Elettronica: l’ecoscandaglio, il terzo occhio
È un must per i pescatori, ma non può farne a meno neppure il diportista. Gadget ogni giorno sempre più tecnologico e affascinante, l’ecoscandaglio è oggi uno strumento dai mille risvolti, che non concede privacy ai pesci e offre maggior sicurezza nella navigazione.
Come navigavano gli antichi? Sicuramente male, preda degli umori del vento, con previsioni meteo spesso affidate alla lettura delle viscere di qualche animale sacrificale, e con scarse possibilità di manovra per districarsi da situazioni pericolose come secche e bassi fondali non segnati sulle carte… anche perché le carte, quelle poche disponibili, erano quanto mai approssimative.
Ma quanti naufragi si sarebbero potuti evitare se quegli antichi navigatori, invece di affidarsi a un improbabile scandaglio a mano, praticamente un piombo legato a un sagolino, avessero potuto disporre di un serio ecoscandaglio elettronico? Barche e navi dell’antichità non potevano fermarsi in pochi metri davanti a un bassofondale, togliendo manetta, come faremmo noi oggi con le nostre barche, o inserire la retromarcia, che a vela viene molto male, e hanno finito per disseminare i fondali del Mediterraneo di relitti che hanno fatto per decenni – e continuano a fare – la felicità degli archeologi subacquei.
Per arrivare ai moderni e sofisticati ecoscandagli presenti oggi su ogni barca, ci sono però voluti un paio di secoli, se consideriamo che un primo rudimentale apparecchio in grado di misurare la profondità fu brevettato solo nel 1913. Oggi, peraltro, l’ecoscandaglio è diventato parte di più complessi strumenti multifunzione che, come minimo, hanno all’interno anche un plotter cartografico, per cui anche chi non fosse direttamente interessato alla pesca, per la quale l’ecoscandaglio è un must irrinunciabile, finirà prenderci necessariamente confidenza.
D’altro canto considerare questo strumento solo come arma in più per gli appassionati di canne e mulinelli sarebbe riduttivo, perché diverse sue funzioni possono essere importanti anche per i semplici diportisti, velisti inclusi.
L’ecoscandaglio è il terzo occhio che ci aiuta a vedere laddove i nostri due nulla potrebbero, dandoci un’immagine del fondale che, a seconda della precisione dello strumento e dell’esperienza di chi lo legge può essere molto precisa. Di chi lo legge, dicevamo, ma aggiungerei anche di chi ne conosce i piccoli e grandi segreti. Perché se è vero che i brand di settore tendono da tempo a rendere i loro strumenti più intuitivi possibile, semplificando al massimo tutti i controlli e le schermate, è anche vero che nella sua evoluzione tecnologica l’ecoscandaglio si è arricchito di una quantità di funzioni che per essere pienamente sfruttate richiedono una certa preparazione.

L’importanza del trasduttore
Prima di scendere nel dettaglio vediamo però di capire per sommi capi il principio di funzionamento di un ecoscandaglio elettronico, che in teoria è molto semplice. Tre le componenti base: un trasmettitore che emette un impulso elettrico; un trasduttore che prima lo trasforma in ultrasuoni e lo spedisce in profondità e poi ne recepisce l’eco rinviato da qualunque oggetto solido su cui rimbalza; un ricevitore che trasforma questo segnale in una serie di elementi grafici riportati sul display. Queste tre semplici componenti, anno dopo anno, sono però diventate sempre più complesse, mettendosi al servizio soprattutto dei pescatori più evoluti e trasformando lo strumento in una fantastica macchina operativa.

Come detto, però, l’ecoscandaglio può essere utile a qualunque diportista, e per un suo uso di base non sono necessari equilibrismi concettuali. Tanto più che gli ultimi aggiornamenti tecnologici consentono un ottimo funzionamento in automatico delle varie funzioni, liberando quindi l’utilizzatore dalla preoccupazione dei vari controlli.
Nella sua funzione essenziale lo strumento ci indica la profondità, cosa tutt’altro che secondaria quando ci si avventura su bassi fondali o si approda a ormeggi poco conosciuti, senza dimenticare che un’apposita regolazione consente di far partire il segnale dalla superficie o dal limite immerso della nostra chiglia, che se siamo su una barca a vela non è un dettaglio. Oltre alla profondità, come elemento base, l’eco ci mostra anche la morfologia del fondo, che al momento di dare ancora con la speranza di recuperarla senza problemi ha il suo perché.
Una volta ancorati, soprattutto dovendo passare la notte in rada con una situazione meteo poco tranquilla, l’eco torna utile anche con i suoi allarmi indicanti variazioni di profondità, che andranno settati con un intuitivo margine di sicurezza in modo che uno spostamento pericoloso consenta di provvedere a risolvere la questione.

Questa la base per uso tipicamente diportistico dell’ecoscandaglio, che per funzionare bene ha però bisogno di un dettaglio fondamentale: il buon posizionamento del trasduttore, di cui peraltro esiste una grande quantità di tipi e modelli a prescindere da quello che avrete probabilmente avuto in dote con il vostro plotter cartografico. La scelta del trasduttore può variare secondo esigenze, il suo posizionamento no, e vediamo perché.
Per non falsare la misurazione, il fascio di ultrasuoni emesso da un trasduttore – impercettibile per la sua alta frequenza all’orecchio umano – deve essere perpendicolare alla superficie del mare. Inoltre deve essere perfettamente libero da disturbi “sonori” quali potrebbero essere la scia di un’elica o di qualche altra appendice di carena. Questo porta, soprattutto sulle barche più importanti, a posizionarlo preferibilmente a mezzanave in versione passante, anche se questo implica di forare le scafo: un dolore fisico per l’armatore, una potenziale per quanto remota via d’acqua che consiglia di affidare il lavoro a un cantiere esperto, ma anche la soluzione ottimale ai fini dell’operatività dell’eco.
Inoltre, per assumere il suo necessario assetto lineare, il trasduttore, soprattutto se passante, deve essere inserito in una piccola taccatura o, meglio ancora, in un “fairing block””, che è una sorta di barchetta profilata e idrodinamica resinata allo scafo, dentro la quale viene posizionato il dispositivo vero e proprio. Da notare che una soluzione ancora più elegante e idrodinamicamente favorevole prevede il montaggio del trasduttore a filo scafo.
Sulle barche più piccole vengono generalmente montati trasduttori “a scarpetta” sullo specchio di poppa, installazione apparentemente banale ma che tanto banale non è. Per poter emettere correttamente il suo segnale, il trasduttore deve infatti lavorare sempre a pelo d’acqua: una posizione che richiede in genere un compromesso fra andatura dislocante e planante, perché, quando la barca si alza in velocità, c’è sempre il rischio che il trasduttore non peschi più, con conseguente perdita di segnale, mentre a lento moto potrebbe diventare un freno idrodinamico, peraltro esposto a danneggiamenti.
In realtà esiste una terza possibilità, che è quella di montare il trasduttore internamente allo scafo, scegliendo però un punto in cui la vetroresina non sia troppo spessa e soprattutto non abbia cuscini d’aria o di materiale espanso (ma conta anche il legno) che bloccherebbero il segnale. Segnale che, in questo caso, perde un minimo di potenza: dettaglio del tutto ininfluente per un diportista, e poco più per un pescatore che non sia troppo sofisticato. Il montaggio all’interno dello scafo richiede però un minimo di dimestichezza con il bricolage, sempre che non si preferisca ricorrere a un bravo tecnico.
Si tratta infatti di costruire un bicchierino in materiale plastico (va benissimo anche un normale pezzo di tubo per le condutture idrauliche opportunamente sagomato) resinandolo o siliconandolo al fondo della carena e curando l’assetto lineare del trasduttore che verrà posto all’interno e che andrà comunque collegato all’ecoscandaglio dopo aver riempito di liquido il bicchierino: perfetto l’olio di vaselina, ma, in casi estremi, va temporaneamente bene anche l’acqua di mare. Due parole ancora sulla scelta del trasduttore riguardano il materiale di costruzione, che può essere plastica, per quelli più economici, o bronzo, per i più precisi ma anche più costosi. Ai fini di un uso diportistico, tuttavia, ferma restando l’opportunità legata alle dimensioni della barca, le differenze sono accettabili, se non appunto quelle del prezzo.

Io pesco, tu eco
Se però vogliamo utilizzare il nostro ecoscandaglio anche in pesca le cose cominciano a complicarsi, perché la scelta del trasduttore deve tener conto di altri parametri commisurati alle nostre esigenze e al nostro stile di pesca, la prima delle quali legata al tipo di tecnica che andremo a praticare. Qui infatti entrano in ballo altri parametri dell’ecoscandaglio e del trasduttore, quali la potenza e la frequenza. La prima, riferita al segnale emesso dal trasmettitore al trasduttore (RMS), viene espressa in Watt e indica intuitivamente la capacità dell’eco di raggiungere le maggiori profondità, fermo restando che sulla profondità massima da cui ottenere immagini sufficientemente dettagliate influiscono anche fattori come salinità, temperatura e torbidità dell’acqua.
Ragione per la quale non tutte le aziende inseriscono nelle specifiche tecniche dei loro prodotti la profondità operativa. Tanto per dare un riferimento pratico, possiamo comunque dire che con una potenza di 5-600 W si possono battere con soddisfazione fondali di 150-200 metri.
La frequenza, espressa in Hertz, indica la quantità di onde sonore emesse dal trasduttore in un secondo e, nel caso dell’ecoscandaglio, viene – o meglio veniva – generalmente fornita di default con una doppia possibilità compresa fra i 50 e i 200 kHz. L’imperfetto è dovuto al fatto che quasi tutti i più moderni ecoscandagli applicano ormai la tecnologia CHIRP (Compressed High-Intensity Radiated Pulse), che invece di lavorare su una singola frequenza opera simultaneamente su un fascio di frequenze, che possono andare da 28 kHz fino ad un massimo di 210 kHz con relativo cambio del cono di lettura, offrendo in questo modo un’immagine notevolmente più definita. Le frequenze singole possono tuttavia tornare utili in alcune situazioni, ad esempio nel drifting ai tonni, in quanto possono dare maggior risalto al singolo bersaglio.

Per semplificare il discorso, a vantaggio dei meno addetti ai lavori, proviamo a seguire le esigenze delle varie tecniche di pesca. Se peschiamo a bolentino su basso o medio fondale potremmo utilizzare preferibilmente un ecoscandaglio di media fascia con una potenza di 5-600 W, magari con l’ausilio, a seconda della marca, di qualcuna delle specifiche funzioni di cui parleremo più avanti, che ci saranno utili oltre che per capire la morfologia del fondale anche per monitorare il movimento dei pesci.
Pescando a traina, sia col vivo sia con l’artificiale, la lettura del fondale e la possibile individuazione del bersaglio con la barca in movimento diventeranno fondamentali. La regolazione del gain dovrà essere perfetta a seconda della situazione: meglio quindi regolarla manualmente con la barca in velocità di traina “pulendo” lo schermo dal possibile eccesso di disturbi… ovviamente senza esagerare altrimenti avremo un inutile schermo bianco.
A vantaggio dei meno esperti molti ecoscandagli possiedono la cosiddetta funzione “Fish” ID, che sostituisce le marcature con delle piccole icone a forma di pesce, proporzionandone la grandezza rispetto al segnale e indicandone la profondità. Il sistema è molto intuitivo e di certo all’inizio è un ottimo aiuto, ma non ha la sensibilità dell’immagine della vera marcatura, e viene generalmente abbandonato dopo aver acquisito un po’ d’esperienza. Trainando presumibilmente su fondali oscillanti fra i 20 e i 50 metri, più che la potenza è importante la precisione del dettaglio per poter individuare non solo eventuali prede a mezz’acqua, ma anche quelle che stazionano più sul fondo, come ad esempio dentici e cernie.
Non dimentichiamo che il display dell’ecoscandaglio riporta solo quello che appare nel cono di emissione del trasduttore, vale a dire che un bersaglio che entra e che esce da questo cono, per il suo proprio movimento o per quello della barca, viene colpito dal fascio di ultrasuoni in modo proporzionale, con la conseguenza di apparire sullo schermo come una V rovesciata. Come vedremo, per snidare pesci che si muovono quasi a contatto con il fondo, sono state sviluppate specifiche e sofisticate funzioni di cui, anche se con diverso nome, dispongono un po’ tutti i più moderni ecoscandagli.
Chi ama spingersi su fondali più impegnativi, come gli appassionati del bolentino di profondità, che pescano abitualmente su fondali di 4-500 metri, avrà invece bisogno di molta potenza, per cui sarà necessario un trasduttore da 1kW, che alcuni eco di alta fascia hanno già incorporato di serie nello strumento. In molti casi questa potenza viene fornita da una black box esterna allo strumento che può arrivare a potenze elevatissime (2-3 kW) ad uso prevalentemente professionale.

La scelta giusta
Una volta analizzata la parte più software dello strumento, qualche attenzione va riservata anche all’hardware. Premesso che nella maggior parte dei casi l’ecoscandaglio sarà parte integrante di un MFD (Multi Function Display), questo potrà avere varie dimensioni e tipologie.
Quelli a incasso saranno indubbiamente più eleganti, anche se obbligati a determinate posizioni; quelli a staffa, un po’ più ingombranti, avranno il vantaggio di poter essere posizionati nel punto più funzionale, oltre a quello di poter essere facilmente smontati a fine giornata per evitare spiacevoli furti. In ogni caso, per un pescatore che in azione di pesca debba lavorare con una mano al timone e un occhio all’eco, la perfetta visibilità del display è fondamentale. Su un piccolo open, dove spesso si opera in solitario, il posizionamento in plancia su apposita staffa è scontato.
È però importante che il display sia perfettamente visibile da ogni punto della barca e posizionato al riparo da fastidiosi riflessi del sole, mentre i colpi di mare non dovrebbero infastidirlo data la buona impermeabilità dei moderni strumenti. Da notare che indossando occhiali polarizzati (un must per chi sta in mare molte ore al giorno), il classico display dell’MFD non è comodo dal punto di vista visivo, poichè richiede di piegare leggermente la testa per “sbloccare” la polarizzazione. Gli ecoscandagli più recenti hanno tuttavia risolto il problema, perciò, in fase di acquisto, è bene tenerne conto.
Un altro dettaglio tutt’altro che secondario riguarda le dimensioni dello strumento. Per un pescatore in apnea che concentrerà la sua attenzione prevalentemente sulla morfologia del fondale, andrà più che bene anche un modello di fascia bassa, dotato delle funzioni base visibili su un display da 5-7” facilmente collocabile sulla console di un gommone. Va però fatta una considerazione: la leggibilità di un piccolo display al servizio dell’ecoscandaglio, potrebbe risultare insufficiente quando lo stesso display venisse utilizzato anche come cartografico.
Per un appassionato di traina o di bolentino servirà comunque un display leggermente più grande, se non altro per poter sfruttare al meglio le numerose funzioni accessorie offerte dalla moderna tecnologia, che a volte per una contemporanea leggibilità richiedono la suddivisione dello schermo in più sezioni. Sui grandi fisherman… champagne! Display da oltre 20” sono la norma e, a volte, si tende addirittura a raddoppiare lo strumento per avere la piena disponibilità di due schermi, uno dei quali dedicato magari al cartografico.

Gadget da pesca
Le più recenti tecnologie dell’elettronica nautica hanno portato gli ecoscandagli a raggiungere risultati eccezionali. Benché spesso celate sotto nomi diversi, le varie tecnologie dei maggiori brand del settore consentono, ad esempio, utilizzando sistemi ad altissima definizione, una scansione dei bersagli straordinariamente dettagliata e di facile lettura: possono disegnare un relitto in forma quasi fotografica, separare i pesci dal fondo anche quando sono quasi poggiati sulla roccia, ma anche offrire una scansione laterale che mostra il fondo ai lati della barca con un angolo oscillante intorno ai 60°.

Quest’ultima funzione, che ha un range orizzontale di circa 60-70 metri e può leggere in profondità fino agli 80-90 metri in condizioni d’acqua ottimali, è particolarmente utile anche ai fini della sicurezza di navigazione dato che, oltre alla presenza di possibili prede, mostra con precisione anche eventuali secche o scogli affioranti. La scansione laterale torna però utile anche per individuare con precisione specifici hot spot o rendere più leggibili i dati di una scansione tradizionale.

Altro gadget di grande utilità per i pescatori è quello che riguarda la cartografia personalizzata, che è possibile creare con un’apposita funzione presente – con nomi diversi – nei vari brand. La precisione delle cartografie ufficiali non può sempre soddisfare le esigenze del pescatore a livello di dettaglio: con il software in oggetto, invece, è possibile “battere” in tempo reale il fondale sul quale navighiamo, decidere la scansione delle batimetriche fino al limite dei 30 cm, eventualmente colorare la varie fasce d’acqua di nostro interesse in modo da facilitare al massimo l’azione di pesca, e poi memorizzare il tutto.
La maggior parte dei grandi brand consente anche di condividere questi dati in una community, ma abbiamo seri dubbi che un pescatore sia disponibile a mettere in rete i propri hot spot. Facile intuire in ogni caso che una volta fatta la scansione di una certa area e valutati i punti di maggior interesse, sarà possibile stabilire una rotta preferenziale e, inserendo l’autopilota, lasciare che la barca la segua dedicandoci totalmente all’azione di pesca.
Il mondo dei trasduttori è un mare infinito a base di sigle incomprensibili ai non addetti ai lavori, pertanto non entreremo nel dettaglio se non per ricordare che esistono anche trasduttori in grado di guardare avanti alla prua dell’imbarcazione per un raggio di 80-90 metri con un angolo di circa 20°; altri in grado di mostrare il movimento reale dei pesci anche a barca ferma.
C’è poi la funzione che mostra la natura del fondale (roccia-sabbia-alga-fango) e il trasduttore che offre un’immagine omnidirezionale a 360° con un raggio di circa 50 metri. Non basta? Allora mettiamoci anche l’ecoscandaglio “da lancio”, che utilizzerà come display il vostro smartphone in wireless (dovrete lanciare il trasduttore non lo smartphone), mentre il trasduttore (75 gr.) con tanto di GPS integrato, potrà essere lanciato in mare con una canna da pesca, con la quale potrà ovviamente essere recuperato, andando a scansionare il fondale fino a circa 45 metri di profondità.<p style=”text-align: center;”></p>









