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Speciale cat: il governo a motore

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Come sui binari

La prima cosa che colpisce, mettendosi ai comandi di un catamarano a motore o anche di uno a vela in condizione di “propulsione meccanica”, è l’effetto delle spinte delle due eliche che sono poste a notevole distanza tra loro.

Effetto che si manifesta fin dalla manovra in porto, laddove cioè la bassa velocità rende pressoché inefficaci i timoni, i quali, peraltro, sono caratterizzati da un allungamento decisamente inferiore rispetto a quello dei monoscafi di pari lunghezza, quasi sempre al fine di mantenere basso il pescaggio e consentire così la navigazione su fondali altrimenti impraticabili.

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Ciò significa sostanzialmente che, se si è abituati a confrontarsi con le spinte in avanti e indietro dell’unica elica di uno scafo “convenzionale” e con le relative componenti laterali dipendenti dal fatto che questa sia destrorsa o sinistrorsa, è bene resettare la memoria e agire in modo del tutto diverso.

Nella maggior parte dei casi, a velocità inferiori ai tre nodi è preferibile mettere i timoni del catamarano al centro e agire esclusivamente con le due leve degli invertitori, avvantaggiandosi del fatto che modulando diversamente le spinte la barca accosta docilmente, mentre scontrandole (un’elica avanti, l’altra indietro) si può ottenere una perfetta rotazione sul posto, in un senso o nell’altro.

 

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Piuttosto, in queste condizioni, l’elemento perturbativo più fastidioso può essere costituito dal vento, che, agendo su un’ampia opera morta solo parzialmente bilanciata da una modesta opera viva (che poi, per contro, rappresenta una delle caratteristiche di maggior pregio in un multiscafo), provoca uno scarroccio accentuato che, soprattutto sotto raffica, anche per la massa contenuta dovuta all’assenza di zavorra, può sorprendere anche un bravo timoniere.

 

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È soprattutto per questo che, nonostante la loro eccellente capacità evolutiva in manovra, alcuni modelli vengono dotati di eliche di prua: una per ogni scafo. L’instabilità direzionale a lento moto (il termine non è rigoroso ma è utile per rendere l’idea) non è l’ideale per percorrere lunghi tratti in retromarcia, come magari si sarebbe tentati di fare in previsione di un ormeggio con la poppa alla banchina, perciò risulta decisamente preferibile un avvicinamento a marcia avanti fin dove possibile, seguito da una rotazione in stretta prossimità del posto.

 

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L’ancoraggio

Sempre a proposito di sosta, una nota del tutto particolare va fatta a proposito dell’ancoraggio. Premesso che vale quanto detto fin qui a proposito della reattività al vento, soprattutto rispetto ai monoscafi che possono trovarsi alla fonda nello stesso specchio acqueo, una volta calato il calumo nella proporzione richiesta dal fondale (il consiglio è sempre quello di non scendere al di sotto del 5:1, cioè, per esempio, 50 metri di catena per 10 metri di profondità) è necessario allestire una “bozza a briglie”, vale a dire un cavo di lunghezza appropriata le cui estremità vanno assicurate alle bitte di prua e che al centro ha un moschettone da connettere a un anello del calumo, il quale, successivamente, va lascato quanto basta per centrare la trazione dell’ancora rispetto agli scafi, impedire l’urto della catena sui masconi e, al contempo, scaricare lo sforzo del verricellIn rotta a velocità di crociera, il catamarano si riappropria di una buona stabilità direzionale, sempreché le spinte dei due motori siano identiche.

A tal fine, è assai utile che le leve degli invertitori siano di tipo elettronico e che offrano la funzione syncro, deputata a trasferire su una sola leva la regolazione del regime di entrambi i motori, bilanciandolo automaticamente con estrema precisione.

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Gli assetti

A proposito degli assetti, il catamarano dislocante, a differenza di un monoscafo planante o semiplanante, non richiede al suo pilota alcuna particolare attenzione che non sia la corretta distribuzione dei pesi, peraltro sempre raccomandabile per qualsiasi tipo di scafo. Nel caso invece del catamarano planante, quasi sempre spinto da motori fuoribordo di elevata potenza, l’azione sui trim può diventare importante anche se l’appoppamento alle velocità di transizione non è quasi mai troppo accentuato.

Le accostate

Nelle accostate veloci, anche le più strette, il modestissimo sbandamento indotto (cioè l’inclinazione tipica dei monoscafi, provocata dalla variazione del flusso di spinta sul piano orizzontale) può provocare nei passeggeri l’effetto di una più o meno marcata forza centrifuga. In compenso, a vantaggio del pilota, questo comportamento “piatto” fa sì che la visuale dalla plancia, soprattutto verso l’interno dell’accostata, resti sempre ben aperta.

Per quanto riguarda il comportamento del catamarano con il mare formato, per tanto tempo ritenuto erroneamente un suo punto debole, va osservato come le sue prue – mediamente molto più affilate rispetto a quelle dei monoscafi – si comportino sull’onda in maniera meno reattiva, cioè tendano a “tagliare” piuttosto che a galleggiare.

Ciò si traduce in un beccheggio molto meno accentuato che, in alcuni casi, può portare a una navigazione più bagnata, il che può avere la sua importanza nella scelta della velocità più appropriata.

Il rollio

A proposito del rollio, che sicuramente risulta più contenuto in termini di ampiezza (non solo in navigazione ma anche alla fonda), c’è da notare quanto questo possa comunque essere più “nervoso”, pur non costringendo il pilota a intervenire sul timone.
Anzi, bisogna dire che i campi di gara hanno dimostrato come il catamarano riveli insospettabili capacità di tenuta al mare proprio quando questo è tutt’altro che calmo.

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