Allarme a Gibilterra: Attenzione alle orche iberiche
Se si trattasse soltanto di avvistamenti non ci sarebbe alcun problema, anzi. Il fatto è che, a quanto pare, gli incontri
con i cetacei sono diventati assai meno pacifici.
Da ormai un lustro, chi naviga dallo Stretto di Gibilterra fino a tutta la costa nordoccidentale della penisola iberica, oltre alle condimeteo marine, alle secche e alle navi in transito, deve fare particolarmente attenzione anche alle orche. I fatti di cronaca si ripetono con una certa continuità e non sono piacevoli per skipper ed equipaggi di panfili che hanno la sfortuna di incontrare i noti cetacei lungo la loro rotta. In piccoli gruppi, a volte composti solo da madre e piccolo, prendono di mira l’opera viva dello scafo e si accaniscono sul timone, fino a danneggiarlo o asportarlo, in parte o del tutto.
Se va bene finisce lì, mentre se va male, lo scafo imbarca acqua e affonda, come successo in più di una circostanza, seppur senza vittime o feriti gravi e col decisivo intervento della Guardia Costiera a recuperare barca (nella maggior parte dei casi) e occupanti. Secondo i ricercatori che studiano il fenomeno, appartenenti al gruppo di ricerca Atlantic Orca – GTOA, dal 2020 sono più di 500 le “interazioni” segnalate tra orche e panfili, con 3 affondamenti, mentre pare che, nei pressi dello Stretto di Gibilterra, circa una barca su cento di passaggio venga “infastidita” da un gruppo di circa 40 esemplari, che si sposterebbero stagionalmente dallo stretto verso il Golfo di Biscaglia e viceversa.
Le orche di Gibilterra sono abituate alle interazioni con gli umani, in quanto, durante il passaggio primaverile del tonno rosso (nella migrazione che dall’Atlantico lo conduce verso il Mediterraneo), esse seguono i pescatori per far facili bocconi delle prede appena allamate. Facendo indignare non poco i pescatori. Ma non ci sono spiegazioni plausibili agli attacchi ai panfili e le supposizioni si sprecano.
C’è chi pensa che, a seguito di un incidente fra una o più orche con imbarcazioni, i cetacei prendano di mira deliberatamente alcuni scafi, con la consapevolezza di colpire il punto debole, ovvero il timone. Altri, suppongono che possa trattarsi di un semplice “gioco”, o di nuove abitudini “culturali”, peraltro tramandate direttamente dagli adulti ai giovani, come hanno potuto constatare dal vivo alcuni osservatori, come fosse un vero e proprio “schema sociale”.
Non sarebbe neanche una novità, considerando la spiccata socialità e le note capacità cerebrali dei grandi odontoceti, tra cui quella che viene definita “intelligenza emotiva”. Il fatto non ha precedenti in altre parti del mondo con queste proporzioni, pur essendoci stati, in passato, casi di orche che hanno colpito e danneggiato barche (tra i più noti quello che riguardò il Surprise di Ambrogio Fogar, nel 1978, in acque argentine). Per venire incontro ai diportisti, ci sono siti web, come orcaiberica.org, che segnalano in tempo reale la posizione dei branchi e le interazioni, con tanto di “mappa del rischio”.
Queste sono state registrate sia di giorno sia di notte (maggiormente nelle ore centrali della giornata), a una velocità media di 6 nodi, soprattutto su barche a vela (oltre l’80{2e3577d2bd6aebaa150c85c33fcd353783f1aa6c690283591e00ef60b3336fc8} dei casi, rispetto a quelle a motore) lunghe mediamente una dozzina di metri. Solo circa il 15{2e3577d2bd6aebaa150c85c33fcd353783f1aa6c690283591e00ef60b3336fc8} degli incontri è stato considerato grave, tanto da compromettere la navigazione delle imbarcazioni. Tra i consigli dati dagli esperti agli skipper, in caso di incontro, c’è quello di rallentare, spegnere l’autopilota e fermarsi, contattare il funzionario di zona (tramite 112 o canale radio 16), stare lontani dal timone o altre parti girevoli o ribaltabili e fotografare o riprendere gli animali (in particolare le pinne dorsali) per identificarli.
Dopo il loro allontanamento, va verificato che il timone funzioni e non vi siano danni tali da dover richiedere soccorso, ma occorre anche riferire alle autorità e ai ricercatori l’accaduto. Secondo le ultime risultanze scientifiche, le orche che frequentano le coste iberiche rappresentano una sottopopolazione, rispetto alle altre atlantiche dell’emisfero boreale, e sono geneticamente isolate rispetto a quelle norvegesi e islandesi.
Sono anche più piccole (non raggiungendo gli adulti la lunghezza di 7 metri) e sono state inserite nella Lista Rossa IUCN come a rischio di estinzione, risultando protette dalle legislazioni spagnola e portoghese sui cetacei. La loro esistenza dipende dagli incontri con altri “pod” di orche (anche per garantire uno scambio genetico fra gruppi diversi) e dalla disponibilità della loro principale preda, il tonno rosso. Sempre che non sia l’uomo, infastidito dalle persistenti e sgradite “interazioni”, a costituirne la principale minaccia per la sopravvivenza.






