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Festa della tradizione marittima mediterranea: Escale à Sète

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La festa delle tradizioni marittime di quest’anno si è conclusa con un successo superiore alle previsioni: una dozzina di grandi velieri e 150 imbarcazioni tradizionali hanno fatto rotta sul porto della città francese.

Col favore di giornate di sole primaverile, le banchine del porto, animate da una cinquantina di gruppi musicali, folkloristici e di rievocazioni storiche, hanno attirato più di 400.000 visitatori, mentre diverse migliaia hanno acquistato i biglietti che permettevano di visitare i velieri maggiori. Escale à Sète si presenta ormai come la maggiore festa mediterranea dedicata alla marineria tradizionale. Si pone quindi su un livello più articolato rispetto ai raduni di Tall Ships che si focalizzano soprattutto sulla presenza dei grandi velieri o alle regate di yacht d’epoca che, per definizione, non possono ambire ad esser definite del tutto “popolari”.

Ci si può domandare come abbia fatto una città come Sète, che conta poco più di 50.000 abitanti ed è conosciuta soprattutto come il maggior scalo peschereccio della Francia mediterranea ma è priva di particolari richiami turistici e lontana dalle grandi aggregazioni urbane, a raggiungere tali obiettivi.

La risposta, innanzi tutto, sta nella continuità di questo appuntamento biennale, giunto ormai alla sua sesta edizione: Escale à Sète, nata come un festival dedicato alle tradizioni musicali del mare, edizione dopo edizione ha saputo crescere, mutuando idee e prospettive dalle esperienze di altre feste marittime, come Brest o la Semaine du Golfe du Morbihan della Bretagna.

Si sono così potuti mettere a punto numerosi collegamenti e relazioni, coinvolgendo un numero sempre crescente di associazioni, di armatori e di Paesi. Wolfgang Idiri, l’ideatore e organizzatore di Escale à Sète ha dichiarato: “Abbiamo fatto in modo che il pubblico sia veramente al centro della manifestazione. Ricordo che si tratta di un evento essenzialmente gratuito, rivolto a tutti, che propone una settimana di eventi, di incontri e di convivialità. A partire dal 2010, siamo rimasti fedeli ai quattro obiettivi che sono di riferimento per la nostra organizzazione: la preservazione della cultura e del patrimonio marittimo; la solidarietà; la protezione dell’ambiente e la trasmissione del sapere della gente di mare e di fiume.”

I numerosi concerti ed esibizioni di bande musicali in programma ricordavano che Sète è stata la patria di Georges Brassens, un artista che ha avuto una notevole influenza sui cantautori della “scuola genovese” degli anni ‘60: primo fra tutti Fabrizio De Andrè. Una manifestazione rivolta al largo pubblico offriva poi molto spazio agli interessi delle famiglie: oltre alle visite dei grandi velieri e alle parate, numerose erano le occasioni riservate ai più piccoli. L’associazione Capitain Pic offriva ai bambini l’esperienza di governare dei modelli di barchette a vela su uno specchio d’acqua investito dal vento mosso da grandi ventilatori. Accanto, per i ragazzi era possibile di salire a riva sui pennoni di un albero attrezzato a vele quadre mentre i genitori più volenterosi affrontavano la fatica di azionare un grinder che muoveva una giostra di barche a vela.

La manifestazione si connotava poi per la sua ricca offerta gastronomica, rappresentata dai tanti vini dell‘Occitania, dalle ostriche e dalle cozze della vicina laguna di Thau. Altre specialità locali sono le tielle, focaccine ripiene di polpo, importate a Sète nell’Ottocento della massiccia immigrazione di pescatori provenienti da Gaeta. Per molti, una piacevole scoperta era rappresentata dalla rouille (ruggine), una ricetta tipica della costa mediterranea francese. Si tratta di una variante della maionese, con aggiunta di zafferano e peperoncino, perfetta per insaporire i piatti di pesce. Tra le tante esibizioni che hanno animato lo spazio portuale, quella del Club des rouleurs de barriques è risultata tra le più coinvolgenti. Visto che il retroterra di Sète presenta delle vaste zone vinicole, il porto è sempre stato un importante centro di commercio del vino.

Un tempo i dockers avevano affinato la tecnica di far muovere le botti facendole ruotare rapidamente su loro stesse. Oggi questa viene fatta rivivere di fronte al pubblico, raggiungendo punti di virtuosismo circense.

Quest’anno i Paesi Bassi sono stati gli ”invitati d’onore” della manifestazione e il loro villaggio era affollato da artigiani intenti nelle loro occupazioni: si poteva ammirare l’opera di fabbri, cordai, maestri d’ascia e un (fumoso) laboratorio di affumicatura di deliziose aringhe, da mangiare rigorosamente con le mani. In mare, meritava di essere sottolineata a presenza di quattro lunghe e strette péniches centenarie, perché queste avevano raggiunto Sète partendo da Amsterdam utilizzando la rete dei canali e dei fiumi, coprendo così una distanza di oltre 1000 chilometri e attraversando 221 chiuse. Giunte in Mediterraneo nel dicembre del 2019, a causa del Covid se ne erano poi dovute tornare mestamente in Olanda, mentre quest’anno hanno ripercorso con successo la stessa rotta. In banchina erano poi attraccati il Morgenster (stella del mattino), un brigantino di 48 metri che svolge da anni crociere nei mari nordici, e l’Oosterschelde, una goletta a tre alberi di 50 metri che ha al suo attivo navigazioni in tutti i mari del mondo: dallo Spitzbergen al Giappone, dalle Americhe alla Nuova Zelanda.

Lo specchio d’acqua del mercato del pesce ospitava poi la flottiglia delle barche tradizionali del Mediterraneo e offriva così uno straordinario colpo d’occhio su qualche decina di catalanes e di gozzi a remi e a vela latina, con i loro agili scafi colorati a tinte vivaci.

Il veliero di maggiori dimensioni presente in porto era il tre alberi Mircea, nave scuola degli ufficiali e dei sottoufficiali della marina romena. L’unità, lunga più di 82 metri, fu varata dai cantieri di Amburgo Blohom & Voss nel 1938 e, a partire dal 1975, è stata ospite assidua dei grandi raduni internazionali.

Quest’anno le ricostruzioni di velieri di epoca rinascimentale erano tre, tutte provenienti dalla Spagna: la Nao Trinidad, la Nao Victoria, componenti della flotta di Ferdinando Magellano, e El Galleòn, un galeone spagnolo del ‘500 le cui imponenti dimensioni hanno fatto sì che fosse una delle unità più visitate. Le fiancate panciute di questi scafi erano in netto contrasto con le linee slanciate ed eleganti della Pasqual Flores, una goletta a tre alberi spagnola di 34 metri, costruita nel 1917. La presenza in porto di tante alberature di Tall ships nascondeva un’assenza: quella della fregata russa Shtandart. Si tratta della ricostruzione della prima nave da guerra russa, realizzata nel 1705 dallo zar Pietro il Grande, che pose le fondamenta della potenza russa sul mare. Alla fregata, il cui arrivo era previsto nel programma originale della festa, le autorità locali hanno però negato il permesso di attracco, per evidenti motivi di opportunità.

Il nostro Paese, oltre che dalla goletta Pandora dell’Associazione Vela Tradizionale della Spezia, era rappresentato dall’ AVEV (Associazione Vele d’Epoca Verbano) del Lago Maggiore, il cui stand metteva in mostra un’elegante inglesina trattata a vernice e un gozzo ligure. Dal punto di vista musicale va infine segnalato il successo del gruppo dei Luf (lupi, in dialetto bergamasco): una band folk-rock che propone una serie di pezzi coinvolgenti che non manca mai di suscitare la partecipazione attiva del pubblico. Il 18 aprile sera, sul palco dell’emozionante concerto di chiusura della manifestazione il “capo branco” dei Luf, Dario Canossi è stato raggiunto da Wolfgang Idiri e Paolo Sivelli, l’animatore dell’AVEV, che dopo aver cantato tutti insieme l’ultimo pezzo, si sono dati appuntamento per la prossima edizione, in programma dal 26 marzo al 1 aprile del 2024.

PANDORA VS. LA GRACE

Se le banchine del porto erano animate tutto il giorno da gruppi folklorici, sfilate in costume e bande musicali, lo spettacolo non poteva mancare anche in mare, con gare di lance a remi e sfilate di barche a vela latina. L’episodio più scenografico è stato la ricostruzione di una battaglia navale combattuta a cannonate tra due navi della fine del Settecento: l’italiana Pandora e la ceca La Grace. Queste due ricostruzioni storiche hanno in comune non solo il fatto di esser manovrate con un’attrezzatura d’epoca, ma anche le coincidenze che hanno segnato la loro gestazione.

A partire dagli anni ’90, con caduta del muro di Berlino, nell’Europa dell’Est prese infatti vita una serie di progetti di ricostruzione di imbarcazioni storiche. Il brigantino La Grace, che batte la bandiera della Repubblica Ceca e il cui porto d’armamento è Praga, vuole ricordare l’avventuriero e corsaro Augustine Herman, uno dei rari uomini di mare espressi da quella nazione. La nave è stata costruita in Egitto nel 2009 per iniziativa di un’associazione di appassionati, su piani dell’architetto svedese Fredrik Henrik Af Chapman, autore del testo del ‘700 Architectura Navalis Mercatoria.

La goletta a gabbiole Pandora, costruita in Russia negli anni ’90, anch’essa sui piani di Chapman, appartiene dal 2012 all’Associazione Vela Tradizionale di La Spezia, che la utilizza come scuola di formazione al mare per i giovani e per un ricco calendario di attività socio-culturali.<p style=”text-align: center;”></p>

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