Un trimarano per l’allevamento ittico sostenibile in alto mare
La nuova frontiera degli allevamenti ittici passa per il mare aperto. Navigando tra le correnti a lento moto, con speciali navi appositamente studiate da un team anglo-cileno per impattare il meno possibile sull’ambiente e garantire un prodotto ottimale con una spiccata flessibilità distributiva offshore.
Si chiama Ocean Ark il super yacht per la piscicoltura sostenibile, uno scafo futuristico pensato per produrre pesce di qualità, impiegando alta tecnologia a costi contenuti.
Sviluppato dalla Ocean Ark Tech of Chile (OATECH) e dall’alleato strategico Ocean Sovereign con sede a Londra, dopo la progettazione si avvicina la fase costruttiva, avendo ottenuto l’approvazione di principio (AiP) dall’ente di classificazione navale italiano RINA.
“L’oceano costituisce un’opportunità straordinaria per la piscicoltura, per soddisfare i bisogni nutrizionali della crescente popolazione mondiale”, è la mission dei due enti che hanno brevettato lo scafo, in modo che possa navigare al largo, lontano da ondate di calore, fioriture di alghe e tempeste, considerate i tre talloni d’Achille dell’allevamento marino. “Questo super yacht è stato progettato per operare in mare aperto, dove sono presenti le migliori condizioni per il pesce”, ha affermato Rodrigo Sanchez Raccaro, fondatore di OATECH.
“Abbiamo lavorato anche sulla modellazione dinamica e statica per testare la resistenza alle onde, con una tecnologia che permette la produzione di pesce più sano e di qualità superiore, a costi inferiori rispetto a quelli degli attuali sistemi di acquacoltura offshore, terrestri e costieri. Inoltre, la Ocean Ark può operare vicino ai mercati di consumo asiatici, americani ed europei, riducendo in misura notevole le emissioni dovute al trasporto”.
La nave è un trimarano semovente, tecnologicamente avanzato e a basse emissioni. Misura 170 metri di lunghezza e 64 di larghezza, con unità centrale e gabbie laterali costituite da reti in rame autopulenti e a manutenzione limitata, modulabili da 8 a 4 gabbie profonde 20 metri, in grado di stoccare fino a 450 tonnellate di pesce, mentre la capacità produttiva arriva a 3900 tonnellate per ciclo di produzione. È dotata di propulsione autonoma (con motori Diesel/elettrici) e raggiunge i 4 nodi di velocità, ma può anche essere trainata e operare con onde alte fino a 7 metri, con equipaggio massimo di 20 persone.
Il finanziamento di diverse unità è già assicurato e sono stati firmati protocolli per la costruzione in cantieri leader a livello mondiale, tra cui le holding China Merchants Industry, Tersan e CIMC Raffles. “Questa è una nave insolita”, ha detto Patrizio Di Francesco, Marine Principal Engineer del RINA per l’Europa nordoccidentale. “Il suo AiP rappresenta una pietra miliare sia per l’industria della piscicoltura sia per la classificazione delle navi non convenzionali. È un approccio innovativo alla raccolta sostenibile del pesce, per aiutare a garantire la sicurezza e la sovranità alimentare, che potrebbe rivoluzionare la piscicoltura per il futuro”.
L’idea, è quella di allevare pesci, come tonni e ricciole, piuttosto che salmoni e cobia, facendoli nuotare in alto mare nel loro habitat naturale, monitorando la crescita con l’intelligenza artificiale. Mentre si manovra verso i luoghi in cui il prodotto è richiesto, potendo contare su lunga autonomia operativa e l’attracco di altre unità navali per i trasbordi con proprie strutture. OATECH e Ocean Sovereign hanno sviluppato un progetto in linea con l’obiettivo di nutrire la crescente popolazione mondiale (ormai quasi otto miliardi di persone), seguendo uno degli obiettivi chiave della Sfida per la sicurezza alimentare 2050 dell’ONU. Se manterrà le promesse, rappresenterà una svolta nel settore delle “fish farm”, i cui punti critici sono lo sfruttamento eccessivo di risorse marine per nutrire i pesci allevati, l’impiego di mangimi artificiali e farmaci, nonché l’inquinamento ambientale indotto dalle gabbie, soprattutto quelle ancorate sottocosta.<p style=”text-align: center;”></p>


