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“Chi conosce il mare lo rispetta”, intervista all’Ammiraglio Nicola Carlone, comandante generale Capitanerie di Porto – Guardia Costiera

intervista

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A quasi un anno dalla sua nomina, incontriamo il comandante generale delle Capitanerie di Porto – Guardia Costiera. Le novità tecnico-organizzative del Corpo; la situazione russo-ucraina; l’immigrazione clandestina; il diporto che cresce. Soprattutto, alle soglie della stagione estiva, i consigli di un Marinaio con la M maiuscola.

ammiraglio Carlone
L’Ammiraglio Nicola Carlone

È nato a Minervino Murge, una località collinare dell’entroterra barese, a 450 metri sul livello del mare dove, curiosamente, c’è un faro: un monumento votivo dotato di una lanterna che lo rende visibile anche di notte a grande distanza. Da lì, lo sguardo del giovanissimo Nicola Carlone poteva spaziare sul mare Adriatico, dal Gargano al Golfo di Manfredonia. Un richiamo irresistibile che ha trovato la sua realizzazione nel 1978, con la sua ammissione all’Accademia Navale di Livorno e, dopo dodici anni di intensa navigazione operativa sulle unità della Marina Militare, lo ha visto entrare nel corpo delle Capitanerie di Porto – Guardia Costiera, di cui è diventato comandante il 25 luglio 2021.

Dunque, ammiraglio Carlone, è ormai quasi un anno che ha assunto il comando del Corpo. Quali novità ha introdotto sul piano organizzativo?
Da quando ho assunto il privilegio e la responsabilità di guidare il Corpo, sotto il profilo organizzativo e strumentale sono state varate due misure che ritengo essenziali per il presente e soprattutto per il futuro della Guardia costiera e che avranno un impatto rilevante.

Con la legge 121 del 2021 è stata affidato al Comando generale delle Capitanerie di porto il ruolo di Autorità nazionale competente alla implementazione creazione e gestione della European Maritime Single Windows Environment, sistema che consente di creare un’interfaccia unica nazionale rispetto alla trasmissione e condivisione con gli altri Paesi europei di tutti i dati relativi ai traffici marittimi mercantili che si svolgono nel nostro Paese.

Grazie a questa norma abbiamo anche definito le risorse e il piano degli interventi per semplificare e digitalizzare tutte le nostre attività amministrative e rendere un servizio all’utenza marittima che possa essere al passo con i tempi.

Altra misura di rilievo è stata l’attivazione di un processo di ammodernamento profondo della nostra componente navale, sia d’altura sia costiera, che oggi ha bisogno di un rinnovamento in termini di efficienza operativa e di sostenibilità ambientale, in linea con gli obiettivi europei del new green deal e nazionali del PNRR.
L’ultima legge di bilancio ha, in tal senso, previsto risorse finanziarie adeguate a carattere pluriennale che consentiranno nei prossimi anni di progettare e realizzare una componente navale efficiente e all’altezza con le nuove future sfide da affrontare.

Significa con una particolare attenzione anche al green?
Certamente sì. È estremamente importante curare l’aspetto ambientale dei nostri mezzi, in particolare per tutto ciò che ha a che fare con le aree marine protette, che rendono l’Italia tra i Paesi più virtuosi, con 29 aree di questo tipo già esistenti e altre che si aggiungeranno.
Anche per questo, uno dei miei progetti – un sogno nel cassetto, sicuramente anche un po’ romantico – è quello di creare una componente nautica ancora più forte, basata su un personale delle Capitanerie di Porto che sappia anche andare a vela.

Ci sono vari progetti che metteremo in campo ma uno è già in fase avanzata di realizzazione: a Napoli stiamo allestendo un’unità di 27 metri che, oltretutto, ci permetterà di svolgere diverse attività in campo ambientale.

Quando la vedremo in mare?
Spero di poterla portare all’edizione 2023 della Barcolana. Prima barca a vela della Guardia Costiera.

Si dice sempre che in Italia è molto difficile cambiare qualcosa. Questo vale anche per il Corpo?
La Guardia Costiera è un’organizzazione efficiente ma assolutamente complessa e articolata, dove ogni componente ha un ruolo e una funzione, amministrativa o operativa, e si interfaccia organicamente con gli altri elementi dell’organizzazione.

Questo aspetto, che in sé costituisce uno dei punti di forza delle Capitanerie di Porto definendone anche il grado di flessibilità e resilienza ai cambiamenti, rende, tuttavia, estremamente delicato intervenire sul piano organizzativo soprattutto per gli effetti sulle altre componenti.
In tale quadro è costante e continua l’opera di analisi e studio delle misure più efficaci per rendere la Guardia Costiera sempre più professionale, pronta, presente sul territorio – comprese le principali realtà lacustri nazionali del Garda e del Lago Maggiore – e proiettata nella dimensione internazionale.

Sono queste, a mio giudizio, le principali leve che potranno garantire a un’organizzazione come la nostra, che ha forti radici nel passato, anche grandi obiettivi e prospettive per il futuro.

Diversi dicasteri si occupano di mare. Come vedrebbe un Ministero ad hoc?
Il dibattito pubblico sulla questione rappresenta in sé un fattore sicuramente positivo e da tempo auspicato, poiché pone le premesse per una piena consapevolezza dell’Italia anche come “paese marittimo”.
Inoltre, per parte nostra, le Capitanerie di porto, quali autorità marittime periferiche, già oggi rappresentano il punto di congiunzione di gran parte delle funzioni inerenti al mare e ai suoi usi civili, sebbene svolte in dipendenza funzionale da più Ministeri.

Tuttavia, ritengo che la vera questione, al di là di quelle che sono le opinioni sulle varie ipotesi di architetture istituzionali, sia quella di individuare meccanismi di coordinamento appropriati tra le varie amministrazioni interessate, funzionali a definire un sistema marittimo coerente e plurale tale da valorizzare le specifiche professionalità ricadenti nei singoli Ministeri e, al tempo stesso, indirizzarle verso obiettivi comuni che il nostro Paese intenderà perseguire.

Le Capitanerie di porto – Guardia costiera sono oggi parte sempre più integrata e integrante di un Ministero che si occupa di mare, di navigazione e di porti ma anche di infrastrutture, di trasporto e logistiche funzionali alle varie modalità di trasporto.
Su tali presupposti l’ipotesi di un Ministero del mare è, a mio avviso, ancora a livello di suggestione e quindi non realmente praticabile.

Un argomento inevitabile per la sua stringente attualità: in che misura la situazione russo-ucraina sta impegnando il Corpo?
I profili che ci vedono coinvolti in relazione alla crisi in atto sono diversi. In particolare, il Comando generale, come forse noto, ha recentemente emanato disposizioni dettagliate per supportare gli Uffici marittimi nella individuazione delle procedure da applicare alle navi sottoposte a sanzione, svolgendo anche una puntuale ed efficace opera di coordinamento e partecipazione presso gli organismi dell’Unione Europea che hanno adottato i relativi regolamenti.
Abbiamo fornito, inoltre, il nostro supporto informativo, anche nei casi di congelamento di unità da diporto appartenenti a persone fisiche o società colpite dalle sanzioni europee.

In entrambi i casi, grazie ai nostri sistemi di monitoraggio del traffico marittimo mercantile, siamo riusciti ad acquisire, gestire e analizzare moltissime informazioni relative al naviglio di interesse rendendole disponibili alle varie Amministrazioni dello Stato per le loro specifiche attività istituzionali.

Inoltre, sotto il coordinamento del Dipartimento della Protezione Civile della Presidenza del Consiglio, con i nostri mezzi aerei stiamo contribuendo al trasporto in Italia di cittadini ucraini da sottoporre a urgenti cure mediche.

Esiste un nuovo modello di cooperazione tra le Guardie Costiere europee?
Questo rappresenta un elemento e un obiettivo oggi più che mai essenziale. Le interazioni tra Paesi che operano nel medesimo orizzonte spaziale e operativo impongono sempre più numerose e serrate forme di condivisione e confronto delle rispettive capacità: la Guardia Costiera italiana da sempre promuove e favorisce incontri nei quali definire congiuntamente best practice e soluzioni a problematiche che sono comuni per la maggior parte delle organizzazioni che operano sul mare. Proprio quest’anno, la Guardia Costiera italiana organizza e presiede il Forum delle Guardie Costiere del Mediterraneo, appuntamento che si svolgerà nel prossimo mese di settembre a Napoli nel quadro della Naples Shipping Week, tradizionale momento corale di discussione tra stakeholder marittimi.

A livello sia europeo sia mediterraneo, ma anche internazionale in genere, la Guardia Costiera italiana costituisce sempre più un punto di riferimento per gli ambiti operativi e formativi, individuando e aggiornando percorsi specifici dedicati alla sicurezza della navigazione, al soccorso in mare, alla tutela dell’ambiente marino e delle risorse ittiche, tutte attività riconducibili a quelle funzioni di Guardia Costiera ormai patrimonio consolidato e certificato dell’Unione europea.

L’atmosfera bellica e la condizione pandemica hanno un po’ relegato sullo sfondo l’emergenza dell’immigrazione clandestina. Qual è la reale situazione attuale?
Il fenomeno dell’immigrazione irregolare diretta verso l’Europa e verso l’Italia in particolare, porta di ingresso marittima in Europa, non si è mai fermato né durante gli anni dell’emergenza pandemica né adesso rispetto alla crisi russo-ucraina. Anzi, stiamo notando un incremento di flussi specialmente dal versante del Mediterraneo orientale in relazione alle principali zone di instabilità geopolitica che insistono sul bacino marittimo. Non solo Lampedusa quindi, ma anche Crotone e Roccella Ionica con un impegno operativo per la ricerca e soccorso in mare ancora molto elevato sia qualitativamente sia quantitativamente. Un’emergenza continua e ormai strutturale, che continuiamo ad affrontare con uomini e mezzi, capacità e competenze, ormai da molti anni e per la quale non abbiamo mai smesso di attrezzarci e aggiornarci per svolgere al meglio un compito delicato e fondamentale perché chiama in causa la vita e la sopravvivenza di molte persone.

Aggiornamenti di che tipo?
Ci sono stati aggiornamenti organizzativi, operativi, strumentali e formativi costanti: penso alle maggiori dimensioni e prestazioni richieste ai nostri pattugliatori, per consentir loro di operare efficacemente anche a elevate distanze dalla costa, e penso alla figura del rescue swimmer che, mutuata dall’esperienza statunitense, consente di intervenire a favore di un numero elevato di persone in pericolo di annegare, direttamente operando in acqua e non dal mezzo nautico di appoggio. I nostri equipaggi sono, inoltre, da sempre attrezzati per far fronte al contatto con persone provenienti da aree geografiche in cui vi sono particolari profilassi sanitarie di cui tenere conto, e da sempre, ben prima della pandemia, operiamo con dispositivi di protezione individuale idonei. Sotto il profilo dell’immigrazione e dei soccorsi a migranti, le nostre giornate e le nostre notti, quindi, non sono cambiate ma, con l’arrivo della bella stagione e con l’attuale contesto, è immaginabile che il fenomeno non si arresti e anzi possa trovare un incremento contingente per le condizioni climatiche favorevoli.

Siamo ormai agli inizi della stagione diportistica per eccellenza. Come vi state preparando per affrontarla?
A breve sarà adottata la consueta direttiva estiva ministeriale che, come ogni anno, fornirà concreti indirizzi operativi per le varie organizzazioni dello Stato operanti sul mare, per lo svolgimento dei controlli di sicurezza sulle unità da diporto, sotto il coordinamento della Guardia Costiera, con l’obiettivo di razionalizzare e favorire l’ordinato svolgersi delle attività marittime e diportistiche.
In tal senso, sarà replicata l’iniziativa del ‘bollino blu’ che consentirà di evitare le duplicazioni e reiterazioni delle verifiche in mare. Ma non tutto può essere disciplinato e regolato da norme, circolari o direttive. Ecco allora l’inevitabile e auspicabile ricorso al “buonsenso” e al senso di responsabilità di chi va per mare, che dovrebbe essere patrimonio di quella cultura marinara che ci auguriamo essere sempre più diffusa e che cerchiamo di coltivare e promuovere fin dai banchi delle scuole.

Va in questa stessa direzione la rubrica mensile che, da Marzo 2021, la nostra rivista dedica ai salvataggi compiuti dalla Guardia Costiera nel settore del diporto. Un suo commento?
Sono fortemente convinto che la sicurezza in mare passi, prima di tutto, attraverso la prevenzione e la consapevolezza dei pericoli che possono riservarsi a chi va per mare senza il necessario senso di prudenza. È in quest’ottica che, evidentemente, si pone la rubrica “Mayday Guardia Costiera”, nata da una collaborazione editoriale strutturatisi negli anni tra Nautica e l’Ufficio Comunicazione del Comando generale, prefissandosi di parlare – attraverso un canale privilegiato e dal grande seguito – alle coscienze dei diportisti. Ciò con la finalità di mettere a fattor comune gli errori di valutazione e gli insegnamenti che si possono trarre da una brutta avventura in mare che si è poi risolta con l’intervento della Guardia Costiera. Inoltre, il taglio innovativo che mira a coinvolgere gli stessi interessati, attraverso la loro diretta testimonianza e racconto degli eventi, costituisce a mio avviso una chiave editoriale vincente e moderna, come deve essere un linguaggio finalizzato a raggiungere il maggior numero di persone possibile.

E gli utenti vi hanno premiato con un indice di gradimento che l’Eurispes ha misurato del 78,3 per cento.
Esattamente. Ed è un motivo di grande soddisfazione.

Un suo parere sul diporto italiano?
In passato, da noi, la nautica da diporto era considerata un’attività di élite. Oggi, invece – e lo abbiamo visto soprattutto in quest’ultimo periodo di pandemia – la fortissima presenza lungo le nostre coste dimostra che sempre più italiani vanno in barca. Questo significa finalmente una maggiore consapevolezza del mare e un’attività che muove tantissimo indotto.
Nella mia esperienza genovese, per esempio, ho potuto vedere come il salone nautico attiri davvero tanto pubblico e, allo stesso tempo, sto vedendo come stanno crescendo o proliferando tanti altri saloni e questo è molto importante. Penso, per esempio a Venezia, a Bologna, a Olbia. Questo ci spinge, come Guardia Costiera, a mandare segnali sull’uso corretto del mare, a rispettarlo.

Ammiraglio, Nautica, con la collaborazione della Guardia Costiera di Rapallo, ha svolto e pubblicato un severo test di sopravvivenza che ha messo in luce alcuni gravi difetti di una zattera regolarmente omologata. Qual è il suo parere circa il grado di efficacia, l’aggiornamento tecnologico e la funzionalità delle dotazioni di sicurezza attualmente prescritte per il diporto?
Il test di sopravvivenza eseguito dalla sua rivista è stato importantissimo perché è stato un campanello di allarme per ciò che riguarda, tra gli altri, l’omologazione, la conservazione, la revisione dei dispositivi. Ha quindi fornito una serie di spunti che potrebbero essere considerati nell’ottica del miglioramento di una norma tecnica che è in vigore dal 2002. Ci faremo portatori di una richiesta di coinvolgimento della competente Direzione generale del MIMS per collaborare insieme alle parti interessate del settore per iniziare un percorso di allineamento della normativa nazionale ai requisiti della norma ISO 9650, la più utilizzata a livello europeo nel settore diportistico, in particolare per quanto riguarda la possibilità di alleggerire il peso totale della zattera attraverso l’utilizzo di un pacco dotazioni esterno – il cosiddetto grab bag – già previsto dalla norma citata.

A questo proposito chiedo a lei, che è uomo di mare di grande esperienza, di rivolgere ai diportisti qualche consiglio su come affrontare al meglio le situazioni di emergenza in mare.
In questo caso entra in gioco la capacità di affrontare il problema con la giusta tempestività, attuando comportamenti corretti che, non dovendo essere frutto di improvvisazione, devono anch’essi essere studiati e simulati preventivamente al fine di ottenere il miglior risultato possibile, anche per aiutare l’eventuale operato dei soccorritori. Ricordiamoci poi che è sempre possibile contattare il Numero Blu 1530 o anche il numero unico di emergenza 112 per il tempestivo intervento degli uomini e mezzi della Guardia Costiera. Ma mi lasci dire una cosa in un modo che può suonare un po’ come uno slogan: in mare è già troppo tardi. Voglio ribadire che tutto quel che riguarda la salvaguardia della vita umana dovrebbe svolgersi a terra, cioè in un luogo dove tutto è più sicuro. È un principio universale che, in quanto tale, riguarda chiunque si avventuri per mare, indipendentemente dai motivi che lo spingono a farlo.

Grazie, comandante Carlone.
Grazie e buon vento a lei e ai lettori di Nautica.<p style=”text-align: center;”></p>

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