Dai motori General Motors all’Idrogeno, Torino guarda al futuro
Dai 700 ingegneri e tecnici del centro di ingegneria PUNCH Torino, già General Motors Global Propulsion Systems, le visioni e i progetti per dare nuova vita ai motori Diesel.
Torino, capitale italiana dell’automobile, verissimo. Ma Torino è la città dove si guarda anche al futuro dei motori Diesel, compresi quelli utilizzati in barca. E dove si guarda anche all’idrogeno. Infatti, nel campus universitario del Politecnico esiste un centro di ingegneria che studia dal disegno del motore all’elettronica, fino a tutte le fasi di verifica e collaudo sui prototipi.

Parliamo di oltre 700 persone, quasi tutti ingegneri, informatici, fisici e matematici, che lavorano giorno e notte in costante collegamento con gli altri siti produttivi della General Motors, GM, il colosso mondiale dei motori del quale il centro di ingegneria di Torino è stato parte integrante.
E, di fatto, continua ad esserlo anche dopo che, lo scorso anno, è stato acquisito dalla multinazionale Belga PUNCH Group per farne una “azienda leader nell’integrazione e produzione di sistemi di propulsione”, come afferma Guido Dumarey, fondatore e CEO di Punch Group, che continua: “L’obiettivo sarà fornire servizi di ingegneria di alto livello a GM e a nuovi clienti, così come lo sviluppo e la produzione di motori e trasmissioni sul mercato globale”.

Insomma, dallo scorso anno a Torino non solo si sviluppano, si progettano e si validano i motori GM e relativi componenti, elettronica compresa, ma si guarda al futuro studiando motori sempre più efficienti, che potranno addirittura utilizzare l’idrogeno come carburante. Proprio grazie al know-how acquisito negli oltre 15 anni in cui il centro di ingegneria torinese è stato il cuore per lo sviluppo dei motori diesel GM, motori prodotti in tutto il mondo e poi integrati su tantissime automobili della stessa GM riconducibili ai brand Chevrolet, Buick, Cadillac, GMC, oppure su auto di altri OEM. Ad esempio, il motore della Opel Astra è stato interamente sviluppato dal centro di Torino.

ad idrogeno.
Ma GM non vuol dire soltanto motori per auto. Lo sanno bene i marinai con i capelli bianchi che ricordano con nostalgia quei motori a bordo delle imbarcazioni degli anni ‘60 e ‘70, motori noti soprattutto per la loro affidabilità. Una tradizione che in Europa si è interrotta per alcuni decenni (negli Usa, GM non ha mai smesso di supportarne la produzione) per riprendere negli anni scorsi con i modelli della famiglia Duramax. Di questi motori oggi PUNCH Torino è distributore grazie a un accordo di distribuzione sottoscritto con General Motors per clienti business, che si aggiunge alle cooperazioni già in essere con la casa americana nei settori di sviluppo prodotto hardware e software.

Stiamo parlando di prodotti famosi per la loro affidabilità, ottenuta grazie al minuzioso processo di sviluppo al quale vengono sottoposti, in linea con le più moderne tecnologie automobilistiche. Motori montati sui mitici pickup americani, che partono dai 4 cilindri da 2.8 litri per arrivare all’8 cilindri a V da 6.6 L. La nuova versione del Duramax 6.6 litri V8 vanta oggi una potenza di 445 HP a 2.800 giri/min e una coppia massima di ben 1.234 Nm (Newton per metro) a 1.600 giri/min che, tradotte in percentuale, significano incrementi del 12{2e3577d2bd6aebaa150c85c33fcd353783f1aa6c690283591e00ef60b3336fc8} sulla potenza e del 19{2e3577d2bd6aebaa150c85c33fcd353783f1aa6c690283591e00ef60b3336fc8} sul valore di coppia massima rispetto alla precedente generazione. Inoltre, il turbo-Diesel ridisegnato risulta più silenzioso e fluido, arrivando a una riduzione della rumorosità del 38{2e3577d2bd6aebaa150c85c33fcd353783f1aa6c690283591e00ef60b3336fc8} al regime di minimo.
Tra questi due estremi troviamo il Duramax 3.0L, il nuovissimo 6 cilindri in linea progettato da zero e sviluppato appositamente per la nuova piattaforma GM Full-SizeTruck.
Motore con basamento in alluminio, che vanta un innovativo sistema di combustione che ha permesso di ottenere un’elevata potenza e una curva di coppia eccellente, specialmente a basso numero di giri (95{2e3577d2bd6aebaa150c85c33fcd353783f1aa6c690283591e00ef60b3336fc8} della coppia disponibile a 1250 rpm). Con 207 kW (277HP) e soli 212 Kg di peso, ne deriva un rapporto peso/potenza da record nella sua classe. Si tratta di motori che hanno enormi potenziali derivanti dalla richiesta di standard qualitativi e prestazionali mutuati dal mondo automotive. Integrati su un’imbarcazione dove i transitori – cioè salite e discese – sono ridotti al minimo, possono esprimersi al meglio fornendo prestazioni eccezionali.

Certo, tutto questo è ottenibile a fronte di una ottima marinizzazione, che non vuol dire solo qualche modifica all’impianto di raffreddamento; il cuore di tutto, o meglio dire il cervello, è l’elettronica che per questi motori viene sviluppata ad hoc grazie a centraline dedicate DMEFI (Diesel Marine Electronic Fuel Injection). Essa è in grado di offrire ciò che viene chiamata manutenzione predittiva, la quale permette di anticipare – e, quindi, di evitare – una moltitudine di problemi connessi all’affidabilità: sulla base di un enorme quantità di dati immagazzinati durante la fase di sviluppo, un algoritmo è in grado infatti di intercettare impercettibili segnali che si discostano dal funzionamento standard del motore e, agendo sui determinati parametri, corregge l’anomalia e fa rientrare il rischio di un potenziale fermo macchina. Preventivamente, appunto.
Questa rinnovata presenza dei motori marini GM in Europa, concretizzatasi anche nella partecipazione di PUNCH Torino al salone di Genova degli ultimi due anni, dove sono stati esposti proprio i motori GM, guarda anche al futuro. Proprio agli inizi di questo 2021, infatti, PUNCH Torino, insieme ad AVL Italia e all’azienda emiliana Landi Renzo, ha costituito H2-ICE, una alleanza di imprese italiane volta a promuovere l’utilizzo dell’idrogeno per la trazione di veicoli nel traporto pubblico.
All’interno di essa, PUNCH Torino e AVL Italia hanno iniziato lo sviluppo di un motore a combustione interna (ICE) alimentato a idrogeno che, con il supporto della Landi Renzo, specializzata nella produzione di componenti e impianti a gas per motori termici e sistemi a idrogeno, verrà istallato da Industria Italiana Autobus su un veicolo urbano. Per inciso, la società austriaca AVL è la più grande azienda indipendente al mondo per lo sviluppo, simulazione e collaudo di sistemi powertrain (ibridi, combustione motore, trasmissione, trazione elettrica, batterie, cella a combustibile e controllo tecnologia) per autovetture, veicoli commerciali, costruzioni, motori di grandi dimensioni e loro integrazione nel veicolo.
Si tratta di un importante passo verso l’uso di fonti alternative ecologiche per un trasporto sostenibile. In questo contesto è molto promettente la possibilità di impiegare il cosiddetto «idrogeno rinnovabile» ottenuto tramite elettrolisi (applicando una tensione elettrica è possibile “spezzare” le molecole di H2O e ricavarne idrogeno) per alimentare direttamente un motore. Un processo pulito (emette ossigeno) ma energivoro, che conviene solo nelle occasioni in cui ci sia molta energia a disposizione e poco fabbisogno. È il caso tipico delle energie rinnovabili, la cui produzione non può essere gestita secondo le necessità.

È questa la chiave del crescente interesse verso l’idrogeno che, in pratica, risolve uno dei problemi più complicati che devono affrontare i gestori dell’energia rinnovabile: quello dell’accumulo stagionale di energia.
E, proprio sull’idrogeno ha scommesso l’Europa per garantire un futuro sostenibile quando, lo scorso anno, è stato presentato “A hydrogen strategy for a climate-neutral Europe”, il piano per il clima per i prossimi 30 anni.
A questo proposito Pierpaolo Antonioli, AD di PUNCH Torino S.p.A., ha dichiarato: “la sfida di utilizzare un combustibile sostenibile per il futuro riguarda tutto il settore dei trasporti.
La costituzione di questa partnership, in cui ciascuna parte apporta il proprio indispensabile contributo di competenze e conoscenze, è fondamentale per poterla affrontare. Rispetto a numerosi key-players dell’automotive che stanno intraprendendo altre strade, la nostra azienda è convinta della necessità di scommettere sull’idrogeno e pertanto si fa capofila assieme ad AVL (in tema di motore) nella realizzazione di una filiera italiana che sfrutti la nostra ‘heritage’ tecnica, applicandola a un settore dove i motori a combustione interna possono essere riproposti in una veste completamente rinnovata”.
L’AD di AVL Italia, Dino Brancale, aggiunge: “lavorare e sviluppare il settore della combustione a idrogeno rende possibile l’utilizzo di tutta la filiera, abbattendo completamente le emissioni di CO2 del motore.
Perché la differenza non la fa il motore, la fa il carburante. In questo progetto, che prevede 12 mesi di sviluppo e 6 di sperimentazione, metteremo tutto il nostro know how”.
In questo contesto, a un anno dall’acquisizione del centro di ingegneria e sviluppo di Torino e a seguito dell’alleanza H2-ICE volta a promuovere l’utilizzo dell’idrogeno per la trazione di veicoli nel trasporto pubblico, PUNCH ha annunciato la costituzione della nuova società PUNCH Hydrocells s.r.l., con sede a Torino, che avrà come obiettivo lo sviluppo, la fornitura e l’integrazione di sistemi di propulsione e accumulo di energia basati sull’idrogeno. La nuova realtà avrà a disposizione un team con un’ampia rosa di competenze, che spazieranno dall’intelligenza artificiale all’elettronica di controllo e all’ingegneria meccanica ed elettrica, con un’attenzione particolare all’utilizzo dell’energie rinnovabili.
Si tratta di un progetto a lungo termine, come prova lo stanziamento di oltre due milioni di Euro che sarà utilizzato per convertire due sale prova motore attualmente in forza al centro di ingegneria in altrettante sale-test dedicate allo sviluppo delle tecnologie H2.
Dove nascono i motori
IL CENTRO DI INGEGNERIA PUNCH TORINO
Sono anni che i motori Diesel prodotti da GM General Motors non vengono progettati e ingegnerizzati in un qualche sperduto distretto americano dell’auto, ma nell’italianissima Torino. Avete capito bene: sia che si parli del piccolo 1.6 litri 4 cilindri turbodiesel o del 6.6 litri V8 Duramax (per intenderci, quello prodotto esclusivamente per il mercato americano), il loro sviluppo avviene sempre a Torino. Strano ma vero. Infatti, la totalità dei propulsori Diesel prodotti dal costruttore americano vengono ideati e sviluppati all’interno del centro di ingegneria della Punch Torino, che lo scorso anno ha acquisito il General Motors Global Propulsion System, a sua volta nato nel 2005 con 80 dipendenti dopo la cessione di Fiat-GM Powertrain.
Oggi, all’interno del centro, localizzato nella Cittadella Politecnica (Campus Universitario) di Torino, lavorano circa 700 persone di cui oltre l’80{2e3577d2bd6aebaa150c85c33fcd353783f1aa6c690283591e00ef60b3336fc8} ha una laurea, il 6{2e3577d2bd6aebaa150c85c33fcd353783f1aa6c690283591e00ef60b3336fc8} ha anche un dottorato (PhD), mentre il restante 17{2e3577d2bd6aebaa150c85c33fcd353783f1aa6c690283591e00ef60b3336fc8} è composto da tecnici super specializzati che lavorano giorno e notte all’interno delle sale prova su 3 diversi turni in costante collegamento con gli altri siti produttivi della General Motors.
Entrando nel centro che abbiamo avuto la possibilità visitare, la prima cosa che colpisce è vedere tanti giovani e tante culture differenti. Ci hanno poi spiegato che si tratta di un polo internazionale dove si parlano15 lingue diverse, dove si hanno rapporti con ben 12 nazioni e dove l’età media è inferiore ai 40 anni. Ed il clima che si respira è quello della gioiosa operatività di chi realizza concretamente cose complicate. A partire da zero. Alberto Pisoni, Control Systems Director, ci ha infatti raccontato che nel centro si riesce a sviluppare un nuovo motore a partire dal foglio bianco … ma ci vogliono circa cinque anni! Anche quando si tratta di aggiornare un motore per delle modifiche, per esempio per ridurre le sue emissioni o altro, comunque ci vogliono dai due ai tre anni.
In questo lasso di tempo le cose da fare sono davvero tante, a partire dalla programmazione della centralina, il cervello del motore che gli dice cosa fare in ogni momento grazie a una serie di sensori che monitorano istante per istante il suo funzionamento ottimizzando il punto di combustione e ottenendo così la massima efficienza. Ad esempio, così come sulle auto dove esistono diversi sistemi che permettono di modificare automaticamente le prestazioni (ad esempio le modalità sport o economy), le nuove centraline per i motori marini permettono allo stesso modo di prevedere diverse modalità di navigazione, oppure di dare indicazioni all’utente per aumentare o diminuire i giri motore e ottimizzarne il funzionamento (come gli indicatori verde/rosso sulle auto).
Una caratteristica della centralina sviluppata nel centro – ci spiega ancora Pisoni – è quella di essere un’unità che integra più funzioni generalmente delegate a più centraline. Questo significa maggiore compattezza. Un’altra peculiarità è quella di monitorare i dati di funzionamento del motore, analizzarli e poi trasmetterli su un cloud al quale possono avere accesso sia l’armatore o il gestore della barca sia il cantiere e il service. In questo modo è possibile fare una manutenzione predittiva che anticipa la rottura di un determinato componente, evitando il rischio di un fermo barca in navigazione. Inoltre, è anche possibile programmare il service così da avere il pezzo di ricambio quando si arriva in porto. Una volta messa a punto la centralina, che è appunto il cervello del motore, è necessario metterla alla prova, verificare che tutto funzioni.
Ma prima di fare questa verifica sul motore vero e proprio, si passa attraverso il simulatore, un motore virtuale ma non del tutto, come ci spiega Mirco Brero, Engineering Manager Control System. Proprio come un simulatore di volo per i piloti, nel simulatore di un motore ci sono computer, algoritmi e codici numerici, ma anche pezzi fisici che si muovono o sono sottoposti a stress meccanici. In questo modo si possono simulare e verificare anche condizioni di progetto inverosimili, come overspeed di 10.000 giri/min, temperature e pressioni altissime eccetera.
Questo check dura 7 settimane, quindi 49 giorni per 24 ore di simulazione continuativa così da poter avere la certezza di aver verificato ogni condizione di funzionamento, anche la più estrema o inverosimile. E, se qualcosa non va, oppure vengono aggiunte nuove funzionalità, si riparte con un altro check di 7 settimane. Tutto questo lavoro preliminare serve per arrivare al prototipo che viene testato nelle varie sale prova sottoponendolo a situazioni che simulano tutte le condizioni di funzionamento. Parliamo di 19 sale di prova alle quali si aggiungono laboratori di elettronica, meccanica, misure eccetera.
Il noise engineer Giuseppe Credo ci illustra la DB19, la sala semi anecoica in cui le riflessioni acustiche sono ridotte al minimo così da poter misurare con estrema precisione il rumore effettivamente generato dal motore in funzione. È una sala prova con la particolarità di poter installare al banco sia il motore sia la trasmissione eseguendo i test di rumore e vibrazioni in configurazione veicolo. Si tratta di un aspetto che viene sempre più analizzato e studiato perché, oltre a ridurlo, è possibile migliorare la percezione del rumore prodotto dal motore. Parliamo di psicoacustica, la scienza che studia come i suoni vengono percepiti dall’uomo. In questa sala il motore funziona collegato a un freno dinamometrico con una coppia massima di 1300 N/m che simula il carico sul cambio e sul motore, un carico che varia per simulare tutte le condizioni di funzionamento, anche le più estreme.
Durante la prova, fuori dalla sala ermeticamente chiusa, nella control room i tecnici con monitor e computer controllano tutti i parametri di funzionamento del motore e ne correlano le prestazioni al rumore prodotto. Tanto lavoro e tanta attenzione per migliorare le performance dei motori, la loro efficienza, ridurre le emissioni sonore e di CO2. Ma anche tanta attenzione ad aumentare la sostenibilità del centro stesso e delle attività che si svolgono al suo interno. Infatti, tutta l’energia che i motori in prova producono durante le prove che durano settimane non viene sprecata bensì riutilizzata per il funzionamento di buona parte dei laboratori stessi e di tutto l’edificio.<p style=”text-align: center;”></p>