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Dalmazia: testimonianze di storia marittima

Dalmazia

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Lungo la costa della Dalmazia serpeggia la Jadranska Magistrala, la litoranea che collega Rijeka a Dubrovnik, attraversando tante località dal ricco passato marittimo.

Un percorso lungo questa costa, soffermandosi tra musei navali e imbarcazioni tradizionali, permette di avvicinarsi alla storia, complessa e tormentata, della sponda orientale dell’Adriatico.

Le “strade del mare” sono sempre state una scelta obbligata per le comunità costiere dalmate perché l’orografia della regione, oltre a una quantità di isole spoglie, dalle scarse zone coltivabili, è caratterizzata da una vera e propria barriera montuosa a strapiombo sul mare: una catena, che rende ardui i rapporti con l’interno del Paese. Ѐ La muraglia del Velebit, che incombe sulla costa già all’altezza di Rijeka/Fiume e che si allunga poi per centinaia di chilometri verso Sud, fino alle foci del fiume Neretva. Solo là, finalmente, si apre sul mare un’ampia e profonda pianura alluvionale, fertile e adatta all’agricoltura.

A Rijeka/ Fiume la partenza dell’itinerario è segnata dall’imponente massa del Palazzo del Governatore, edificato nel 1896. In quel periodo la città era stata attribuita alla componente ungherese dell’Impero, di cui il porto di Fiume divenne il principale sbocco a mare. È qui che è ospitato il Pomorski i Povijesni Muzej Hrvatskog Primorja che nei suoi sontuosi saloni presenta una ricca collezione di reperti marittimi: anfore, polene, quadri, imbarcazioni, modelli di velieri, che vanno dall’antichità classica fino al Novecento. Le esposizioni si soffermano sul periodo dalla fine del XVIII secolo alla metà del XX, ovvero l’età d’oro del Quarnero, che vide lo sviluppo del porto e la costruzione di moderni cantieri navali.

Nel porto della città, nel prossimo futuro, verrà ormeggiato il Galeb, una nave varata dall’Ansaldo di Genova nel 1938 con il nome di Ramb III, la cui storia è notevole. Durante la guerra, convertito in incrociatore ausiliario della Regia Marina, fu impiegato in missioni di scorta ma nel 1943 fu catturato dai nazisti: ribattezzato Kiebitz, fu trasformato in posamine e fu affondato nel 1944.

Il “Galeb” nel porto di Rijeka

Dopo essere stato recuperato, nel dopoguerra divenne nave scuola della Marina Militare jugoslava. A partire dal 1953, quando portò Tito fino a Londra per un incontro con Winston Churchill, svolse la funzione di nave di Stato. In tale veste il Galeb, in un periodo in cui la Yugoslavia aveva un ruolo diplomatico centrale tra i “paesi non allineati” e cioè non schierati direttamente con Mosca o con Washington, ospitò a bordo numerosi Capi di Stato, ma anche personalità dello spettacolo. Crollata la Yugoslavia, alla fine degli anni ’90 fu venduto a un armatore greco ma per diversi anni rimase in stato di totale abbandono.

Nel 2006, dopo che il Ministero della Cultura della Croazia definì la nave “bene culturale”, fu acquistato dalla città di Fiume per trasformarlo in museo.

Saranno quindi visitabili dal pubblico le parti residenziali più lussuose della nave, tra cui il salone degli ospiti, quello principale, la sala da pranzo e la suite di Tito.
Seguendo la Magistrala verso Sud, vale la pena di prendere il ponte che conduce all’isola di Krk /Veglia. Qui, nascosto tra i vicoletti del centro storico medioevale, si può scoprire un museo privato, allestito con criteri moderni.

Due modelli di Zelijko Skomeršic nel museo di Krk

L’artefice di questo Centro di Interpretazione del Patrimonio Marittimo dell’isola di Veglia è Zelijko Skomeršic che, oltre a essere esperto di storia marittima, è anche un modellista raffinato. In un paio di sale egli ha radunato alcuni splendidi modelli di imbarcazioni adriatiche, oltre a una collezione di carte, documenti e strumenti marittimi. Se gli viene richiesto, Zelijko Skomeršic sarà poi felice di accompagnarvi al porto, dove è ormeggiato il bragozzo Paolina, di cui ha curato il restauro. Questa barca da pesca, di un tipo ormai scomparso sulla costa della Dalmazia, rappresenta un esempio di collaborazione internazionale: è stata infatti donata due anni fa al Comune di Krk/Veglia dall’associazione veneziana Arzanà.

A pochi chilometri di distanza, vicino a Punat, un traghettino consente di raggiungere in pochi minuti l’isolotto di Košljun: è un luogo di pace e tranquillità dove il tempo sembra essersi fermato, nonostante che sulla costa di fronte sorga un’imponente marina che ospita centinaia di yacht.

Qui sorge un monastero francescano al quale è annesso un piccolo museo etnografico, dove si conservano oggetti dei pescatori e dei contadini del luogo. Tra questi va segnalato un raro esemplare di una canoa monossila, utilizzata per pescare i tonni sotto costa da Monfalcone alle coste istriane e dalmate: in triestino era detta zopolo o zoppolo, in slovenoĉcupa e in croato copul. Lo scafo veniva ricavato da un unico tronco di pino scavato ad ascia, al quale a volte si aggiungevano due tavole di legno laterali, per alzarne i bordi.

Ne risultava uno scafo a pianta rettangolare, lungo circa 6-7 metri e largo solo 70 centimetri. Nella parte poppiera era montata una traversa di circa 5 metri, alle cui estremità erano inserite le forcole di remi di 6 metri, utilizzati vogando in piedi. Questi stabilizzavano poi il natante durante le operazioni di pesca.

Sopravvivono oggi altri due esemplari di zoppoli, costruiti ad Aurisina: il Maria, (del 1890), conservato nel museo etnografico di Lubiana e il Lisa, (del 1882), esposto al Museo del mare di Trieste. Economica e rustica, è una delle imbarcazioni più curiose del Mediterraneo, che non mostra di aver avuto modifiche dai tempi della preistoria: sembra incredibile che sia stata in uso fino agli inizi del XIX secolo.

La fortezza di Nehaj a Senj

Tornati sulla costa, si giunge alla cittadina di Senj /Segna, un nome che oggi non ci dice molto ma che un tempo faceva dire alle genti adriatiche: “Che Dio ci guardi da quelli di Segna!” La città era infatti la patria degli uscocchi, i leggendari pirati e combattenti, che tra il Cinquecento e il Seicento hanno fatto tremare le comunità costiere dell’Adriatico. Scacciati dalle loro terre dall’avanzata turca nei Balcani e costretti a districarsi tra l’Austria e Venezia, gli uscocchi hanno praticato spesso la pirateria con mezzi navali ridotti, barche a remi lunghe in tutto una quindicina di metri. Non è quindi stata, la loro, una storia di navigazioni e di commerci, ma di guerre, di incursioni e di colpi di mano. Si diceva che le imbarcazioni degli uscocchi potessero risalire l’Adriatico senza che nessuno se ne accorgesse e che poi potessero sferrare incursioni improvvise, fino a Monfalcone.

Ivan Lencovi, capitano uscocco

Dalla loro, non potevano contare sul numero ma solo sul coraggio e la risolutezza, oltre ad una conoscenza perfetta delle coste e del regime dei venti. Erano così abili nello sfruttare a loro vantaggio i colpi di bora, che si diceva che avessero addirittura il potere di suscitarla. Il luogo che ne celebra le gesta e ne custodisce la memoria con documenti, modelli di imbarcazioni, costumi e armi, non può che essere la fortezza di Nehaj, costruita dagli uscocchi nel 1558 e che domina dall’alto le case della città.

Costume tradizionale uscocco

A Sud di Zara, lasciata per un breve tratto la Magistrala, si può raggiungere con un ponte l’isola di Murter/Mortero, Qui la meta è Betina, un villaggio di circa 800 abitanti che è uno degli ultimi luoghi dell’Adriatico dove si possono ancora scoprire, uno accanto all’altro, diversi cantieri tradizionali in piena attività.

Imbarcazione usata dagli uscocchi

Le dimensioni fisiche del Betina Museum of Wooden Shipbuilding, inaugurato un paio di anni fa, sono contenute: occupa gli spazi di due antiche case di pescatori. L’interesse della struttura, oltre che dai reperti in esposizione, è dato dalle testimonianze degli anziani del luogo. L’associazione locale, Betina Gajeta 1740, ha infatti dato la parola ai marinai e ai maestri d’ascia dell’isola, registrando i loro ricordi e le loro testimonianze. Filmati e interviste, che rappresentano un esempio di cooperazione con la comunità locale, accompagnano il pubblico lungo la visita.

Oggi gli abitanti continuano a svolgere un ruolo attivo nell’aggiornamento delle collezioni, utilizzando un database aperto, creato per questo scopo. Nel 2019, tra i riconoscimenti ricevuti dal museo, va citato il prestigioso premio dell’Unione Europea per il “Patrimonio Culturale/ Europa Nostra”, nella categoria “Educazione, Addestramento e Sviluppo della Consapevolezza”. In estate, la banchina portuale davanti al museo ospita una “sezione galleggiante” che raccoglie 45 imbarcazioni tradizionali, di cui una ventina sono attrezzate con la vela latina. Tipica del luogo è la Betina gajeta, un’imbarcazione tuttofare a vela latina della lunghezza di 5-8 metri: era utilizzata per pescare ma anche per trasportare materiali, persone e bestiame alle isole Incoronate.

Rispondeva così alle necessità degli abitanti dei due villaggi dell’isola: Betina e Murter, che possedevano delle minuscole e povere proprietà fondiarie sparpagliate lungo le coste sassose e inospitali delle Incoronate, la cui natura selvaggia è oggi protetta dall’istituzione di un parco nazionale. Un tempo l’uso quotidiano di queste barche era così esteso che si racconta che non pochi bambini del luogo abbiano visto la luce a bordo di una gajeta… Murter è poi conosciuta per ospitare ormai da molti anni il Latinsko Idro, ovvero la più importante regata della vela latina della Dalmazia, che attrae imbarcazioni tradizionali da tutto l’Adriatico.
Al porto di Split/Spalato, come in altri scali dalmati, non è difficile imbattersi in qualche esemplare di trabaccolo, privo dell’alberatura e convertito in barcone per brevi uscite turistiche. Alcuni di questi scafi, che spesso risalgono alla fine dell’Ottocento, sono ancora in buone condizioni e meriterebbero di essere valorizzati perché sono gli ultimi velieri da cabotaggio dell’Adriatico.

Bakar

Sembra tuttavia che le autorità croate non ne apprezzino la rilevanza. Il Muzej Dubrovackog Pomorstva, fondato nel 1949, è il maggiore e più completo museo navale della Croazia: è situato all’interno di un antico bastione della cinta delle mura. Il cortile presenta la prima sorpresa, perché vi è sistemata l’intera parte prodiera di una nave mercantile, il Bakar, e una gajeta da pesca che risale al 1867, la Perina.

Modello di Zelijko Skomeršic nel museo di Krk.

All’ingresso, i visitatori sono accolti da un enorme “pithos”, ovvero un vaso di ceramica risalente al I/II secolo A.D. che era utilizzato per la conservazione dei pesci vivi. Un spazio è poi dedicato alle attività di pesca della costa dalmata, con esibizioni originali sulla pesca del corallo, sull’acquacoltura delle spugne e sulle industrie di conservazione del pesce.

Si passa a un’esposizione sulla marineria velica dalmatica, dall’antichità agli inizi del Novecento e a una sezione dedicata allo sviluppo dei motori marini, fabbricati a Spalato a firma “Rossi”. Nel museo non poteva mancare una parte dedicata alle navi militari, illustrate da artiglierie e modelli. Il modello della fregata Split attrae l’attenzione, poiché si tratta forse dell’unica nave militare al mondo che – nel caso specifico, durante la “Battaglia dei canali dalmati” del novembre 1991 – abbia aperto il fuoco contro una città che portava il suo stesso nome.

La parte più originale della sezione militare è quella dedicata al contributo dato all’invenzione del siluro da parte dall’ufficiale croato Ivan Lupis (1813- 1875), un’arma che fu poi perfezionata e prodotta in serie nelle officine fiumane dall’ingegnere Robert Whitehead. Nell’uscire dal museo si notano, abbandonate in un angolo, tre grandi lettere in bronzo. Queste, che compongono il nome R-E-X, rappresentano un reperto storico che meriterebbe una migliore presentazione.
A un centinaio di chilometri a Nord di Dubrovnik si incontra Ploce: è un porto alla foce del fiume principale della Dalmazia, la Neretva (Narenta) il cui corso si svolge però in gran parte in Bosnia-Erzegovina. Qui, il secondo sabato di agosto, si può assistere all’avvincente spettacolo della Lada Maratona, che vede gareggiare più di quaranta di queste imbarcazioni di fronte a un folto pubblico.

La partenza avviene dal ponte di Metkovicć e agli equipaggi occorrono più di due ore e mezza per raggiungere Ploce, che è a 22,5 km di distanza. Le lada sono barche dalle forme inconsuete, con scafi dalle fiancate così basse da sembrare appena poggiati sull’acqua: i dieci rematori, inginocchiati, le muovono per mezzo di pagaie, mentre il timoniere impugna un lungo remo. Nella storia hanno avuto un rilevante ruolo di collegamento con il mondo esterno: per secoli sono state il principale mezzo di trasporto dei contadini che le utilizzavano per raggiungere i propri campi, lungo la Neretva e attraverso la rete dei canali di irrigazione.

Arrivati finalmente allo splendido centro storico di Dubrovnik/Ragusa, non è difficile individuare il Pomorskj Muzei, situato com’è nel massiccio torrione del forte di San Giovanni che difendeva il porto e gli scali dell’arsenale, i cui voltoni sono oggi occupati dai ristoranti. Il museo, nei suoi due piani espositivi, traccia l’evoluzione del potere marittimo di Ragusa nel corso di secoli su tre tematiche principali: sviluppo storico della città; navigazione a vela; navigazione a vapore. Espone quindi un vasto materiale documentaristico, oltre a modelli, strumenti nautici, polene e dipinti.
Particolarmente ricca è la raccolta di attrezzi di carpenteria navale, che annovera ben 390 pezzi. Il fascino del luogo è poi aumentato dalla possibilità di sbirciare attraverso le feritoie della fortezza la distesa di tegole rosse che coprono i tetti del centro storico.

UNA REPUBBLICA MARINARA: RAGUSA

La storia di Ragusa segue la stessa traiettoria delle nostre repubbliche marinare e cioè di città-stato che, facendo leva sulle loro marinerie, poterono giocare ruoli storici più rilevanti di quelli che sarebbero spettati alle loro dimensioni. Ragusa si sviluppò sotto l’ala della potenza bizantina, nel periodo in cui in Italia nascevano i Comuni, e da subito fu governata da uomini decisi ad avviare un approccio politico nei rapporti con gli stati vicini. In tal modo instaurò rapidamente relazioni economiche con varie comunità adriatiche e mediterranee. Con il declino di Bisanzio, nel 1236 la città accettò la protezione politica di Venezia, con la quale condivideva l’interesse a difendersi dall’incalzante pirateria adriatica.

La partenza della regata delle Lada

Un secolo dopo, nel 1358, il Maggior Consiglio raguseo trattò per vie diplomatiche l’indipendenza politica da Venezia. Va sottolineato che proprio la diplomazia fu sempre la specialità di Ragusa: la città, troppo modesta di territorio e di popolazione (mediamente 30.000 abitanti), solo con tale arte e con il denaro riuscì a controllare i suoi confini. La finanza rappresentava uno dei suoi punti di forza, visto che batteva moneta propria in argento.

La flotta mercantile dei ragusei alla fine del XVI secolo contava 180 navi, con una portata complessiva stimata in 700.000 ettolitri di grano, la sua merce più comune, che acquistava in Puglia e in Sicilia per rivenderla al Nord. I suoi cantieri navali erano dislocati sulle isole vicine, soprattutto a Gravosa ma anche a Curzola, ed erano gestiti in modo simile all’arsenale di Venezia. Nel primo quarto del ‘700 iniziò il suo declino mercantile, segnato, come per Venezia, dalla concorrenza delle navi inglesi e olandesi nei traffici mediterranei.
Tuttavia nel 1806, sotto la sua bandiera di San Biagio, navigavano ancora 277 navigli (molti non erano ragusei ma ne traevano vantaggio). La bandiera venne ammainata definitivamente dai francesi il 26 dicembre 1808, 11 anni dopo la conquista di Venezia da parte di Napoleone.

Qualche indirizzo:

Rijeka Pomorski i Povijesni Muzej Hrvatskog Primorja, Trg. Riccarda Zanelle, 1.
Krk Interpretacijski Centar Pomoske Baštine Otoka Krka, Frankopanska Ulica 1.
Seni Gradski Muzej, Ulica Milana Ogrizoviča
Betina Betina Museum of Wooden Shipbuilding, Vladimira Nazora 7,
22244, muze@mbdb.hr
Split Hrvatska Pomorski Muzej, Glagoljaša 18 – hpms@hpms.hr
Dubrovnik Pomorski Muzej. Kneza Damjana Jude,

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