“Ricerche di mercato? zero!”, intervista a Giampaolo Murzi l’uomo dei Grand Banks
Non più importatore Grand Banks, da quando il cantiere malese ha deciso di gestire in proprio le vendite in tutto il mondo, l’”ingegnere” è oggi il principale riferimento di chi cerca uno di quei celebri trawler sul mercato dell’usato. Ma c’è molto altro.

Nato e cresciuto di fronte al mare dell’Argentario, Giampaolo Murzi è innanzi tutto un uomo poliedrico. Studente modello, dopo un’infanzia trascorsa imparando a navigare con tutti i tempi su ogni tipo di barca, si laurea in ingegneria appena ventitreenne, dando forma concreta a quella che è un’autentica passione per la meccanica in tutte le sue forme.

Alla fine degli anni ’70 si trasferisce con la famiglia a Singapore, allora sede del cantiere American Marine, produttore dei già famosi trawler Grand Banks. Una visita negli stabilimenti di Jurong ed è amore a prima vista: il padre, funzionario del Monte dei Paschi di Siena, acquista un GB 42 e, dopo qualche mese, stabilisce un accordo per l’importazione della gamma in Italia attraverso la sua agenzia di viaggi Passepartout Travel. Viene a crearsi così quello che diventa presto un vero e proprio binomio che, per 36 anni, fino al 2016, porta più volte Passepartout Yachting e, in particolare, Giampaolo Murzi, a occupare la posizione di dealer numero 1 al mondo.

Quell’anno, infatti, il cantiere – ormai trasferitosi del tutto in Malesia e acquistato dal campione di vela Mark Richards – abbandona del tutto la gamma tradizionale e cambia politica commerciale, decidendo di gestire direttamente le vendite. Ma quel binomio resta. Anzi, ne risulta persino rafforzato, poiché tutt’oggi chi vuole acquistare un trawler Grand Banks non può che cercarlo sul mercato dell’usato, dove il leader assoluto è ancora lui, l’ingegnere, con la sua società Passepartout Yachting – Giaroli.

L’originalità del suo punto di vista sulla nautica da diporto trova un perfetto riscontro anche nella sua attività di importazione: parliamo di cantieri come Kadey-Krogen, Fleming, Ocean Alexander, Targa, cioè di barche dalla spiccata personalità, assolutamente al di sopra delle mode.

Ingegner Murzi, nell’arco di 36 anni lei ha venduto circa duecento unità Grand Banks nuove di tutte le taglie. Oggi che il cantiere asiatico si è nettamente distaccato da quel concetto di barca, è corretto dire che le si sono spalancate le porte dell’usato della passata generazione GB?
Assolutamente sì. Come giustamente osserva, Grand Banks costruisce oggi eccellenti imbarcazioni in composito con moderne motorizzazioni, in grado di raggiungere i 30 nodi con consumi ridotti. Imbarcazioni che definirei “Palm Beach glorificati” (Palm Beach è l’altro marchio del cantiere – ndr). Le linee e la carena sono le stesse delle filanti imbarcazioni australiane costruite da Mark Richards, attuale CEO del cantiere, ma si è perso lo stile, la classe e la tradizione dei trawler inventati nel 1956 da Robert Newton e costruiti con una qualità ad oggi insuperabile in circa 5.000 esemplari tuttora circolanti. Le richieste per tutti i modelli dal 36’ al 72’ sono sostenute come non mai e le quotazioni destinate a mantenersi nei prossimi anni.


Che tipo di armatore è quello che si rivolge a lei per acquistare un classico GB?
Una persona di età compresa tra i 50 e i 60 anni, con posizioni familiari ed economiche ben consolidate, talvolta proveniente dalla vela, con molto tempo a disposizione per godere e apprezzare il mare come solo una imbarcazione semidislocante ben costruita può consentire.
Quanto conta sul suo successo commerciale lo stretto rapporto personale che riesce a instaurare con i suoi clienti?
Ho sempre privilegiato i rapporti personali, cercando di venire incontro a tutte le possibili esigenze della clientela. Sono anche stato fortunato nel potermi rivolgere e interfacciare con un target di persone decisamente al di sopra della media sotto molti aspetti. Tanto per intenderci – e lo dico con tutto il rispetto – tutte ben lontane da certi esibizionismi da new economy.

C’è ancora, anche nell’usato, chi incomincia con un 36, poi passa a un 42 e magari punta ad arrivare a un 52?
Non più. Negli ultimi anni ho visto una clientela ben decisa, che va direttamente sul modello che più risponde alle sue esigenze.

Quali sono i modelli più richiesti?
Il 46 e il 47 nelle versioni Europa e l’Aleutian 59.
Il cantiere malese la supporta in qualche modo?
Nel 2016 il nuovo CEO australiano ha deciso di vendere i GB direttamente e tutta la rete commerciale ha avuto la notizia consultando il sito Internet, senza alcuna comunicazione ufficiale. Non proprio piacevole per dealer come noi, con oltre 35 anni di esperienza e collaborazione. Ma è la legge attuale del mercato: lo avevo sperimentato negli anni ‘90 quando ero un importante tour operator e le compagnie aeree, da un giorno all’altro, decisero di andare dirette sulla clientela portando le provvigioni a 0{2e3577d2bd6aebaa150c85c33fcd353783f1aa6c690283591e00ef60b3336fc8}. Attualmente, stanno subendo la stessa sorte pure i dealer automobilistici. Per sopravvivere bisogna adattarsi, come diceva Darwin.

Memorabili, tra gli armatori Grand Banks, i suoi “get together”, le sue cacce al tesoro, insomma quel genere di riunioni che hanno creato una delle più vaste community dello yachting internazionale. Ne farà ancora?
Molte grazie per l’idea. Perché no? Settembre 2023 a Cala Galera potrebbe essere un buon ritorno!
Dal 2021, lei è dealer del cantiere Kadey-Krogen e, dal 2022, anche del cantiere Fleming, il che mi fa intuire che la sua principale clientela le chiede ancora barche tradizionali. E così?
Credo molto in un ritorno delle barche tradizionali – come anche i Kadey Krogen e i Fleming – che possano mantenere invariato il loro appeal negli anni futuri. Ci saranno sempre più persone con maggior tempo libero, disponibili a lunghe navigazioni in piena tranquillità. Di recente, ho venduto un GB 59 a un armatore inglese che da Cala Galera lo ha trasferito da solo con la moglie fino a Southampton.

Che cosa rende simili questi due cantieri, ancora poco conosciuti dal pubblico mediterraneo, e che cosa, invece li differenzia?
Toni Fleming è stato direttore tecnico della Grand Banks per 20 anni e lo stesso management di Kadey-Krogen proviene tutto da Grand Banks. I Fleming sono raised pilothouse nella gamma da 55’ ad 85’, costruiti con estrema cura a Taiwan e naturale evoluzione della gamma Aleutian GB con molte migliorie. I Kadey Krogen sono imbarcazioni totalmente dislocanti, spesso monomotore, da 44’ a 70’ e sempre costruite a Taiwan e assai adatte anche per viverci a bordo tutto l’anno. Farò del mio meglio per lanciare presto questi prodotti sul mercato italiano.

In che misura la scelta di trattare barche di questo tipo è basata su una ricerca di mercato? E quanto, invece, sul suo gusto personale?
Zero ricerche di mercato: ho sempre privilegiato le nicchie e i prodotti di qualità. Nel corso degli anni ho importato anche i Nauticat finlandesi, i Linssen olandesi e tuttora i Targa finlandesi: barche qualitativamente superiori, ma ahimè spesso difficili da digerire, esteticamente parlando, per i sopraffini palati italici.
Qual è la sua opinione sulle attuali tendenze architettoniche e, soprattutto, sul crescente interesse per l’ibrido ed anche per l’elettrico?
Indubbiamente i nuovi ricchi della new economy hanno bisogno di loft e di ville ipermoderne galleggianti e non si preoccupano tanto delle doti di navigabilità, della cura costruttiva o di una sala motori costruita a regola d’arte. Né sanno distinguere un teak massello da un rovere impiallacciato. Ibrido yes, soprattutto se serve a visitare zone protette o per mantenere i servizi di bordo. Full electric niet!
