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Design pratico: forma e funzione

Se su un classico yacht le sovrastrutture sono generalmente spostate verso poppa, oggi sempre più spesso si vedono yacht, grandi e piccoli,  con le sovrastrutture tutte a prua. Perché? È solo una moda?

“La forma segue la funzione”, in inglese abbreviato con l’acronimo FFF (form follows function), è uno degli slogan più noti (e più discussi) dell’architettura moderna.

Coniato da Louis Sullivan, maestro del celebre architetto Frank Lloyd Wright, nel saggio The Tall Office Building Artistically Considered del 1896, se da alcuni è considerato un dogma da cui non si può prescindere, da altri viene aspramente criticato perché la funzione può non essere univoca, perché la funzione non precede ma si genera durante e dopo la costituzione dell’oggetto eccetera.

nave passeggeri
Come tutte le navi passeggeri dell’epoca, il mitico Titanic aveva le sovrastrutture concentrate a centro nave per sfruttare meglio gli ampi volumi centrali dello scafo, lungo e stretto.

Senza voler entrare in dispute e dissertazioni per addetti ai lavori, è però certo che la forma delle navi si è evoluta inseguendo le funzioni alle quali erano destinate.

Ecco quindi il peschereccio o il rimorchiatore, la petroliera o la nave da crociera. Ed ecco lo yacht!

Abbiamo parlato di funzioni al plurale perché, specie quando parliamo di navi passeggeri, dalle quali morfologicamente e tipologicamente deriva lo yacht, la loro funzione non è solo quella di trasportare un certo numero di persone da A a B, ma anche quella di farle viaggiare confortevolmente (esigenza dei passeggeri) e in modo efficiente ed economico (esigenza dell’armatore). E se ciò avviene su un mezzo visivamente gradevole, bello, non guasta. Tanto che anche quel “essere bello” diventa una funzione dell’oggetto. Soprattutto quando parliamo di yacht.

Yacht CHRISTINA O
Le sovrastrutture centrali erano una caratteristica anche dei primi grandi yacht. Qui il celebre Christina O di Aristotele Onassis dove, per fare spazio alla piscina e le aree relax a poppa, le sovrastrutture furono spostate verso prua.

Ma, nel tempo, le forme si trasformano, sia perché le funzioni stesse cambiano, si modificano, si evolvono, sia perché cambiano i gusti e la percezione del bello si modifica, anch’essa evolvendosi. Ecco dunque lo yacht di 100 anni fa avere, così come le navi passeggeri dell’epoca, le sovrastrutture concentrate a centro nave. In questo modo si sfruttavano meglio gli ampi volumi centrali degli scafi, all’epoca lunghi e stretti.

Le zone estreme e affusolate della nave erano così lasciate quasi esclusivamente ai servizi di bordo e ai locali tecnici, mentre ai passeggeri o agli ospiti erano destinati i volumi di centro nave dove era possibile avere i locali più ampi ma anche più confortevoli (moti ed accelerazioni ridotte rispetto alle estremità dello scafo).

Baglietto
Siamo sul finire degli anni ’50: con l’introduzione della carena a spigolo le sovrastrutture si spostano indietro. Nella foto, il Baglietto Ischia Super, una rivoluzione di stile e funzioni in 16 metri di barca.

Le sovrastrutture centrali rimasero una caratteristica di tutti i grandi yacht per molti anni (anche se a dire il vero all’epoca ne circolavano davvero pochi). Con qualche prima timida eccezione: sul più famoso e lussuoso yacht del dopoguerra, il celebre “Christina O” di Aristotele Onassis, le sovrastrutture, pur continuando a rimanere al centro, iniziavano timidamente a sbilanciarsi verso prua per far posto alla piscina ed alle aree relax a poppa.

Anche sui grandi yacht le sovrastrutture si spostano a poppa. Nella foto in bianco e nero, l’Empress Subaru dei cantieri CRN, 47 metri, varato nel 1979.
Nella foto a colori, l’FB275, il più grande yacht mai costruito dai Cantieri Benetti (108 metri di lunghezza) varato un paio di anni fa: per entrambi, sovrastrutture spostate a poppa e inclinate all’indietro, nonostante siano passati 50 anni!

Successivamente, con l’introduzione della carena a spigolo negli anni ’60 e ’70, le forme degli scafi iniziano a cambiare e la massima densità di volume si sposta dal centro della barca verso poppa. E anche le sovrastrutture si spostano indietro. Anche, e soprattutto, sui grandi yacht. Tutto questo sia perché a poppa gli spazi da sfruttare sono maggiori sia perché i maggiori volumi immersi di poppa rendono questa zona più confortevole in termini di riduzione dei moti e delle accelerazioni.

Tutt’oggi, nell’immaginario collettivo, uno yacht ha delle sovrastrutture con due o tre ponti che si elevano inclinate all’indietro sulla metà posteriore dello scafo, rendendo il tutto vagamente somigliante a un cuneo.

Oltre a spostarsi verso poppa, le sovrastrutture si rastremano nel senso del moto per effetto delle maggiori velocità consentite dalla carena a spigolo, diventando più aerodinamiche.

Eccoci, dunque, a un’altra forma che segue una funzione, quella della maggiore aerodinamicità. Una funzione più culturale che reale, viste le effettive velocità dei grandi yacht; una forma figlia dell’acquisizione del concetto di aerodinamica legato in quegli anni al mondo dell’automotive. Tanto che, nell’immaginario collettivo, tuttora un grande yacht ha sovrastrutture con due o tre ponti che si elevano inclinati all’indietro sulla metà posteriore dello scafo, rendendo il tutto vagamente somigliante a un cuneo o, come si usa dire quando il risultato non è esaltante, a un ferro da stiro.

yacht 85 metri
Sovrastrutture tutte avanti per questo concept di un 85 metri expedition supply vessel disegnato da Tommaso Spadolini per Rosetti Superyachts. Lo spaccato della nave mostra più di tante parole come i locali e i volumi interni siano concentrati a prua.

E ora? A dire il vero oggi si vede un po’ di tutto: sovrastrutture tutte spostate indietro, al centro, ma anche spostate tutte a prua. A guardarsi in giro sembra proprio che lo slogan FFF (form follows function) sia stato completamente superato e abbandonato da tutti i designer. Osservando meglio, però, non è così: la forma continua a seguire la funzione … solo che, nel tempo, la funzione è cambiata.

Icon Yachts
7 – Più a prua di così non si può! Si tratta di Project Ragnar, spettacolare riconversione di un rompighiaccio in un affascinante arctic explorer yacht di 68 metri. Disegno di RWD yacht realizzato nei cantieri olandesi di Icon Yachts.

Anche qui si tratta di una particolare interpretazione della funzione che caratterizza lo yacht, ovvero lo svago e il relax. Le sovrastrutture a prua, spostate tutte avanti, consentono, infatti, di destinare aree sempre maggiori alla vita all’aperto a bordo, spazi sempre maggiori per i toys o per la piscina e via dicendo. Tutti spazi che, trovandosi a poppa dietro ad alte ed imponenti sovrastrutture, sono protetti e quindi fruibili, anche quando le condizioni climatiche non sono ottimali, anche in navigazione.

yacht
Le sovrastrutture spostate a prua le ritroviamo anche su altre tipologie di imbarcazioni da lavoro, come quelle per il supporto logistico delle piattaforme offshore, unità alle quali sono richieste particolari qualità per poter mantenere elevate velocità anche in condizioni meteomarine difficili. Ecco dunque che, alle sovrastrutture a prua, si abbina la particolarissima axe bow (prua ad ascia), studiata messa a punto dai cantieri Damen, esasperazione del concetto wave pearcing (letteralmente bucare le onde) con il quale si migliorano le capacità di tenuta al mare. Nella figura il Doña Diana, una nave appoggio veloce di 51 metri.

Stiamo parlando di una nuova esigenza nata oltre 20 anni fa con i primi explorer o expedition yacht, quelle barche cioè destinate a navigare frequentemente in ambienti climaticamente ostili dove le sovrastrutture spostate in avanti proteggono, specie in navigazione, le aree aperte poppiere dal vento, dal freddo, dai colpi di mare, consentendo agli ospiti di poter mettere il naso fuori, anche quando ci si trova in zone artiche o sub artiche.

navi
In giro per il mondo ne navigano più di 100 di queste strane navi con le sovrastrutture molto alte e spostate tutte a prua a protezione della metà posteriore dell’imbarcazione. Si chiamano X-Bow e sono delle particolari navi che da oltre 10 anni vengono costruite dai cantieri norvegesi Ulstein per gli usi più disparati, dalle portacontainer alle navi posacavi e ai supply vessel. In figura, le linee delle platform supply vessel, navi di supporto per le piattaforme offshore dai 60 ai 90 metri. Nella foto, il Blue Queen di 83 metri varato nel 2015.

Nato con questo genere di unità, questo modo di concepire lo yacht si sta diffondendo anche per altre tipologie non destinate a usi così estremi, come dimostrano le immagini di queste pagine.

A dire il vero le sovrastrutture spostate a prua esistono da sempre sui rimorchiatori e su alcuni pescherecci, dove il ponte poppiero deve essere il più ampio e sgombro possibile per lasciare spazio alle operazioni di lavoro o di pesca. In questo caso, lo slogan FFF (form follows function) è quantomai vero.

D’altronde, poter vivere all’aperto anche con il brutto tempo, o semplicemente avere la possibilità di ripararsi in navigazione da un vento fastidioso, è pur sempre un valore aggiunto per un mezzo destinato allo svago, al divertimento, al relax.

yacht Ice Class
Per gli yacht Ice Class, espressamente concepiti per navigare in zone polari o sub-polari, negli ultimi anni è stato sviluppato un particolare design che riprende esperienze in altri campi. Ad esempio. qui sopra, il concept Expedition 65m – Ice Class dello studio Sculli è un’interessante proposta in cui la distribuzione dei volumi – e il design più in generale – riprendono integralmente il concetto delle navi X-Bow, sia per le sovrastrutture alte e spostate molto a prua, a protezione della metà posteriore dell’imbarcazione, sia per la conformazione di quest’ultima.

Certo che spostare avanti le sovrastrutture e con esse tutti i locali interni in esse presenti (saloni, cabine, timoneria eccetera) significa posizionarli in una zona della nave un po’ meno “comoda”, dove, come già anticipato, i moti e le accelerazioni sono sicuramente maggiori rispetto a quanto si può registrare a centro nave o a poppa. Insomma, se c’è mare, nella cabina a prua si soffre un po’ di più rispetto alle altre zone. Ma, si sa, non esistono le soluzioni perfette. Ogni scelta porta con sé uno o più compromessi e tutto questo fa parte dell’arte della progettazione.

SeaXplorer
I cantieri olandesi Damen, tra i colossi mondiali delle costruzioni navali e specializzato in unità ad alto contenuto tecnologico come navi militari o passeggeri, compresi yacht (con il marchio Amels), hanno progettato una linea di yacht Ice Class, la SeaXplorer, costituita da tre superyacht da 65, 90 e 100 metri che, dal punto di vista del design, racchiudono tutti quegli elementi provenienti da mondi esterni allo yachting, come la prua dritta e affinata, addirittura con un leggero accenno di “ascia”, e le sovrastrutture spostate a prua. Nella figura, il SeaXplorer 90.

Va anche detto che questa particolare esigenza di proteggere la parte posteriore della nave non appartiene solo al mondo degli yacht.

I support vessel, barche appoggio per gli yacht più grandi, sono una delle ultime novità. Qui le alte sovrastrutture spostate a prua proteggono i toys e le attrezzature che l’armatore vuole con sé. Come nel caso dello YXT 20 metri, dove YXT sta per “Yacht X Tender”. Si tratta dell’entry level dei support vessel proposti dall’olandese Lynx Yachts, che arrivano ai 36 metri. La grande capacità di stivaggio, sia esterna, sul ponte, sia interna, costituisce una delle sue più spiccate caratteristiche.

Sovrastrutture alte e spostate molto a prua, a protezione della metà posteriore dell’imbarcazione, è una soluzione che il cantiere norvegese Ulstein propone da oltre dieci di anni per navi commerciali di vario tipo (dai portacontainer, alle navi posacavi ed al supply vessel) con il nome di X-Bow.

I support vessel, con le loro sovrastrutture alte tutte a prua, piacciono anche come yacht in senso classico. È il caso di Sherpa, un 17 metri proposto dal cantiere italiano Arcadia, ripreso anche nella foto di apertura. Proprio le dimensioni ridotte – e quindi i costi contenuti, uniti al design tipico Arcadia – stanno decretando il successo di questa imbarcazione sia come unità di appoggio sia come yacht.
Lo stesso dicasi per il Naucrates 85, proposta dello studio italiano Green Yachts per un support vessel di 25 metri che può essere utilizzato anche come yacht propriamente detto. Ciò anche grazie alla possibilità di aggiungere o togliere moduli che si agganciano sul ponte di coperta.

La stessa soluzione la troviamo anche sulle barche appoggio delle piattaforme offshore, unità contraddistinte da un’elevata potenza installata e un’ottima tenuta al mare sulle quali le sovrastrutture spostate a prua proteggono la metà poppiera dell’imbarcazione che è destinata ad essere una piattaforma per alloggiare e trasportare altri mezzi e attrezzature.

Anche sulle barche più piccole, le sovrastrutture – in questo caso la tuga – spostate tutte avanti hanno senso. Anzi sono necessarie se si ha la necessità avere spazio libero a poppa per pescare, come nel caso del Merry Fisher 795 Sport di Jeanneau.
Oppure nel caso delle vecchie pilotine dove la tuga spostata verso prua permetteva di ricavare un paio di cuccette lasciando tanto spazio da centro barca verso poppa.

Stesso concetto che ritroviamo sulle recenti “support vessel” o “shadow boats” (barche ombra), spesso navi, viste le dimensioni che possono raggiungere anche i 90 metri, concepite per navigare in modo autonomo ed essere di supporto alla barca madre, cioè un megayacht del quale diventano il maggiordomo discreto, silenzioso, fondamentale.

Avanti tutta anche per l’ultima proposta di Wally, la linea WHY composta dal WHY 200 presentato lo scorso anno, nel 2021, e dal WHY 150 in arrivo il prossimo anno. Parliamo rispettivamente di un 27 e di un 24 metri dove, a estrema prua, è stata spostata la parte più importante di uno yacht, la spettacolare suite armatoriale con una vetrata a 180° che va da una murata all’altra. Ne consegue una prua imponente e alta sul mare sulla quale si innesta la tuga vetrata e spigolosa tipica dei Wally che però è spostata molto avanti per dare spazio alle aree protette poppiere che sono tipiche di questa tipologia di yacht.

Tutto questo per dire che anche nello yachting la forma cambia e si evolve per seguire la funzione che anch’essa cambia e si evolve. FFF nonostante tutto!

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