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Emergenza clima: uragani in Mediterraneo? Accadrà ancora

Il devastante maltempo che ha colpito il Tirreno la scorsa estate è stato un fatto mai accaduto prima. E il rischio che si ripeta è concreto. Ci spiega il perché Leone Cavicchia, fisico, climatologo e studioso di cicloni e fenomeni estremi.

Quello che si è scatenato fra la Corsica e la Toscana poco dopo l’alba del 18 agosto 2022 è stato, per la violenza dei fenomeni, devastante come un vero e proprio uragano.

Venti oltre i 200 chilometri orari, nubifragi e un’intensa attività elettrica hanno devastato una fascia di Mediterraneo che, lunga oltre 1500 chilometri, dalle Baleari si è estesa fino all’Austria colpendo in modo più duro fra la Corsica, l’alta Toscana e la Liguria, causando lungo tutto il percorso 13 vittime e danni per centinaia di milioni di euro. Un fenomeno così violento e devastante non si era mai verificato e il suo nome è “Derecho”.


Il grafico mostra le variazioni rispetto alla temperatura media, indicata dal valore zero, calcolata fra il 1981 e il 2010. Come si vede, fino al 1998 si sono registrate anche temperature più basse della media. Quella del 2022 è stata l’estate più cada di sempre, più torrida anche di quella del 2003.

L’evento meteorologico consiste in un sistema temporalesco che ha uno sviluppo lineare lungo distanze di centinaia di chilometri. Il nome, utilizzato per la prima volta nel 1888 per descrivere un fenomeno che aveva devastato, 10 anni prima, lo Stato dell’Iowa, negli Usa, lo deve proprio al fatto che una serie di supercelle, alimentate da moti convettivi, si generano lungo una direttrice. Un fenomeno conosciuto, dunque, con il quale negli Stati Uniti si fanno i conti da tempo, ma che da noi non si era mai verificato.

Quella mattina, venti di potenza paragonabile a un uragano si sono abbattuti sulle coste di Corsica, Toscana e Liguria nel momento in cui una corrente d’aria fredda è penetrata nel bacino Mediterraneo trasformandosi nella miccia accesa di una bomba di energia accumulata in mare dopo mesi di continuo innalzamento della temperatura. Il 17 agosto, attraversando da San Vincenzo a Capraia, chi scrive ha annotato una temperatura dell’acqua di 31 gradi, circa 6 gradi sopra la media degli ultimi 20 anni.

Violentissimo, devastante e inaspettato. Questa la carta d’identità del fronte temporalesco di metà agosto. Per la verità era stata diramata un’allerta meteo importante, che mi aveva spinto a rinunciare a proseguire per la Corsica tornando verso l’Elba e poi, nella notte, salpando nuovamente per fare rientro a San Vincenzo di fronte a una sospetta calma piatta in presenza di una previsione di scirocco forte e un’onda in aumento da Nord.

L’estate del 2022 ha fatto registrare in Mediterraneo i picchi più alti di variazione di temperatura rispetto alla media.

Le previsioni davano per la notte fra il 17 e il 18 vento da scirocco, ma per quella successiva erano previsti forti venti da W, con raffiche fino a 50 nodi, che avrebbero comunque dovuto dissuadere chiunque dal dare fondo in rada; alle 4,32 del 18 agosto, inoltre, la Protezione civile aveva diramato la seguente allerta:
“Un’area perturbata di origine atlantica sta raggiungendo il nostro Paese, determinando un progressivo sensibile peggioramento sul Nord e parte del Centro, iniziando dalle regioni nord-occidentali, con fenomeni diffusi, in prevalenza temporaleschi, capaci di dar luogo a nubifragi, cui potranno essere associate, anche, violente raffiche di vento”.

Niente e nessuno aveva però previsto la forza di ciò che si sarebbe scatenato poche ore dopo: un uragano che avrebbe portato con sé raffiche fino a 225 chilometri orari.
Si è trattato dunque di un fenomeno totalmente imprevedibile? E, soprattutto, possiamo ritenerlo un fatto unico e irripetibile o dobbiamo aspettarci altri eventi di tale portata?

Il fisico Leone Cavicchia, climatologo specializzato nello studio dei cicloni, al computer durante una simulazione di fenomeni meteo estremi.

Lo abbiamo chiesto al fisico Leone Cavicchia, membro del Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici. Specializzatosi proprio sui temi del cambiamento del clima, il dottor Cavicchia ha anche alle spalle un lungo periodo di studio sui cicloni, fenomeni che ha analizzato in anni di permanenza presso l’Università di Melbourne in Australia.

Quello del 18 agosto 2022 è stato davvero un fenomeno inedito per l’area mediterranea?
Sì, non ci sono dubbi, non era mai accaduto prima che si sviluppasse un Derecho nei nostri mari.

Un fatto eccezionale, dunque, da attribuire ai cambiamenti climatici?
Si è trattato di un fenomeno unico, osservato per la prima volta. Quindi in termini scientifici, se ci si trova di fronte a un singolo evento, dire di sì, cioè che sia stato causato dal cambiamento climatico, non sarebbe una risposta rigorosa. Per affermarlo avremmo bisogno di un dato statistico. Detto questo, il fatto che ci si trovi di fronte a cambiamenti climatici è indubbio, come è altrettanto certo che fenomeni meteorologici estremi stiano diventando più frequenti e più intensi.

Restiamo sul piano scientifico: se, formalmente, lo scienziato non può dire che il singolo evento, ossia il Derecho dello scorso 18 agosto, sia attribuibile al cambiamento climatico, può invece affermare che l’incremento di fenomeni intensi ed estremi sia attribuibile a tali cambiamenti?
Si può senza dubbio affermare che i cambiamenti climatici in atto hanno portato a un aumento della temperatura del pianeta, e che questo innalzamento è sicuramente causa di fenomeni estremi.

Da cosa è causato l’aumento della temperatura?
Dall’emissione di gas serra, come il metano e l’anidride carbonica, che impediscono il rilascio del calore che la terra assorbe dal sole con un riscaldamento dell’atmosfera. Nel complicato sistema del clima, atmosfera e acqua interagiscono continuamente, e in questa relazione anche l’acqua dei mari e degli oceani ha subito un riscaldamento. Più calore significa in sostanza più energia, tanta energia che viene accumulata dal mare e che, in certe condizioni, viene liberata dando origine ai fenomeni che ormai vediamo ripetersi sempre più frequentemente.

Quando parliamo di aumento delle temperature di che numeri parliamo?
La temperatura media a livello globale è aumentata di circa 1,5 gradi. Questo vuol dire che in certi periodi dell’anno e in certe zone, l’aumento può essere di 4-5 gradi. La scorsa estate in Mediterraneo è stata la più calda mai registrata e la temperatura dell’acqua è stata più alta di 4-5 gradi rispetto alla media di 24 gradi degli ultimi decenni.

Ma quando parla di record di calore fino a che periodo storico si può risalire per fare raffronti?
I dati statistici moderni sono disponibili dalla metà del ‘800, ma abbiamo sistemi molto precisi che ci permetto, attraverso l’analisi di campioni di ghiaccio prelevati a profondità di 2-3 chilometri al Polo Sud, di ricostruire la temperatura del pianeta anche di migliaia di anni fa.

Ci troviamo quindi di fronte a cambiamenti irreversibili?
Perché le cose cambino devono essere rimosse le cause che hanno provocato questo cambiamento. Il problema che abbiamo di fronte ha due facce. Da una parte il pianeta ha tempi di risposta lunghi. Se oggi, improvvisamente, eliminassimo tutti i gas serra, per tornare ad una condizione di normalità servirebbe molto tempo, che secondo le stime realizzate attraverso modelli numerici, si quantificherebbe in secoli. L’altra questione è che, comunque, è difficile prevedere cosa accadrà perché cambiamenti così veloci, nella storia del pianeta, non ce ne sono mai stati. In 150 anni abbiamo indotto modifiche al sistema clima paragonabili a quelle che avvengono in un ciclo glaciale lungo migliaia di anni.

Quindi siamo destinati a convivere con fenomeni meteorologici estremi sempre più frequenti?
È molto probabile, visto che la relazione esistente fra questi fenomeni e l’innalzamento della temperatura è innegabile.

Come possiamo conviverci, difenderci, prevederli?
Non è semplice. Contiamo molto sulla qualità delle tecnologie, sulla potenza dei computer che cresce e ci permette di aumentare l’efficacia dell’analisi dei dati. In questo senso, sulla capacità di previsione e di conoscenza degli uragani, in questi ultimi 20 anni abbiamo fatto molti progressi. Ma si tratta di una rincorsa. Se è vero che le tecnologie sono più raffinate, che i modelli sono in continua evoluzione, i cambiamenti climatici modificano lo stato di base su cui si analizzano i dati. Prevedere così un evento come quello del 18 agosto 2022 è molto difficile.

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