Vai al contenuto

Meteorologia: Temporali, come si formano e come difendersi

Torna al sommario

Raffiche violente, muri di pioggia, fulmini: in estate, in giornate di bel tempo, la formazione di un temporale non è cosa rara. Soprattutto quando fa molto caldo. Ecco come nascono e come affrontarli.

Il temporale si era formato a una velocità formidabile. Prima un addensarsi di nubi sempre più spesse dietro Monte di Procida, località sulla terraferma di fronte all’omonima isola, poi un innalzamento verticale e un forte allargamento della base delle nubi che, diventate sempre più nere e compatte, creavano un fronte che copriva l’orizzonte da Ovest di Ischia fino alla costa campana.

Il vento, che fino a poco prima aveva soffiato verso il groppo, si era improvvisamente fermato. Questione di istanti: quando ormai il nero dei cumuli era vicinissimo alla nostra prua, la direzione del vento si era invertita, e raffiche oltre i 40 nodi ci avevano investito provenienti dall’isola. Un muro di pioggia aveva ridotto la visibilità a pochi metri: impossibile avvicinarsi a terra, l’unica possibilità era quella di prendere un po’ d’acqua allontanandosi da Procida e mantenere la distanza aiutati dal motore.

L’episodio è uno dei tanti accaduti in decenni di navigazione a chi scrive e che può cogliere chiunque navighi in estate soprattutto vicino alla costa. Fenomeni molto intensi, spesso brevi, a differenza dei fronti temporaleschi associati a profonde perturbazioni che tendono a durare più a lungo, ma che possono causare danni e mettere in difficoltà chi ne viene sorpreso. Prima di vedere come affrontare questi fenomeni in navigazione, cerchiamo di capire come si generano e come sono fatti.

Come si forma un temporale

Aria calda e umida che sale dal suolo fino a quote comprese fra gli 800 e i 1500 metri dove si espande si raffredda e si condensa. È questo l’innesco del temporale. Da qui il processo prosegue fino alla maturazione e all’esplosione dei fenomeni più violenti. La condizione affinché si metta in moto il meccanismo è che ci sia molto calore al suolo e che si formi una bolla di aria molto più calda di quella circostante che inizia a salire in quota.

Sono questi i cosiddetti temporali di calore, o termoconvettivi, tipici della stagione calda, fra la primavera inoltrata e le prime settimane autunnali, quando i moti convettivi, ossia le correnti ascensionali, sono più facilmente generati in quelle zone in cui sono presenti masse d’aria orizzontali calme e fortemente riscaldate dall’insolazione diurna.

temporali
Nella prima fase di formazione il cumulo si carica di aria calda che sale e condensa. L’energia spinge la massa d’aria fino alla troposfera, dove si condensa il vapore acqueo. A maturazione avvenuta, il cumulonembo ha la forma a incudine e scarica al suolo l’energia accumulata con pioggia e raffiche violente.

Nella prima fase di condensazione, il calore fornisce l’energia per far guadagnare quota all’aria, spingendola fino alla tropopausa, circa 12.000 metri nelle nostre latitudini e fino a 20.000 in quelle equatoriali. In questa salita, l’aria calda si raffredda condensando il vapore acqueo in essa contenuto. In questa fase, le correnti ascensionali possono essere molto forti, fino a 100 chilometri orari, e la formazione del cumulonembo assume uno sviluppo verticale, con una base bassa e scura e la sommità che assume la forma di un’incudine a quote molto alte.

È questo il segno – anche se non sempre ben visibile soprattutto se siamo molto vicini alla base del temporale – dell’avvenuta maturazione del cumulonembo: le particelle d’acqua sono più pesanti rispetto alla spinta ascensionale e innescano l’inversione: si formano forti correnti discendenti che scaricano al suolo raffiche, grandi quantità di pioggia, a volte grandine. Quando le raffiche di vento che impattano il suolo sono particolarmente forti e, a volte, distruttive, il fenomeno prende il nome di “downburst”, con il vento che a livello del mare può superare a tratti anche i 100 chilometri orari.

temporali
I temporali orografici si formano quando masse d’aria calda incontrano un ostacolo e si sollevano rapidamente condensandosi.

Dalla maturazione al suo esaurimento, il temporale può avere durata molto breve, a seconda dell’energia che si deve dissipare. Spesso, in estate, i fenomeni più violenti si esauriscono in meno di un’ora. Le condizioni restano però instabili più a lungo in tutta la zona, proprio a causa delle correnti fredde cadute al suolo con le raffiche di vento che generano turbolenze e successivi possibili scontri con altre masse d’aria calda e di conseguenza nuove cellule temporalesche.

Il meccanismo di formazione di un temporale di calore è spesso accelerato nel caso in cui ci si trovi di fronte ai cosiddetti temporali “orografici”, ossia quelli generati dall’innalzamento di masse d’aria calda che incontrano ostacoli, come colline o montagne, usandoli come trampolini di lancio per salire in quota, raffreddarsi e condensarsi. Il fenomeno si sviluppa poi come abbiamo visto accadere nel caso dei temporali di calore, ma con una capacità maggiore di sorprendere il marinaio proprio grazie alla sua velocità di sviluppo.

Un’altra tipologia di temporali, definita in base alle cause di formazione, è rappresentata da quelli frontali. Sono associati ai fronti freddi, ossia a quelle situazioni in cui una massa di aria fredda incontra nel suo cammino una massa calda, si insinua sotto innalzandola velocemente e violentemente, dando così origine a cattivo tempo e, spesso, a fronti temporaleschi, che hanno un’estensione e una durata ben più consistenti di quelli estivi.

Cumulonembo
Cumulonembo

Le avvisaglie di un groppo

Ciò che abbiamo descritto fin qui, è quanto accade all’interno delle masse d’aria e del cumulonembo. Qualcosa di importante accade anche a bordo, soprattutto ai nostri sensi, che possono essere allertati da alcuni segnali precisi. Prima di tutto la vista. Nelle navigazioni lungo costa, soprattutto nelle ore pomeridiane, oppure, come abbiamo visto, sopravento alle colline o alle montagne, prima che il cumulonembo si formi, si può notare l’addensamento di nubi che tendono a ingrandirsi e a svilupparsi verso l’alto. In questa fase, a bordo si avverte il vento che tende a soffiare verso il cumulo in formazione, più precisamente verso il centro del temporale dove si crea una zona depressionaria.

temporali

Gli indizi sono già piuttosto netti ed è il momento di iniziare a prendere tutte le misure necessarie a fronteggiare ciò che probabilmente ci arriverà addosso da lì a breve: raffiche violente, pioggia intensa e, spesso, grandine. Fino a quando l’aria soffia verso il groppo, vuol dire che siamo ancora in una fase di formazione, la “bestia” si sta nutrendo e caricando di energia.

Ad un tratto, proprio nei minuti in cui l’aria è più pesante e afosa, tutto si calmerà per qualche istante. È il momento di stallo fra la spinta verso l’alto delle correnti ascensionali e l’inizio delle precipitazioni verso il basso delle correnti discendenti e della pioggia. Si tratta di un intervallo molto breve, a volte di pochi secondi, durante i quali è bene avere già preparato la barca a sostenere l’impatto dei fenomeni.

A meno che non si sia riusciti ad evitarlo. Come? Intanto intuendone la direzione. La parte sfilacciata della sommità del cumulonembo indica la direzione di spostamento, così gli scrosci di pioggia, che si manifestano violenti sulla parte frontale e di avanzamento del cumulonembo. Ed anche rifuggendo la tentazione di avvicinarsi a terra nella speranza di riparare in porto. Nulla di peggio dall’essere sorpresi da raffiche violentissime mente si sta manovrando verso un posto barca nelle acque ristrettissime di un marina. Allontanarsi dalla costa, nella gran parte dei casi, significa allontanarsi dalle manifestazioni più violente e prendere acqua e tempo in attesa che il fenomeno si esaurisca.

temporali

Preparare la barca e affrontarlo

Intuita la formazione di un temporale, le azioni da mettere in campo sono poche ma da eseguire velocemente. Prima di tutto si devono chiudere oblò, osteriggi e prese a mare. Quindi togliere dal ponte tutto quello che è amovibile (cuscini, asciugamani, carte, occhiali etc.) e issare a bordo il tender per legarlo saldamente in coperta con la chiglia rivolta verso l’alto. Non citiamo il motore fuoribordo che, si spera, se si sta navigando vuol dire che lo abbiamo preventivamente fissato sullo specchio di poppa della barca. I membri dell’equipaggio che restano in pozzetto devono indossare indumenti che proteggano dal freddo e una buona cerata, oltre al giubbino salvagente e l’imbracatura, se non si ha a disposizione un giubbino autogonfiabile che ne è già provvisto, che ci permetta di legarci con la life line.

temporali

Come affrontarlo? Dipende molto dalla posizione in cui ci troviamo rispetto al temporale, ovvero se si ha acqua libera sottovento oppure costa, e dal tipo di imbarcazione che abbiamo. Nel caso si tratti di una barca a vela, occorre ridurre al massimo la tela, prendendo in considerazione la possibilità di rollare completamente il fiocco rimanendo con una randa completamente terzaruolata. Se non si ha equipaggio in grado di governare, l’ipotesi di restare a secco di vele e utilizzare solo il motore, pronti ad aprire un po’ di fiocco per fuggire le raffiche più forti tenendosele in poppa, è una scelta che farà storcere il naso ai puristi della vela ma è un’opzione che personalmente ho scelto più di una volta. Nella gran parte dei casi, il temporale arriva da terra.

È quindi opportuno memorizzare su quale valore di prua bussola si ha una rotta di avvicinamento a terra e allontanarsi, se fosse necessario prendere acqua per maggior sicurezza, percorrendo la rotta complementare. Quindi si possono percorrere brevi tratti in un senso e in quello opposto, su rotte ortogonali a quella di avvicinamento per non fuggire sulla stessa direzione del temporale prolungando il tempo di esposizione ai suoi effetti. Se si ha un motore in grado di sostenere le raffiche, si può anche optare per il mantenimento della posizione offrendo il mascone al vento e al mare, in attesa che le condizioni migliorino. Infine, quando pioggia e grandine riducono a pochi metri la visibilità, è opportuno utilizzare il dispositivo sonoro che la barca ha in dotazione per segnalare la nostra posizione.

fulmini

Il pericolo maggiore: i fulmini

I fulmini sono scariche elettriche che si formano per la differenza di potenziale fra le particelle negative contenute nelle nuvole e quelle positive presenti al suolo. I danni che possono causare a una barca che ne viene colpita sono enormi. Per capire la potenza distruttiva di un fulmine, basti pensare che l’intensità della corrente elettrica presente è compresa fra i 10 e i 200 kiloampere e che bastano 20 miliampere per folgorare un uomo. A peggiorare le cose in barca, e a renderla particolarmente capace di attrarre i fulmini, è la presenza di materiali che sono ottimi conduttori e hanno forme ideali, come gli alberi delle barche a vela e le antenne. Se il fulmine colpisce un’imbarcazione costruita in metallo, la formidabile energia che contiene viene trasmessa in gran parte e molto rapidamente al mare, moderando i danni agli impianti e alle strumentazioni.

Cosa che non accade alle barche costruite in legno e in vetroresina. Uno dei varchi privilegiati attraverso il quale il fulmine penetra nella barca è rappresentato dalle antenne, anche nel caso delle barche a vela, spesso colpite proprio sullo stilo del Vhf collocato sulla sommità dell’albero. Da questo accesso, il fulmine prosegue fino a quando trova continuità elettrica, distruggendo – in alcuni casi “cuocendo” con grave rischio di incendio – strumenti e impianti. Gli oggetti attraversati dalle scariche, infatti, subiscono un repentino e forte aumento della temperatura causato dall’enorme flusso di corrente, trasformandosi in vere e proprie resistenze.

temporali

Come fare a difendersi da questi attacchi? Nella rubrica “I consigli del tecnico”, immediatamente successiva a questo articolo, l’argomento viene affrontato in modo molto pratico, indicando diverse soluzioni tecniche. Qui, piuttosto, immaginando una situazione nella quale vi sia probabilità di fulmini, raccomandiamo che nessuno – se non per immediate e rapide necessità – si tenga a parti metalliche come pulpiti, sartiame, albero (compreso l’eventuale tratto passante sottocoperta) e che tutti, se possibile, assumano una posizione raccolta, la più bassa possibile.

Va pure evitato l’uso del cellulare e, per quanto possa sembrare eccessivo, è anche bene liberarsi degli oggetti metallici personali, come collanine, orologi da polso eccetera. Anche intervenire sul motore, eccellente massa metallica, è cosa da evitare durante un temporale. Per salvaguardare la strumentazione di bordo sarebbe ideale scollegare tutti i connettori, azione non sempre semplice e veloce, e mettere in posizione off i magnetotermici e le batterie.

Naturalmente, soprattutto se si tratta di mettere le mani su cavi e connettori, qualsiasi azione si voglia mettere in campo la si deve concludere prima di una tempesta di fulmini. Un buon messaggero, che può darci un’idea della distanza cui stanno cadendo le saette, è il tuono. Sapendo che la velocità del suono è di circa 340 metri al secondo, una volta avvistato il lampo possiamo contare i secondi che trascorrono fino al rombo per calcolarne la distanza. Ma attenzione, i fulmini sono sorprendenti e non seguono regole e rotte, e possono scaricare in mare la loro forza improvvisamente. Evitare un temporale e tutte le sue manifestazioni è quindi la prima delle strategie da mettere in atto.

<p style=”text-align: center;”></p>

Leggi anche