci saranno problemi nell’esercitare il proprio diritto di incaricare un tecnico esterno per svolgere lavori di qualsiasi genere; in che cosa consista esattamente l’assunzione di responsabilità da parte del cantiere per danni o furti, sia durante le operazioni di alaggio/varo sia durante il periodo di rimessaggio; quale polizza di assicurazione sia il caso di stipulare.

A maggior ragione, se con l’occasione dell’alaggio si decide di ordinare interventi più specifici di manutenzione è necessario chiarire senza possibilità di equivoci quali operazioni ne facciano parte, per evitare che al momento del conto finale compaiano voci che si riteneva fossero comprese. Per esempio, può capitare che per “pulizia della carena” il cantiere intenda esclusivamente il trattamento con la lancia ad alta pressione, ma non – come invece potrebbe ritenere il cliente – la smacchiatura del bagnasciuga. Consideriamo ora, in ordine alfabetico, le principali voci che formano la complessa materia della preparazione autunnale. Come si potrà notare, molte di esse possono rientrare – con notevole risparmio economico – nelle dirette competenze dell’armatore e/o del suo equipaggio.

Alaggio

Nella maggior parte dei casi, gli addetti del cantiere al quale è affidata l’operazione di alaggio sanno dove mettere le mani.

Tuttavia, qualora esista anche il lontano sospetto che lo scafo – soprattutto se anziano – possa subire flessioni importanti a seguito delle sollecitazioni impresse dalle cinghie di sollevamento e, soprattutto, dai supporti a terra, è bene allentare tutti i bulloni che, attraverso le apposite flange, collegano gli invertitori con gli assi-elica: questi ultimi, infatti, potrebbero piegarsi riportandone un grave danno che, nella totalità dei casi, verrebbe scoperto nel momento meno opportuno, cioè dopo il varo della stagione d’uso successiva.

Albero

Se tutto quel che riguarda l’albero (manovre fisse e volanti, segnavento, antenne, luci eccetera) non accusa problemi di sorta, è bene lasciarlo lì dov’è. In tal caso, l’unica operazione da fare è quella di allentare tutti gli arridatoi per scaricare le forti tensioni che, attraverso di essi, si propagano per tutto lo scafo. Se invece ci sono riparazioni da fare, è bene stabilire subito se, per eseguirle correttamente, sia il caso di disalberare, operazione che comunque sarebbe bene eseguire ogni tre anni. Fino a certe dimensioni (indicativamente 10-12 metri di albero), l’operazione può essere compiuta agevolmente da quattro persone robuste, con l’aiuto di un verricello di bordo.

Al di sopra di questa taglia – e comunque in tutti i casi dubbi – conviene chiedere l’ausilio di una gru. Una volta che l’albero è ben appoggiato sui cavalletti, posti a una distanza di due-tre metri l’uno dall’altro, tutte le operazioni di manutenzione/riparazione risultano quasi elementari. Bisogna tuttavia eliminare rapidamente tutto quel che potrebbe costituire un’irresistibile tentazione per quel genere di diportisti che, accorgendosi improvvisamente di aver bisogno di un grillo o di una copiglia, praticano la più odiosa forma di self-service.

Ancora e catena

L’insieme formato da ancora e catena deve essere smontato. Il motivo è duplice: solo filando completamente la catena fuoribordo è possibile verificarne lo stato, lavarla con acqua dolce e verniciarne un tratto di un metro ogni dieci per facilitare la valutazione della lunghezza del calumo in fase di ancoraggio; solo vuotando completamente il gavone dell’ancora, è possibile eseguire una pulizia approfondita, utile a eliminarne la sporcizia e, soprattutto, i detriti che tendono a otturarne gli ombrinali di drenaggio.

Non a caso, stiamo parlando di un punto della barca dal quale originano quei cattivi odori che, talvolta, si propagano anche all’interno dello scafo.

Batterie

Prima di lasciare la barca al rimessaggio, tutte le batterie (avviamento e servizi) devono essere caricate secondo le istruzioni di fabbrica utilizzando un caricabatterie di alta qualità, e poi scollegate ricoprendo i contatti con l’apposito grasso bianco di vaselina. Può capitare, infatti, che qualche utenza, benché spenta, continui ad assorbire quel minimo di corrente che, nell’arco di qualche mese, potrebbe portare a una scarica completa e alla conseguente cristallizzazione del solfato di piombo, che ne determinerebbe un danno irreversibile. Per questo motivo, sul mercato esistono caricabatterie elettronici che, tra le varie funzioni, hanno anche quella di mantenimento, estremamente utile per far sì che l’accumulatore resti sotto controllo anche durante i più lunghi periodi di assoluta inattività.

Carte

Tutto ciò che di cartaceo si trova a bordo (carte nautiche, portolani, libri eccetera) tende immancabilmente ad assorbire umidità e a rovinarsi, pertanto conviene sbarcarlo e metterlo in un posto asciutto.

Tutto, tranne il libro di bordo, che deve invece restare sempre a portata di mano per potervi annotare quel che riguarda la vita della barca, compreso il suo periodo di riposo: le visite di controllo, le riparazioni da fare e quelle fatte, gli accordi con il cantiere eccetera.

Cime

Se la sporcizia non è eccessiva e la flessibilità è buona, la semplice immersione dei cavi in acqua e ammorbidente per una mezza giornata nella vasca da bagno è più che sufficiente. Se invece si nota una fastidiosa rigidità, unita alla sensazione di una superficie vetrosa, allora è bene metterli in lavatrice e impostare un lavaggio in acqua fredda con ammorbidente, seguito da una moderata centrifugazione.
Quale che sia il metodo utilizzato, per l’asciugatura conviene abbisciare i cavi su un terrazzo esposto al sole e, al termine, adugliarli e riporli – possibilmente appesi – in un locale pulito e asciutto, magari lo stesso dove vengono messe a riposo le vele.

Dotazioni di sicurezza

La zattera, i salvagente, i razzi e i segnali di soccorso devono essere sbarcati sia per la loro eventuale pulizia sia per tenerli in un luogo pulito e asciutto. Come per le medicine della cassetta di pronto soccorso, prestare attenzione alle date di scadenza e revisione.

Elettronica

Tutte le apparecchiature che possono essere facilmente smontate (praticamente tutte quelle su staffa e, ovviamente, le portatili) devono essere sbarcate per una pulitura generale e conservate in un luogo asciutto. Certamente, anche quelle che sono destinate a rimanere a bordo devono essere ben pulite, tuttavia, poiché resteranno comunque in un ambiente non ideale per la salute dei loro delicati circuiti elettronici, conviene proteggere questi ultimi con un velo di prodotto spray specifico, come il Crc 66 o l’H2Off.

La stessa operazione va quindi eseguita sui connettori delle antenne (gps, radar, vhf, hf) che devono poi essere lasciati rigorosamente staccati.

Estintori

Se c’è una cosa da lasciare imperativamente a bordo è l’insieme degli estintori che compongono il sistema antincendio. La loro utilità può infatti rivelarsi provvidenziale anche durante il periodo di riposo, quando, per esempio, vengono svolti lavori a bordo con attrezzature elettriche, saldatrici eccetera.

Farmacia

Analogamente a quanto osservato alla voce precedente, la presenza a bordo della cassetta di pronto soccorso può rivelarsi assai utile anche durante il rimessaggio invernale, poiché i piccoli lavori di pulizia, di riparazione e di manutenzione possono sempre essere fonte di piccoli incidenti cui è bene far fronte prontamente. Annotare la scadenza dei medicinali e prevederne la sostituzione, se questa dovesse ricadere nel pieno del periodo di rimessaggio.

Gas

È bene che le bombole del gas (quella in uso più quella eventuale di rispetto) vengano sbarcate e riposte in un luogo sicuro. L’occasione è utile per verificare lo stato delle tubazioni, che potrebbero presentare tracce di usura anche se abbondantemente entro la loro data di scadenza.

Gomma

Tutte le parti di gomma (bottacci, guarnizioni degli oblò eccetera) devono essere prima lavate con acqua e poi, una volta asciutte, passate con un velo di vaselina bianca (la stessa che viene utilizzata per proteggere i contatti delle batterie).

Gommone

La prima fase di disarmo del battello di servizio consiste nel suo lavaggio generale con acqua e spugna da cucina (di quelle che presentano una parte filamentosa, leggermente abrasiva) con i tubolari leggermente sgonfiati per poter raggiungere i punti più nascosti, che, nel caso dei modelli con carena rigida, sono quelli a diretto contatto con la vetroresina.

Per il lavaggio finale, più approfondito, bisogna usare un detergente specifico, mentre per l’asciugatura basta l’aria aperta. Pochi minuti sono sufficienti per il controllo dei golfari di sollevamento (serrandone eventualmente le viti passanti), dei tientibene perimetrali (facili da sostituire se sono del tipo a festone) e del serbatoio a tanica, che deve essere perfettamente pulito e asciugato.

Impianto elettrico

Il primo elemento sul quale concentrare la propria attenzione è il quadro degli interruttori magnetotermici. Questi ultimi, infatti, a causa dei processi di ossidazione che proliferano al loro interno soprattutto quando non vengono utilizzati, devono essere trattati con un protettivo specifico. Dunque, una volta staccate le batterie e l’alimentazione esterna per togliere tensione all’impianto, bisogna accedere alla parte posteriore del quadro e spruzzare sugli interruttori, sui fili e sui morsetti (in pratica su tutto) un prodotto speciale come i soliti CrC 66 o H2Off Electric.

Se a valle del quadro elettrico principale ci sono pannelli di distribuzione, bisogna trattarli nello stesso modo; altrimenti si può passare direttamente ai connettori che portano l’energia elettrica ai singoli strumenti. Basta sfilare questi spinotti – in alcuni casi ruotando una ghiera di fissaggio – e spruzzarli sempre con lo stesso prodotto.

Impianto idraulico

Come si sa, l’acqua è un elemento vivo e, perciò, ricco di agenti che molto facilmente possono diventare gravemente patogeni. Pertanto, si deve procedere all’esaurimento dell’impianto dopo aver aggiunto nel serbatoio – nelle corrette proporzioni – un disinfettante specifico come l’Aqua Clean o più generico come l’Amuchina.

Metalli

Tutti i metalli esterni e interni, compreso l’acciaio inox, possono essere puliti con alcuni prodotti specifici che eliminano macchie, donano lucentezza e proteggono la superficie. Evitare che essi (e in particolare l’acciaio) entrino accidentalmente in contatto con i prodotti a base di acido muriatico normalmente utilizzati per la pulizia della vetroresina: le macchie che ne conseguono sono indelebili.

Motore entrobordo

Mettere le mani in un motore entrobordo, anche solo per prepararlo alla lunga inattività in secco, non è cosa nella quale improvvisarsi. È di gran lunga preferibile incaricare il meccanico di fiducia, facendosi spiegare nel dettaglio quali saranno le operazioni necessarie.
Possibilmente sarà bene assistervi, non tanto per assicurarsi che esse vengano effettivamente svolte come previsto, quanto piuttosto per imparare qualcosa che potrebbe tornare utile in un secondo tempo.

Motore fuoribordo

Se si tratta del piccolo motore del tender, smontarlo dallo specchio di poppa e installarlo sul supporto di trasporto (accessorio utilissimo che non dovrebbe mai mancare). Applicare alla presa a mare l’apposita cuffia che consente di alimentare il circuito di raffreddamento per mezzo di un normale tubo di gomma collegato a un rubinetto d’acqua corrente e mettere in moto, facendo funzionare a medio regime per una decina di minuti e verificando che il getto dell’acqua di raffreddamento sia regolare.
Una volta spento e sufficientemente raffreddato il motore, togliere la calandra e sostituire l’olio seguendo le istruzioni della casa costruttrice. Qualora ci fossero dubbi circa l’integrità della girante, affidare al meccanico la sua sostituzione (che comunque va eseguita almeno ogni due anni), operazione che, comunque, con un minimo di pratica, può essere tranquillamente eseguita da sé.

Passiamo alla trasmissione. Ponendo il motore in posizione di ribaltamento, procedere per la lubrificazione del piede.

Utilizzando un normale cacciavite, svitare il tappo che si trova subito sotto l’asse dell’elica. Se l’olio non presenta tracce di limatura metallica (segno di usura meccanica), svitare anche il tappo superiore che libera il flusso del liquido esausto e, svuotato il piede, inserire il tubetto di lubrificante nel foro inferiore e comprimerlo per consentirne il travaso. Quando l’olio nuovo esce dal foro superiore senza formare bolle d’aria, si può richiudere il foro superiore e, subito dopo, quello inferiore. Tocca ora all’elica. Utilizzando una chiave chiusa, svitare il dado dell’asse e sfilarla. Passare una generosa quantità di lubrificante al Teflon lungo tutte le scanalature dell’asse, quindi rimontarla ripetendo la procedura al contrario. Con l’occasione, verificare lo stato dello zinco posto subito sotto la piastra anticavitazione. Se presenta importanti tracce di corrosione galvanica, sostituirlo. Infine, iniettare senza risparmio l’apposito lubrificante nelle valvole ingrassatrici degli sterzi e degli snodi.

Parabordi

Per far tornare i parabordi perfettamente puliti, dopo un’intera stagione d’uso, si può ricorrere a un detergente specifico, come lo Sharky. Tuttavia, le tipiche macchie di catrame possono essere sciolte anche con semplice olio d’oliva, mentre le macchie più ostinate possono essere eliminate con la pasta abrasiva da carrozziere o con il più casalingo Cif in polvere.
Da evitare i solventi chimici, che snervano la struttura del pvc.

Pulizia interna

Sfruttando la maggiore comodità – e, soprattutto, la maggiore sicurezza – di uno sbarco delle varie suppellettili con la barca ancora alla banchina, è necessario togliere di mezzo tutto quel che non fa parte strutturale della barca e che, pertanto, può essere asportato da armadi, frigoriferi, cassetti, gavoni, stipi, sentina eccetera e messo da parte, per esempio in un box: dunque vele, provviste alimentari, vestiario, attrezzature da pesca e da sub, materassi, lenzuola, cuscini, federe, tendine, dotazioni di sicurezza eccetera, senza dimenticare le sempre troppe cose da buttare direttamente nell’immondizia.

Riparazioni

Non esiste barca che, a fine stagione, non abbia qualche acciacco da riparare, vuoi nella meccanica, vuoi nello scafo. L’istinto – spesso cattivo consigliere – spingerebbe a rimandare il tutto a primavera.
Ma ci sono alcuni buoni motivi per comportarsi diversamente. Innanzi tutto bisogna ricordare che, con il ritorno della bella stagione, i cantieri vedono aumentare vertiginosamente il loro carico di lavoro, con la conseguenza che gli ordini vengono evasi con forte ritardo e quindi, non di rado, in maniera approssimativa: è facile, quindi, che la barca resti inutilizzabile proprio nel periodo in cui torna la voglia di uscire in mare.


Al contrario, gli interventi commissionati nel cosiddetto periodo morto (in pratica da settembre a marzo) possono essere svolti nei tempi e nei modi dovuti e, se c’è stata una corretta contrattazione, anche a prezzi più ragionevoli.
In tutto ciò, si tenga conto che alcune riparazioni sono da fare prima dell’alaggio (per esempio, quelle ai motori e all’elettronica di navigazione), mentre per altre è necessario attendere che la barca sia sull’invasatura (per esempio quelle alle appendici e ai trasduttori).

Sentina

È una delle prime parti della barca a dover essere pulite con energia, utilizzando un detergente specifico non schiumogeno e una spazzola a setole dure.
Molto probabilmente, nella fase di risciacquo sarà necessario usare un filo di ferro per sturare i fori di biscia che permettono all’acqua di attraversare i madieri e raccogliersi nel punto di aspirazione. Per l’esaurimento sarà bene evitare di usare le pompe di sentina, che potrebbero intasarsi. Meglio ricorrere a una pompa a mano portatile o un bidone aspiratutto adatto all’aspirazione dei liquidi.

Sala macchine

Se pulita con regolarità durante il normale periodo d’uso, la sala macchine non dovrebbe presentare particolari problemi. Semmai, per far brillare i motori e i vari organi meccanici, si può utilizzare petrolio rettificato e, nei casi più ostinati, Creolina pura.
Serbatoi carburante
L’ideale è svuotarli (trasferendo e filtrando la nafta o la benzina nelle taniche omologate) per poterli ispezionare attraverso le apposite aperture (purtroppo non sempre presenti) e liberarli dai micro-detriti solidi che si accumulano sempre sul loro fondo.

Topi

Attirati soprattutto dagli odori degli alimenti (persino di quelli che si trovano ancora nelle loro confezioni originali), i topi – per quanto possa sembrare incredibile – sono in grado di passare attraverso una fessura di appena 4-5 millimetri, in quanto le loro ossa sono dotate di un’elasticità eccezionale.

Premesso quindi che nella barca non deve trovarsi la benché minima traccia di cibo, per proteggersi da questo genere di sgradevolissima invasione (con tutto quel che ne consegue in termini di necessaria disinfestazione e di successiva disinfezione generale) è quasi sempre necessario applicare – solidamente – a ogni apertura dello scafo una rete metallica dalle maglie molto fitte e resistenti.

Umidità

Poiché uno dei più temibili nemici del rimessaggio invernale è rappresentato dall’umidità ristagnante, che è causa di muffe, marciume, funghi e ruggine, è necessario agire contemporaneamente su due fronti. Il primo punta alla deumidificazione di tutto il volume interno, mediante la collocazione in ogni cabina di un semplice dispositivo a sali igroscopici (come il Torrball o l’Airmax).

Chi lo produce afferma che la sua efficacia, con 500 grammi di sali, arrivi fino a 3 mesi. In realtà, in un ambiente fortemente umido, quale certamente è un campo di rimessaggio prossimo al mare, è difficile che superi i quindici giorni, fatto questo che ne rende necessario un frequente rifornimento. Una soluzione decisamente più efficace e comoda – sempre che il regolamento del cantiere la consenta – è rappresentata dalla sistemazione di un deumidificatore elettrico automatico che scarichi l’acqua raccolta attraverso una qualsiasi asola dell’opera viva (ovviamente se la barca è in secco).

L’altro fronte – non meno importante – è quello dell’aerazione, che possibilmente deve raggiungere qualsiasi punto della barca: ecco perché è bene togliere i paglioli, aprire armadi e cassetti e spalancare tutte le prese d’aria dopo averle opportunamente protette con delle reti (vedi la voce Topi). Ovviamente, a monte di tutto ciò, si deve fare in modo che la copertura dello scafo consenta un buon passaggio d’aria, soprattutto in senso longitudinale.

Vele

Se non sono particolarmente sporche e non necessitano di riparazioni (nel qual caso è sempre bene affidarle al velaio di fiducia per un trattamento completo), vanno prima lavate in acqua dolce abbondante (misure permettendo, l’ideale è un ammollo di almeno dodici ore nella vasca da bagno o, se questa non fosse sufficientemente capiente, nel gommone; in alternativa, si può utilizzare il getto di un tubo), poi pulite a mano con un detersivo apposito, che però sia adatto al tessuto specifico.

Il motivo di questa condizione risiede nella diversa sensibilità dei materiali al PH della soluzione pulente. Per esempio, se si vuole usare un normale sapone commerciale, sceglierne uno con un PH superiore a 7 (basico) per il Dacron e uno con un PH inferiore a 7 (acido) per il Nylon. Sempre in mancanza di un prodotto specifico, le macchie di catrame possono essere tolte con l’olio di oliva e successivamente – semplicemente strofinando – con un sapone per stoviglie.

Verricelli

Se esiste il sospetto che debbano essere lubrificati (cosa che comunque conviene fare ogni due-tre anni), è bene eseguire il lavoro subito per evitare possibili ossidazioni successive, seguendo con attenzione le istruzioni dell’azienda produttrice. È un’operazione assolutamente alla portata di chi ha un minimo di manualità ma deve essere svolta con la massima attenzione, anche per evitare che qualche pezzo del meccanismo si perda.

Vetroresina

Le macchie del gelcoat rimaste dopo la pulizia generale vanno eliminate il più presto possibile usando un detergente apposito come il Quick Gloss o il Laser. Quest’ultimo è molto efficace anche con le incrostazioni di calcare e con la ruggine. Se si vuole usare un prodotto da supermercato, scegliere l’acido muriatico (da utilizzare con guanti protettivi e occhiali), che va applicato con moderazione e che, successivamente, deve essere sciacquato con abbondante acqua corrente. Non usare mai l’acetone, che scioglie il gelcoat.

Per quanto riguarda la linea di galleggiamento, si può ricorrere a un prodotto specifico come il Waterline Clean, strofinando con uno spazzolone o anche, per un risultato migliore, con una spugnetta ruvida da cucina.
I danneggiamenti più profondi, soprattutto quelli che scoprono la fibra di vetro, devono essere riparati subito utilizzando l’apposito kit.

WC

Per quanto riguarda il locale toilette e, più in particolare, il wc marino ci sono prodotti disinfettanti e disincrostanti di grande efficacia che, oltretutto, rispettano la salute delle guarnizioni, come lo Yachticon e il Biochem. Per la lubrificazione e la protezione delle parti meccaniche interne delle pompe (pistoni, guide, gomme, valvole eccetera) c’è l’ottimo WC Lub della Matt Chem.

Zinchi

Se consumati in eccesso, gli anodi di zinco (di magnesio se destinati alle acque dolci) devono essere subito sostituiti.
Se invece non sono affatto consumati, la cosa va interpretata come un inquietante campanello d’allarme: può darsi, infatti, che a consumarsi sia stato un qualsiasi altro elemento di metallo (timone, assi, motore, serbatoio eccetera). Si impone quindi un attento controllo da parte di un tecnico specializzato.

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