Barche automobilistiche, influenza dell’auto nel design delle barche
Parliamo di barche che sembrano auto. O meglio, barche che vogliono ricordare un’auto in particolare, o una tipologia di auto come il coupé sportivo, quelle che Alessandro Baricco definisce la “rassicurante ripetizione delle forme”, ovvero la sensazione rassicurante di vedere una forma che già conosciamo in un oggetto che non ci è familiare.
Un’auto, generalmente, ci è molto più familiare di una barca.

Le auto ci passano accanto quando passeggiamo per strada, le vediamo parcheggiate sotto casa. Su un’auto ci saliamo tutti i giorni. Su una barca, invece, molti di noi ci salgono – ahimè – solo quando sono in vacanza! Così accade che chi si avvicina al mondo dello yachting, che frequentemente non ha una storia di mare alle spalle, immagina la propria barca, grande o piccola che sia, confacente ai propri personali gusti che non sono quelli tipici di un marinaio, derivanti invece da una cultura ed una tradizione millenaria. Così cerca, consciamente o inconsciamente, una barca che assomigli di più ad oggetti e visioni a lui familiari, come può essere un’auto o una casa. Quindi uno yacht diverso da una nave o una barca nel senso tradizionale del termine.

Ecco allora tante barche, e soprattutto tanti concept, avere linee tipicamente automobilistiche con espliciti riferimenti marchi famosi. Si tratta di un fenomeno per nulla nuovo, spesso alimentato proprio da designer provenienti dal campo dell’automotive affascinati dal mondo della nautica nel quale hanno anche visto spazi nuovi per la loro visibilità e creatività.

Anche se i progetti, i concept che vedono poi la luce sono molti, ma molti di meno. In ogni caso, tutto ciò porta sempre una ventata di novità nel mondo della nautica, introducendo contaminazioni, idee nuove ed originali, in un mondo per sua natura molto legato alla tradizione.

Oggi più che mai questo fenomeno è vivo grazie all’evoluzione stessa del design e dei sistemi di modellazione e costruzione che oggi permettono con maggiore facilità di sperimentare nuove forme. Parliamo della cosiddetta prototipazione rapida, ovvero l’insieme di quelle tecniche che a partire da una definizione matematica tridimensionale dell’oggetto al computer (CAD) consentono la realizzazione del manufatto in tempi relativamente brevi, fino ad arrivare alla cosiddetta stampa 3D. MAMBO, la nuova barca presentata in anteprima al salone di Genova qualche giorno fa e di cui parliamo nel box di approfondimento dedicato, è solo l’ultima conferma.

Accade anche che designer e cantieri, interpretando ognuno a proprio modo il tema nel tentativo di proporre yacht che risultino più familiari all’armatore, arrivino a soluzioni anche molto originali che però, a volte, rischiano di non essere adatte per uno yacht che non è un’auto ma un oggetto che naviga ed ha dei precisi vincoli funzionali e normativi da rispettare per rimanere un mezzo sicuro. E così si vedono progetti, ed a volte barche vere e proprie che, oltre ad essere “strane”, sono poco marine e poco funzionali. Infatti, pur essendo entrambi due mezzi di trasporto, un’auto ed una barca si muovono in due ambienti totalmente diversi, sulla terra e nell’acqua, ambienti che determinano la necessità di avere forme e caratteristiche funzionali e tecniche completamente differenti.
Ad esempio, è ovvio che un’auto ha bisogno di 4 ruote per muoversi, mentre una barca ha bisogno di essere costituita da un guscio impermeabile che le consente di galleggiare. Ora, a meno di far riferimento ad un mezzo anfibio che però è un evidente compromesso (navigano male e si muovono male su strada), come si fa a rendere somiglianti una barca con un’auto e viceversa? È chiaro che tutto si gioca su elementi di design, come la forma della coperta o delle sovrastrutture, oppure elementi puramente estetici come tagli o spigoli sulle superfici esterne dell’auto o della barca.
Ad esempio, la forma del cofano delle vecchie Cadillac americane degli anni ’60 ricorda molto la prua di una barca, mentre la forma della coperta di certi motoscafi ricorda invece la forma di un’auto sportiva. A meno di non volersi inventare, più per gioco che per un uso effettivo, quelle auto marinizzate molto folkloristiche ma scomode e pericolose.
E, a dir la verità, anche poco originali.
In ogni caso oggi le imbarcazioni che ricordano, in modo più o meno esplicito, un’auto sono tante, sia realizzate che ancora semplici proposte. Generalmente, si tratta di barche medio-piccole perché, contenendo le dimensioni della barca ai 10, 15 metri, è possibile mantenere grossomodo gli stessi rapporti dimensionali di un’auto, soprattutto il rapporto lunghezza su altezza. E, generalmente, sono barche veloci, motoscafi, che possono avere sovrastrutture con linee filanti ed aerodinamiche, come quelle di un’auto, non essendo condizionati più di tanto dalla necessità di garantire grandi spazi interni.

Qualche esempio: il Revolver ’42, una barca di 12 realizzata nei Cantieri di Anselmo Mauri a Sirmione del Garda, è un vero è proprio coupé del mare, con tanto di tubo di scappamento posteriore.

Mentre Silver Arrows Marine è la proposta niente meno che di Mercedes-Benz (tanto perché sia chiaro il riferimento al mondo dell’automobile) che ha riunito un team di designer di assoluto rilievo, sia nautici che dell’automotive, per applicare lo stile ed il design Mercedes ad una barca di 14 metri. Ne è venuta fuori una “granturismo” del mare con chiari richiami all’automotive, ed in particolare all’ultima generazione di coupé Mercedes-Benz, come il profilo arcuato dominato dal lungo cofano e la poppa tronca, o le finestrature curve della tuga.

Una delle ultime arrivate in tema di barche automobilistiche costruite è il tender WB 27 del cantiere viareggino Wooden Boats, 7 metri di barca in perfetto “Bentley style’ con le luci posteriori che riproducono esattamente le luci di una Bentley Mulsanne tender.

In tema di concept, si è fatta notare una delle ultime proposte arrivate, quella della Tecnomar for Lamborghini 63 presentata quest’estate con la quale saliamo di dimensioni, arrivando a quasi 20 metri. Parliamo di un bolide da 60 nodi sviluppato da The Italian Sea Group con il contributo del Centro Stile Lamborghini ed ispirato alla Lamborghini Sián FKP 37, la supersportiva ibrida dal design inconfondibile.

E non stiamo parlando solo di un concept, di una visione di un qualche designer, visto che The Italian Sea Group promette che la barca sarà in acqua il prossimo anno, per diventare l’imbarcazione più veloce della flotta Tecnomar.
E più le barche diventano grandi e più diventa difficile disegnare una barca che somigli ad un’auto perché, se i rapporti di una barca di 10 m sono abbastanza vicini a quelli di un’auto, all’aumentare delle dimensioni tali rapporti cambiano radicalmente. Ne abbiamo già parlato. Nonostante ciò, questa tendenza ha iniziato ad interessare anche il mondo dei superyacht, le barche sopra i 24 m. Siamo solo all’inizio ed i concept sono generalmente poco realistici, per non dire futuristici. Ma è comunque interessante dargli un’occhiata, se non altro per scoprire quali sorprese ci può nascondere il futuro design dei grandi Superyacht.
Proprio riguardo le barche sopra i 24 metri, e restando in tema Lamborghini, è interessante il concept del designer Francesco Corda che, già qualche anno fa, lanciava la sua proposta di una barca ispirata ad una supercar proprio della Lamborghini. Lo presentammo sulle pagine di Superyacht del dicembre 2015. La sua proposta, denominata F1215, era quella di uno yacht di 45 metri dalle linee estremamente grintose e dinamiche ispirate all’Aventador. Ma il buon Francesco andava oltre: la supercar era ospitata in un garage a centro barca, diventando la protagonista assoluta che può essere ammirata attraverso delle pareti vetrate come fosse un gioiello, sia dalla cabina armatoriale che dal salone principale, o dalla plancia. Nella sua proposta la supercar era l’ospite principale dello yacht a cui trasmetteva le sue caratteristiche estetiche e tutta la sua grinta in termini di performance. E non finiva qui. Il concept era infatti parte di una trilogia tutta ispirata all’Adventator composta da un piccolo “tender” di 10 m, da un fast commuter di 30 m per finire con l’ammiraglia di 45 m. Una proposta ed una intuizione che, purtroppo per Francesco, all’epoca non è stata raccolta in casa Lamborghini … ed ora vedendo Tecnomar for Lamborghini 63, Francesco si morde le mani, come testimonia la lettera che ci ha inviato e che pubblichiamo su queste pagine.
Con il concept di Francesco Corda siamo dunque saliti di dimensioni. Abbiamo superato i 30 metri, dimensioni oltre le quali disegnare una barca che ricordi un’auto diventa più difficile perché, come detto prima, i rapporti dimensionali principali di una grande barca cambiano completamente rispetto a quelli di un’auto. Diventa così difficile applicare gli schemi tipici del car design ad una barca, a meno di non limitarsi ad alcuni singoli elementi formali come può essere la forma dello specchio di poppa o di una finestratura. E così i superyacht che nella loro interezza ricordano un’auto sono decisamente pochi. Ma non sono invece poche le proposte ed i concept di superyacht con forti ed espliciti riferimenti al car design. Infatti, disegnare qualcosa di così particolare come un superyacht che ricordi un’auto permette di farsi notare nel mondo esclusivo della nautica di lusso.
E così non è raro che più di qualche progettista o designer, famoso o non, investa molte energie e molto del suo tempo nell’elaborare proposte di grandi yacht che ricordano un’auto, sperando che lo scalpore e l’impatto emotivo che genera un progetto così “strano” diventi un ottimo strumento pubblicitario per il proprio nome ed il proprio studio.
E sperando, alla fine, che qualche nuovo Paperone si innamori di qualcuno di questi concept e voglia vederlo realizzato, facendo così la fortuna del designer che ci ha provato ed ha fatto centro! Allo stesso tempo, per cercare a tutti i costi di colpire l’immaginazione dell’opinione pubblica, dei media e del potenziale cliente, questi concept generalmente si rivelano dei meri esercizi di stile, degli oggetti belli ed accattivanti ma impossibili da realizzare.
Probabilmente anche perché, frequentemente, si tratta di concept elaborati da designer prestati allo yacht design, gente che fiuta la possibilità di avere un palcoscenico privilegiato ma non ha il background necessario per progettare una nave che sia in grado, oltre che di galleggiare, di navigare in modo efficiente e sicuro.

In ogni caso le proposte di grandi yacht che sembrano auto per ora sono solo dei concept futuristici e poco reali, delle visioni … anche se a volte qualcuna di queste visioni si concretizza: mi riferisco al Wally Power 118 piedi, una barca tanto folle quanto reale che, a mio parere, è rappresentativa di questo trend. 36 metri di barca spinti fino a 60 nodi da 3 turbine a gas che, proposti all’inizio degli anni 2000, furono un fiasco commerciale.

Folle ma reale, il Wally Power 118 piedi è la barca che, agli inizi di questo millennio, con il suo design originale ispirato alle auto sportive e agli aerei supersonici, ha aperto un nuovo capitolo nella storia della progettazione.
Allo stesso tempo però, con il suo design originale che richiama auto sportive e aerei veloci, è stata una barca che ha rotto gli schemi, tanto da essere stata la sola barca esposta nel 2004/5 al design exhibition svoltosi presso il Museo di Arte Moderna di San Francisco.

Con MAMBO creatività senza limiti
L’abbiamo vista qualche giorno fa al salone di Genova dove è stata presentata in anteprima: parliamo di Mambo, acronimo che sta per Motor Additive Manufacturing Boat, una barca stampata in 3D. Anzi, per essere più precisi, la prima barca al mondo in vetroresina stampata in 3D. Oltre agli aspetti innovativi prettamente tecnologici, questa nuova tecnologia brevettata – chiamata Continuous Fiber Manufacturing (CFM) – con cui è stato costruito Mambo, permette di liberare la creatività di quei progettisti che oggi immaginano barche innovative e disegnano magnifici render che poi non si concretizzano per limiti di natura tecnologica, geometrica o per gli alti costi di produzione. Comprese le “barche automobilistiche” di cui parliamo in queste pagine.
La tecnologia CFM, infatti, consente di stampare in 3D materiali compositi unidirezionali con prestazioni meccaniche e libertà formali fino ad oggi impensabili, grazie all’utilizzo di robot in grado di depositare delle fibre continue impregnate di resina reticolabile per creare manufatti dalle prestazioni incredibili e posizionando le fibre in maniera ottimizzata partendo solamente da un modello digitale. Ciò permette di creare prodotti fibro-rinforzati, con caratteristiche meccaniche pari alla vetroresina unidirezionale, senza l’ausilio di modelli, stampi o altre attrezzature. In questo modo è possibile ottenere non solo prototipi, ma anche prodotti in serie limitate o pezzi unici.
Nato da un’idea di Moi Composites, spin-off del Politecnico di Milano, Mambo ha una lunghezza di 6,5 metri, un baglio massimo di 2,5 metri, pesa 800 kg ed è equipaggiato con un fuoribordo da 115 HP. Il pagliolato è in sughero e i divanetti sono in pelle bianca. Lo scafo è un triciclo rovescio ispirato al famosissimo Arcidiavolo di Sonny Levi, sul quale le forme organiche si rincorrono e si trasformano in elementi strutturali e funzionali. E anche i richiami all’automotive sono evidenti.
Una volta ideato il concept e realizzato il progetto esecutivo, sono state stampate le varie sezioni utilizzando due robot KUKA Quantec High Accuracy. Situati a Milano, nella sede di Moi Composites e a Birmingham, nell’AMF (Advanced Manufacturing Facility) di Autodesk, essi hanno consentito di utilizzare al meglio la manifattura diffusa, considerata tra i punti di forza più rilevanti della stampa 3D. Conclusa la stampa, i pezzi sono stati uniti e laminati nel cantiere Catmarine, creando una struttura monoblocco in sandwich, senza divisione scafo-coperta. L’instancabile lavoro dei robot unito alla abilità degli artigiani del cantiere hanno dunque dato vita a un nuovo sistema industriale ibrido, tanto tecnologico e digitale quanto analogico e sartoriale, grazie al quale ciò che sembrava impossibile è diventato possibile.

“Ad oggi Mambo – ci raccontano i tecnici di Moi – rappresenta non solo il primo scafo realizzato con tecniche di produzione tridimensionale innovative ad essere realmente utilizzato in navigazione, ma anche una finestra su un nuovo mare di possibilità e l’invito a una riflessione sul modo in cui giudichiamo impossibile la realizzazione di un’idea”. Le potenzialità espresse da questo motoscafo sono state subito notate al salone di Genova, sia dal pubblico sia dalla giuria del “Design Innovation Award” – il nuovo premio istituito da Confindustria Nautica in occasione della 60esima edizione del Nautico – che gli ha assegnato il Premio Speciale all’Innovazione.
Il rammarico di un designer
Francesco Jacopo Corda è uno yacht designer genovese del cui valore abbiamo parlato sulle pagine di Nautica e Superyacht presentando alcuni dei suoi interessanti lavori, pieni di contenuti innovativi.

Tra questi il suo concept F1215, un 45 metri ispirato all’Aventador, una delle supercar della Lamborghini, parte di un progetto più ampio composto da tre imbarcazioni dedicato alla Casa Automobilistica Lamborghini.

Come vi abbiamo raccontato nell’articolo, la proposta e l’intuizione di Francesco all’epoca non fu raccolta in casa Lamborghini … ed ora vedendo Tecnomar for Lamborghini 63, certamente diversa ma ispirata alla stessa idea e realizzata con simili accorgimenti, Francesco si rammarica non poco per non essere stato preso in considerazione nel realizzare questo ambizioso progetto, come testimonia la lettera che ci ha inviato nella quale è riportata la storia di F1215, originariamente “F1215 Tributo Lamborghini.”

“Anche i designer possono avere il cuore infranto, certo. Specie se sono giovani. E’ strano come un grande progetto, fatto con amore, fatica ed entusiasmo, anche se mai realizzato e oggi in qualche modo “scavalcato” possa nascere da situazioni mai immaginate. Questa è una storia mai, mai raccontata. Ma bisogna pur cominciare dall’inizio. Dal 2010, per la precisione. Anno in cui presi una bella delusione d’amore; essa fu per me tale che per “distrarmi” dovetti fare un ragionamento: Lei è unica e oramai sarà più facile nella vita riuscire ad ottenere una Lamborghini, che ritrovare un’altra come lei. Farneticazioni? Sicuramente. Ma intanto ero già al lavoro. E ammiravo nel 2011 la nuova Aventador, guardavo i video e la sognavo. Sognavo di potermela permettere e passare dinanzi casa sua con indifferenza ed eleganza, facendola rombare… e piano piano, linea su linea, correzione dopo correzione, cominciai a sviluppare una barca di 30 metri ad essa ispirata: “F969 Tributo Lamborghini”.
Volevo farci stare dentro un’auto estrema, ovviamente una Aventador. Ma come caricarla? Non ci stava. Era un progetto tutto mio, un regalo che volevo fare alla Casa madre. Un regalo gratuito, in segno di ammirazione. Chissà, mi avrebbero riconosciuto qualcosa. Chissà, forse mi avrebbero regalato un’Aventador. No, troppo. Un giro, magari. Allora, essendo in qualche modo “committente di me stesso”, decisi di scatenare la mia fantasia, e lavorare intensamente per qualcosa di unico. Lavorai tanto per la giusta carena, finchè non riuscii ad ottenere nientemeno che un quarantacinque metri, tutto sportivo. Trovai il numero del Sig. Fabio Lamborghini, che si dimostrò gentile e disponibile e con cui oggi conservo una bella amicizia.

Gli accennai l’idea del regalo, e ricordando che le mitiche barche Riva erano state motorizzate con motori Lamborghini marinizzati, gli chiesi informazioni non avendo trovato abbastanza materiale on-line. Intanto proseguivo col mio lavoro, che per il 2014 fu finalmente completo di ipotesi di motorizzazione e ultimato; riuscii ad ottenere in duplice copia una brochure di lusso perfetta.
La prima copia la inviai al Sig. Fabio, con la promessa di andarlo a trovare quanto prima presso il Museo da lui gestito e domandando di aiutarmi a far pervenire la seconda copia sul tavolo dell’azienda di San Giovanni in Persiceto. Lui fece il possibile, e riuscii a mettermi in contatto con un signore che lavorava ai piani alti dell’azienda. Questo signore mi chiamò nel luglio del 2014, invitandomi in ditta.
Commisi uno stupido, imperdonabile errore a proporgli di rimandare vedendoci, per la consegna, al Salone Nautico di Genova in ottobre. Nessuno avrebbe potuto sapere che questo signore avrebbe cambiato lavoro; men che meno potei sapere se la costosa brochure arrivò mai sui tavoli dell’azienda. “Naturalmente”, non ci fu più modo di contattarlo, neanche per sentire qualche altro collega. E poiché la barca ammiraglia era così volutamente compatibile con gli stilemi della Casa, così armonicamente proporzionale alla Aventador, “troppo” simile, della stessa essenza seppur “barca” e non “automobile” – d’altronde, l’avevo progettata proprio per essere lo yacht superlusso con cui il calciatore o l’emiro poteva portarsi dietro la propria Lamborghini per sbarcarla dove volesse, e ammirarla attraverso i cristalli della cabina o del salone, come un gioiello – non si poté neppure esporre al museo.
Non potendo purtroppo fare più niente sul fronte “aziendale” mi mossi, come già previsto, sul fronte “pubblicazioni”. Come da promessa scritta in calce da me sulla brochure, nel pieno rispetto delle regole sul Copyright e comunque dell’etica che da sempre mi contraddistingue e diversamente da alcuni altri giovani designer più “audaci” di me che pubblicano le loro idee con loghi non autorizzati, io eliminai dal progetto originale il simbolo del Toro dal grande skydome di prua a forma di scudetto, tutte le scritte, le firme e i loghi diligentemente ed elegantemente sistemati dentro e fuori, corressi le grandi vetrature triangolari con cornice led ispirate alla fanaleria posteriore e modificai perfino l’automobile nei renderings. Insomma: riuscii a “taroccare” la stessa barca da me progettata. Succede anche questo. Così, potei avere “via libera” alla pubblicazione. Da allora, tutte le immagini inerenti il progetto ormai denominato solo “F 1215” che circolano su internet e che sono state pubblicate sulle più importanti riviste cartacee, sono “anonime” e prive di logo; così, si comprende distintamente a cosa il progetto è ispirato, ma solo nell’essenza, e senza averne mai la “conferma”.
Grande fu egualmente il consenso riscosso on line: pubblicai su SuperYacht International, pubblicai sulla rivista on-line Charterworld, mi chiamarono perfino dalla Spagna con la rivista di lusso SMQ, quella da 50 euro a copia! Il tutto sempre gratis, e ringrazio di cuore queste testate, oltre ai numerosi “fan” e “followers” che le immagini pubblicate riuscirono ad attirare: mi postarono perfino in Romania e in Russia (pur non avendo un profilo Facebook, mi accorsi che su quel social mi pubblicarono perfino in cirillico, con tanto di like e cuoricini!)! La barca fece il giro del mondo, ma non mi cercarono né cantieri navali, né case automobilistiche né sceicchi; solo persone che chiedevano lavoro ad un giovane freelancer senza commesse, che cercava a propria volta di farsi conoscere.

Adesso che la mia “F1215” è diventata “normalità” tra le pagine web, ora che è un progetto “superato” senza neppure essere fiorito, qualcuno ha “inventato” una barca ispirata alla nuova Sian.
La nuova barca Sian presenta alcuni stilemi tipici, come la mia. Ha il cruscotto del tutto ispirato a quella automobilistico ed è in fibra di carbonio, come la mia. Ma non é un plagio, certo.
E’ solo un altro progetto, come sempre capita nel mondo del design; le regole del gioco sono queste. E davvero, non ho nulla in contrario. Anzi, sono contento di esserci arrivato prima io, anche senza essere stato notato abbastanza: sono soddisfazioni! S
olo di una cosa mi rammarico un poco: che il mio progetto non sia andato avanti, magari in un bel team ed io assieme a loro! Già, peccato!
Quando a volte ci capita che dopo tanto entusiasmo e tanto lavoro veniamo a scoprire che una nostra idea, una parte di essa, o anche solo la sua essenza è stata realizzata e presentata in pompa magna da altri, senza essere stati coinvolti e neppure chiamati… salutati.
Un ultimo particolare mi rende, però, contento: la nuova barca “Sian” non ha le finestrature ispirate ai fanali con cornice led e … soprattutto non può ospitare una Sian al proprio interno! E ora sono curioso di vedere quanto tempo passerà prima che riusciranno a caricarcela a bordo!”<p style=”text-align: center;”></p>

