Nauticontest: Katakite e Magoga, due progetti che meritano una menzione speciale
NAUTICONTEST è un’iniziativa free access che vuole dare spazio alle nuove idee provenienti da chi si prepara a diventare il progettista di domani valorizzando quei progetti belli ed originali che, al tempo stesso, siano anche potenzialmente realizzabili.
NAUTICONTEST è riservato a tutti gli studenti d’Italia frequentanti un corso universitario o un Master di formazione che sia caratterizzante del settore Nautico e Navale (Ingegneria Nautica, Ingegneria Navale, Architettura, Design, Disegno Industriale, etc) che possono partecipare per vedere la propria tesi di laurea pubblicata all’interno della prestigiosa rivista!
KataKite – Progettista Sara Del Giudice
Università/Scuola di Specializzazione Università di Genova
Corso di Laurea/Master Laurea magistrale in Design Navale e Nautico
Anno conseguimento titolo di studio 2021
Questo mese presentiamo due progetti che, pur non soddisfacendo le specifiche di completezza richieste per partecipare a Nauticontest, meritano comunque una menzione speciale perché ben fatti e interessanti sotto vari punti di vista. Parliamo di due progetti per imbarcazioni destinate a un utilizzo che esula dal classico diporto nautico, per le quali vengono proposte soluzioni attente alla sostenibilità ambientale. Per il resto si tratta di due barche molto diverse tra loro, a partire dalla funzione per la quale sono state pensate per arrivare alle modalità di navigazione.
Il primo progetto, denominato “KataKite”, riguarda un catamarano di 24 metri i cui spazi sono stati completamente ripensati per adattarli a una attività di charter destinata a persone che non hanno esperienze nautiche e che, abituate alle comodità casalinghe, potranno trovarsi più a loro agio a bordo di un hotel galleggiante che li faccia sentire come a casa, appunto.
Il secondo progetto è, invece, relativo a un mezzo per il trasporto dei turisti delle grandi navi da crociera che fanno sosta Venezia. Quindi uno scopo specifico raggiunto con una barca profondamente innovativa che vola in piena sicurezza già a 6 nodi e non fa onde: Gerris Boat.
Introduzione
Far avvicinare al mondo della nautica anche persone lontane culturalmente da questo mondo. Oppure persone che non ne hanno mai avuto l’occasione, per motivi economici o per questioni legate a qualche disabilità. Questo l’obiettivo di KataKite, progetto che la giovane designer Sara Del Giudice ha sviluppato per la sua tesi in Design Navale e Nautico.
Un progetto che affronta in modo diverso il tema delle imbarcazioni per l’attività charter, proponendo una barca studiata ad hoc per questa attività ma soprattutto con il fine di conquistare chi è abituato alle comodità di casa e non ha mai avuto l’occasione di andare in barca.
“Un interessante progetto che intercetta il segmento della recettività alberghiera e lo allarga verso esperienze di vita sull’acqua”, come recita la motivazione della giuria della 18esima edizione del MYDA 2022 (Millennium Yacht Design Award), concorso internazionale di design di imbarcazioni da diporto organizzato all’interno del SeaTec di Carrara, che ha riconosciuto KataKite meritevole di una menzione speciale anche per la “particolare attenzione ai temi della sostenibilità”.
Insomma, una barca diversa per nuovi mercati.
L’idea
I punti chiave per avvicinare alla nautica persone da essa lontane, secondo la giovane progettista, sono:
Fornire spazi ampi e vivibili come a casa, anche per persone con disabilità.
Fornire a chiunque la possibilità di una vacanza a bordo, senza dover affittare un intero yacht. Come accade, ad esempio, sui caicchi.
Garantire una sufficiente privacy a chi è a bordo, spesso poco abituato alla condivisione degli spazi. Quindi tutte le cabine con bagno e balcone privato, oppure possibilità di dividere con una paratia scorrevole la sala da pranzo dal soggiorno.
Allo stesso tempo dare la possibilità di vivere una crociera condividendo gli spazi comuni con gli altri affittuari.
Offrire un servizio all-inclusive, senza spese di manutenzione, acquisto o affitto del posto barca, perché è tutto gestito dal crew.
Poter navigare su un mezzo sostenibile a impatto ambientale ridotto.
Per ottenere tutto questo è stato scelto il catamarano, secondo Sara l’imbarcazione ideale per questo scopo perché è molto stabile e offre maggiori spazi rispetto ai monoscafi permettendo di avere ben 6 cabine private.
Allo stesso tempo, gli ampi spazi a bordo consentono di trascorrere una piacevole crociera in compagnia degli altri occupanti. Nasce così un catamarano di 24 metri, dove è possibile affittare una cabina e condividere gli spazi comuni. È stato previsto un numero massimo di 12 passeggeri alloggiati in 6 cabine doppie e 5/6 membri del crew alloggiati in 4 cabine singole o doppie.
La piattaforma dell’hotel galleggiante: il catamarano
Come appena accennato, il catamarano è il mezzo ideale per chi non ha mai avuto l’occasione di trascorrere una crociera a bordo ed è abituato alle comodità di casa. Normalmente la configurazione standard di questo mezzo, relativamente ai 24 metri di lunghezza, prevede le cabine nei due scafi, il ponte di coperta per le aree comuni e il fly bridge.
In questo caso, Sara ha aggiunto un ponte, per avere più metri quadrati e riservare un livello alle cabine e uno alle zone comuni. Il risultato è un interessante layout, originale e molto mirato alla funzione charter. Vediamolo nel dettaglio.
L’under-maindeck, ovvero lo spazio all’interno dei due scafi, è adibito per lo più a vano tecnico per soddisfare le esigenze di impianti e storage di una struttura ricettiva. Ospita infatti motori, impianti, serbatoi, batterie eccetera, ma anche, verso prua, la zona notte dell’equipaggio, compresa una cabina privata per il comandante.
Il maindeck, il ponte di coperta, è riservato alle cabine, quattro matrimoniali e due doppie, tutte con bagno e balcone privato. Tramite un sistema di cerniere, si può aprire o chiudere per avere un maggior contatto col mare.

Alle cabine, posizionate a centro barca, si accede tramite un corridoio molto ampio che consente anche il passaggio di una sedia a rotelle. Tale corridoio a poppa conduce alla zona beach club, mentre verso prua conduce a una scala che porta al livello superiore, l’upperdeck. A estrema prua abbiamo gli spazi conviviali riservati al crew ovvero, lounge, cucina, e due vani tecnici dedicati a cambusa e lavanderia.
L’Upperdeck è costituito da due ambienti principali suddivisi da una struttura centrale polifunzionale: sul lato di dritta una lounge, mentre sul lato di sinistra la zona pranzo. Al centro è presente una struttura che ospita le scale di accesso al flybridge e al lowerdeck e che, tramite due pannelli rivestiti in eco-pelle, è possibile chiudere per dare privacy a chi sta usufruendo di una zona rispetto a un’altra. Tutte le vetrate sono apribili in modo da favorire il ricircolo dell’aria.
Una particolarità di quest’ambiente è la presenza di display ad altissima risoluzione che consentono di personalizzare l’ambiente proiettando ciò che vuole a seconda del momento (Led Wall Indoor). In questo modo, gli ambienti non sono mai monotoni e si possono evitare futuri interventi di refit necessari a mantenere l’imbarcazione al passo coi tempi: basta cambiare immagine e l’imbarcazione sarà rinnovata. Anche qui, tutta la zona di prua è riservata al crew, con timoneria e cucina separate dal resto dell’imbarcazione per evitare che i percorsi dell’equipaggio si incrocino con quelli della clientela di bordo.
Sul flybridge, infine, sul quale si accede con due scale esterne, trova posto una piscina idromassaggio centrale e una zona solarium laterale, oltre alle due timonerie su entrambi i lati del catamarano. Tutto il fly è dotato di una copertura che ospita buona parte dei 225 mq di pannelli fotovoltaici. Tale copertura è apribile a scorrimento laterale tramite binari, in modo da permettere l’ingresso della luce solare a seconda delle esigenze della clientela.

La propulsione e la sostenibilità ambientale
Solare, idrogeno, vento, sono le tecnologie che Sara ha messo in campo per raggiungere uno degli obiettivi di un mezzo come KataKite, ovvero dare una risposta anche alla crescente richiesta di un mezzo sostenibile, a ridotto impatto ambientale. Un sistema integrato che prevede un impianto di generazione dell’energia elettrica per la propulsione e per le utenze di bordo che può avvenire tramite pannelli solari, turbine eoliche o ricavandolo dall’idrogeno tramite fuel cells, le celle a combustibile che per mezzo di una reazione chimica tra idrogeno e ossigeno generano energia elettrica producendo come scarto semplice acqua.
Allo stesso tempo, se c’è un eccesso di produzione elettrica dai pannelli o dalle turbine, ad esempio quando la barca è ferma in rada, esso può essere utilizzato per ricaricare le batterie o per generare idrogeno ricavandolo per elettrolisi dall’acqua marina. Il risultato è un’imbarcazione autosufficiente e in grado di navigare senza soste per rifornimento di carburante, ma soprattutto a impatto ambientale minimo.
Il sistema è quello studiato e brevettato dalla start-up H2Boat che per lo stoccaggio dell’idrogeno prodotto non utilizza bombole in pressione ma un sistema agli idruri metallici che assorbono come una spugna l’idrogeno stesso.
Inoltre, su KataKite è prevista anche l’installazione dello Sky-Sails System, un sistema integrato composto da una vela-aquilone, il kite appunto, un sistema di lancio e recupero con gruetta integrata nella delfiniera dell’imbarcazione, un sistema di controllo, che può essere di ausilio alla propulsione. Ovviamente quando c’è vento.
Infine, per garantire la massima sicurezza, è previsto anche un generatore Diesel. Non si sa mai!
Della sostenibilità Sara ne ha tenuto conto anche quando ha pensato al materiale con cui costruire il suo KataKite: l’alluminio non trattato, un materiale che, in primis, consente uno smaltimento più consapevole a fine vita. Ma non solo. L’alluminio non trattato permette anche di non utilizzare vernici protettive, con il risultato di un coraggioso look poco colorato, certamente, che però dimostra che è possibile immaginare un buon prodotto senza che questo abbia per forza una finitura ricercata.
Scheda tecnica KataKite
Tipologia: Motor Yacht
Lunghezza f.t.: m 24,00
Larghezza max: m 11,95
Pescaggio: m 1,27
Dislocamento: t 85
Materiale di costruzione: alluminio
Propulsione: ibrida
Motore elettrico: DB 100i 900 2×100 kW
SkySail: SKS Y20 (20-40 mq)
Generatori elettrici: H2Boat System a idrogeno + fotovoltaico (225 m2)
Passeggeri: 12
Crew: 6
Conclusioni
Un gran lavoro, quello svolto dalla giovane designer per il suo KataKite. Un lavoro del quale abbiamo illustrato solo alcuni aspetti principali tralasciando di esaminare, ad esempio, il design decisamente originale, frutto della funzione stessa dell’imbarcazione e degli obiettivi progettuali.
D’altronde Sara stessa descrive il suo KataKite come un hotel galleggiante. Ma anche navigante. A riguardo Sara ha anche eseguito delle analisi su delle rotte campione, analizzando modalità di navigazione, costi, emissioni di CO2, il tutto riferendosi a determinati periodi dell’anno. Sempre al fine di studiare l’uso a fini commerciali dell’imbarcazione. Parliamo, ad esempio, di una crociera di due settimane tra le isole Croate oppure di una gita giornaliera tra Monaco e St. Tropez.
E poi tanta cura per numerosi dettagli, per esempio a quei procedimenti di igienizzazione e sanificazione nati dopo il Covid, che non possono essere trascurati se parliamo di una barca destinata a ospitare tante persone diverse. Ecco quindi che l’arredo è stato pensato per essere per lo più “sospeso”, ovvero ancorato a paratia o sollevato da terra tramite piedini o puntelli, per rendere veloce ed efficacie la sanificazione, oltre che rendere più leggero l’arredo. E, ove ciò non è stato possibile, sono stati inserite delle superfici di raccordo tra arredo e calpestio, per esempio in cucina, per non creare spigoli vivi in cui risulterebbe difficile eliminare sporco e accumuli di batteri.
Insomma, tanti spunti per una barca diversa pensata per nuovi mercati.
Per maggiori informazioni: delgiudice.sara97@gmail.com

Sara Del Giudice
La giovanissima Sara, genovese di soli 25 anni, arriva al design delle barche quasi per caso e se ne innamora. Prima la laurea triennale in Design della Nautica e poi la magistrale in Design Navale e Nautico, conseguita nel luglio del 2021 proprio discutendo il concept KataKite, le aprono subito le porte del mondo del lavoro in Fincantieri, nell’Ufficio Allestimento, Divisione Navi Militari. Un’esperienza importante, anche se al difuori del mondo degli yacht nel quale Sara conta di tornare per riprendere ciò ha approfondito nei suoi studi, ovvero progettare imbarcazioni che sempre di più coniughino il mondo dell’architettura e del design con la nautica, con una attenzione alla sostenibilità ambientale. Insomma, riprendere i temi sviluppati con KataKite.

MAGOGA – Progettista Irene Marcolongo
Università/Scuola di Specializzazione Università di Genova
Corso di Laurea/Master Laurea magistrale in Design Navale e Nautico
Anno conseguimento titolo di studio 2022
Introduzione
Un’esigenza specifica, quella di ideare un sistema di navette shuttle per il trasporto dei turisti al nuovo porto crocieristico off-shore che verrà costruito per servire Venezia. Una barca innovativa che permette un trasporto sostenibile, efficiente e a basso impatto ambientale, esigenza particolarmente sentita nel contesto lagunare. Un progetto che analizza le modalità di utilizzo della barca integrandole nel contesto operativo.
Tutto questo è Magoga, progetto sviluppato da Irene Marcolongo per la sua tesi in Design Navale e Nautico. Un progetto diverso rispetto a quelli che usualmente presentiamo nel Nauticontest, ma non per questo meno interessante. Un progetto dal nome evocativo, che richiama il termine usato dai cacciatori di valle per indicare uccelli acquatici del genere dei gabbiani.

Scheda tecnica Magoga
Tipologia: AliSwath
Lunghezza f.t.: m 20.00
Larghezza max: m 5.00
Pescaggio variabile: m 1.3/2.25
Dislocamento: t 2500
Materiale di costruzione:
composito con fibra di basalto
Propulsione: elettrica 50 kW
Velocità di emersione: 8 kn
Passeggeri: 50
L’idea
Il 1° aprile 2021 il Parlamento Italiano ha approvato il D.L. n. 45, che impone lo stop all’ingresso delle grandi navi nel bacino di San Marco emanando, al contempo, un concorso di idee per nuovi approdi crocieristici fuori dalla laguna di Venezia. Tra gli 11 progetti consegnati ce n’è uno – quello scelto e analizzato da Irene – elaborato da Duferco Italia Holding e DP Consulting, Venice Cruise 2.0, che ha come obiettivo la realizzazione di un nuovo terminal per l’ormeggio delle navi da crociera presso la Bocca di Lido, da dove passeggeri e bagagli vengono trasferiti alla stazione marittima di Venezia attraverso un servizio motonavi.
Ma quali motonavi? I classici vaporetti, lenti, inquinanti e, diciamolo, un po’ vecchiotti? Sicuramente si può fare di meglio, ha pensato Irene. Meglio in termini di efficienza, sostenibilità, basso impatto ambientale, design, comfort. Ecco dunque Gerris Boat, una barca estremamente innovativa ma parecchio strana, una barca che “vola” già a 6 nodi e non fa onda: aspetto, quest’ultimo, molto importante in un contesto come quello veneziano.

La carena
Partiamo dalla carena, o meglio, dalla tecnologia che Irene ha preso in prestito dai suoi ideatori, l’Ingegner Verme e l’Ingegner Rossi che così la definiscono: “Gerris Boats è il progetto per un’innovativa piattaforma scafo ad elementi mobili ed a geometria variabile”. In effetti si tratta di una barca davvero strana che prevede uno scafo principale a cui sono connessi due scafi laterali e un siluro immerso centrale dotato di propulsore e collegato all’imbarcazione tramite un braccio estendibile. I due scafi laterali sono anch’essi mobili e permettono di variare l’immersione del corpo propulsivo così come il livello di emersione della piattaforma.
A basse velocità, Gerris Boats può navigare come fosse un catamarano, con il siluro profondamente immerso oppure, se è necessario ridurre il pescaggio, con il siluro appena immerso. Aumentando la velocità, invece, Gerris Boats “decolla” trasformandosi in un aliscafo sostenuto fuori dall’acqua dalle ali orizzontali che sporgono dal siluro centrale immerso, che anch’esso contribuisce a generare forza di sollevamento: la portanza. A differenza di tutte le barche con i foil, però, Gerris Boat decolla subito, già a 6-8 nodi, permettendo una riduzione drastica della formazione ondosa prodotta e della resistenza all’avanzamento anche a basse velocità. Come quelle richieste in laguna.
Una barca e una tecnologia complesse e già coperte da brevetti ampiamente inclusivi al fine di garantire una moltitudine di applicazioni sulle quali la start-up innovativa Gerris Boats sta lavorando alacremente riscuotendo molto interesse per diverse applicazioni, dai tender ai water taxi, dai piccoli traghetti agli yacht.

La propulsione
Un altro aspetto molto interessante e innovativo riguarda il sistema propulsivo, contenuto tutto all’interno del siluro immerso che, lungo quanto tutta la barca, termina a poppa con l’elica propulsiva e il timone. Il siluro è un “contenitore” ideale per una propulsione elettrica perché può contenere agevolmente il motore e le batterie. Oppure contenere il necessario per una propulsione a idrogeno (idrogeno e fuel cell) o a gas (LNG e motore a combustione).
Tra l’altro il siluro può essere facilmente sostituito permettendo di passare da un tipo di propulsione a un’altro. È un po’ come sostituire il fuoribordo. Ciò non solo ne agevola la manutenzione dando la possibilità di cambiare facilmente il corpo propulsivo in caso di avaria o problemi riducendo nettamente il tempo di fermo dell’imbarcazione, ma permette anche eventuali upgrade a seguito di possibili miglioramenti ai metodi propulsivi o alle batterie, nonché per soddisfare le normative future.

Una barca per Venezia: ridurre le onde
Nell’immaginare una barca per Venezia oggi non si può prescindere di pensare e realizzare una barca più sostenibile delle altre, con emissioni inquinanti ridotte, o meglio assenti, visto che ci troviamo in acque chiuse in ambiente tutelato. Se quest’obiettivo Irene lo ha raggiunto adottando la soluzione propulsiva di Gerris Boats appena accennata, la stessa piattaforma navale Gerris ha anche un’altra caratteristica particolarmente interessante per il contesto veneziano, quella di generare una formazione ondosa ridotta, quasi inesistente.
In laguna, infatti, il fenomeno del moto ondoso prodotto dalle imbarcazioni in transito rappresenta un problema molto sentito perché provoca gravi danni sia alla città sia alla flora e alla fauna marina. Gli studi eseguiti dal team di Gerris Boat, fatti propri da Irene per la sua Magoga, mostrano una scia ondosa molto ridotta rispetto ai classici vaporetti veneziani a 10 nodi, la normale velocità in laguna delle imbarcazioni trasporto passeggeri. Anche a 16 nodi, la velocità di trasferimento utilizzata fuori centro storico – ad esempio nei trasferimenti per l’aeroporto – risulta poco impattante.
Layout e design
“Per il design esterno di Magoga ho cercato di trovare un connubio tra design e funzionalità, aspetto, quest’ultimo, fondamentale trattandosi di una barca da lavoro”. Così la stessa Irene descrive il suo lavoro nel quale ha preso spunto da altre imbarcazioni di trasporto passeggeri, dagli stessi vaporetti veneziani ai ferry boat di Amsterdam, integrandolo con altre contaminazioni provenienti dal mondo dell’architettura tra le quali non poteva mancare la stessa città di Venezia.
Il risultato finale è un’imbarcazione suddivisa in due ponti collegati otticamente tra loro da un montante che diventa poi il tettuccio di copertura della plancia di comando posta verso prua in un mezzo ponte, posizione che garantisce un’ottima visibilità.
Il ponte inferiore, coperto, è dedicato alle sedute dei passeggeri nella parte centrale e poppiera, mentre a centro barca verso prua vi è la zona di salita e discesa speculare in entrambi i lati della barca. Sempre sul ponte inferiore, la zona di estrema prua è un’area tecnica dedicata alle operazioni di ormeggio e tonneggio, mentre a poppa vi è una zona semicoperta che ricorda la tipica poppa del vaporetto veneziano. Il ponte superiore è, invece, interamente panoramico e riparato dal vento tramite i due montanti che scendono verso poppa.

Attenzione ai particolari
Anche se Magoga è un traghetto, un mezzo di trasporto che per prima cosa deve essere efficiente e funzionale, non è detto che non possa anche essere bello, ricercato, confortevole.
Dalle scelte cromatiche all’illuminazione, dalle poltrone per i passeggeri all’igiene a bordo, sono tanti gli aspetti che Irene ha analizzato e poi affrontato con delle proposte concrete. Ad esempio, per dare la sensazione di una continua compenetrazione tra interno ed esterno, le linee del montante laterale dell’imbarcazione e i colori dello scafo vengono ripresi sulle pareti interne, sul pavimento e, infine, con l’illuminazione costituita da barre led sfalsate che richiamano il teak.
Oppure le poltrone per i passeggeri che potremmo definire double-face, sedute che consentono all’utente di decidere in che verso sedersi e, quindi, che visuale avere grazie a uno schienale che in condizione di inutilizzo resta al centro e che poi si posiziona in base a dove si siede la persona.
Un ottimo esercizio di ergonomia. Il tutto si integra con uno stile minimale che, al contempo, per alcuni aspetti richiama elementi nautici tradizionali, perché, ci dice la stessa Irene, “l’idea di fondo era quella di creare un ambiente che nella sua semplicità fosse ricercato e che richiamasse l’eleganza che i passeggeri trovano all’interno della nave da crociera.”
Design integrato al contesto di utilizzo: i pontili
Magoga è una barca un po’ particolare sotto tanti punti di vista. Lo abbiamo visto. Ma è anche una barca ideata per andare a svolgere un servizio nuovo, quello di trasferire i crocieristi da Venezia al nuovo terminal fuori laguna dove attraccheranno le grandi navi da crociera. Terminal ancora da costruire ma che, comunque, sarà dimensionato per queste grandi navi.
Ecco, dunque, che nasce l’esigenza di una proposta integrata che preveda lo shuttle di collegamento ma anche un pontile idoneo per far attraccare piccole imbarcazioni come Magoga. Un pontile a forma di “U”, che permette di gestire in modo sicuro e ordinato i flussi di salita e discesa dei passeggeri. Un pontile che permette un facile attracco dove si possa anche ricaricare facilmente l’imbarcazione durante le soste. Un pontile che si integra anche a livello di design con la barca, a partire dal profilo esterno che riprende le linee ed i colori dell’imbarcazione. Prevedere anche i pontili in questa fase permetterà di avere un nuovo porto in cui tutte le infrastrutture saranno integrate ed interconnesse tra loro.

Conclusioni
Magoga nasce con un obiettivo preciso, lo abbiamo detto, quello di progettare delle imbarcazioni efficienti, confortevoli e a basso impatto ambientale per trasportare a Venezia i turisti dalle navi da crociera che in futuro attraccheranno fuori laguna. Non solo. Il progetto comprende anche la progettazione dei pontili di attracco e lo studio delle tratte percorse. Il tutto al fine di dare un contributo per rendere sostenibile un turismo di massa come quello generato dalle grandi navi da crociera.
Ma Magoga non è solo questo. Il progetto, infatti, è facilmente spendibile in molti altri contesti per il trasporto sulle acque interne, come laghi, fiumi, lagune, comprese molte città nordiche e non solo. A partire dalla tecnologia di Gerris Boats, che consente un forte risparmio energetico e maggiore autonomia in elettrico rispetto a carene tradizionali, ha una bassa formazione d’onda per proteggerne gli ecosistemi di laghi, fiumi e lagune, e permette l’intercambiabilità rapida del siluro per ridurre i costi di produzione e di manutenzione.
Per maggiori informazioni: marcolongoirene@gmail.com

Irene Marcolongo
Padovana di 25 anni, Irene scopre da bambina la passione per la barca. La naturale conseguenza è la scelta di seguire un corso di studi che possa far diventare questa passione il lavoro del suo futuro. Magoga, progetto con il quale Irene ha conseguito la laurea in design navale e nautico, è il risultato del suo percorso formativo e della grande passione per la nautica, con una visione eco-sostenibile per la salvaguardia dei nostri mari. Attualmente lavora nel cantiere Solaris Yacht.







