Marinai pelosi: Quattro zampe fra le onde
Al momento di andare in vacanza, una moltitudine di diportisti si trova a dover risolvere il problema di dove lasciare il proprio quattrozampe, cane o gatto che sia. Molti lo risolvono nel modo più semplice: portandoselo in barca!
Animali a bordo
Al di là di un’analisi delle relative problematiche che riguardano padroni e quattrozampe, è un fatto che il legame che si crea con gli animali di casa, spesso e giustamente considerati parte della famiglia, rischia di essere brutalmente interrotto da un momento che dovrebbe invece essere sintesi di relax e piacevolezza. Come pensare a divertirsi mentre il nostro animaletto langue nella pur confortevole gabbia di una pensione, sentendo la nostra mancanza fino al punto – a volte – di rifiutare il cibo? Inaccettabile per molti. Per questo la soluzione migliore, peraltro capace di arricchire di piacevoli sensazioni la nostra vacanza, anche se parliamo di un ambiente ristretto e difficile come la barca, è quella di averli con noi a bordo. Una soluzione che richiede qualche sacrificio, molta considerazione e con profonde differenze fra cani e gatti: due mondi assolutamente diversi.
Parlando genericamente di quattrozampe, ad esempio, l’intercomunicazione che a volte fonde l’uomo con il suo cane e che consente di poterne gestire l’obbedienza, sembra venir meno quando le quattro zampe sono quelle di un gatto. Il noto assioma secondo cui quando chiamate il vostro cane lui viene, quando chiamate il vostro gatto lui prende nota poi vi farà sapere…è assolutamente vero. Ciò nonostante il gatto ha un suo fascino, un suo mondo misterioso e inarrivabile, che ha sedotto l’uomo fin dalla più profonda antichità: i gatti, tanto per dire, erano di casa nelle barche dell’antico Egitto che solcavano il Nilo e le numerose mummie giunte fino a noi testimoniano la sacralità di cui era oggetto. Dunque, quella del gatto di bordo è stata una tradizione mantenuta a lungo fin dal medioevo su navi di tutti i tipi, incluse quelle militari in tempi moderni. Da par suo, il cane non è da meno, potendo vantare imprese eroiche nei salvataggi in mare, anche se poi, nella gestione nautico-diportistica, la faccenda diventa un po’ più complessa, se non altro per questioni pratiche di dimensioni e di…bisogni personali. Ma di questo parleremo tra qualche riga.
Prima di entrare in un’analisi più specifica, può essere utile tracciare un quadro sommario della situazione. Rendere il vostro quattrozampe partecipe delle vostre vacanze nautiche ha una doppia valenza: da una parte risolve il problema pratico e affettivo di non dover “abbandonare” seppur temporaneamente (pensione o amici che siano) il vostro compagno di vita; dall’altra, la gioia di condividere con lui i momenti spensierati della vostra vacanza. Ma sarà lo stesso per lui? E quanto costa questa gioia in termini di limitazioni e di sacrifici? E’ qui che si apre una forte dicotomia, poiché seppur le zampe restano sempre quattro, la differenza fra portarsi dietro un cane o un gatto è decisamente notevole.
Dal punto di vista affettivo, di sicuro un cane pur di stare vicino al suo padrone sarebbe disponibile a salire in testa d’albero, laddove un gatto, se non vogliamo dire che se ne infischia allegramente perché in fondo verrà sempre a chiedere due coccole (soprattutto quando la ciotola dei croccantini scarseggia), diciamo pure che sarà molto più distaccato. Ai fini del benessere di animale e padrone va poi considerata la stazza. Se parliamo di cani, ad esempio, fra un terranova e un jack russel, c’è indubbiamente una certa differenza di carico, mentre se parliamo di gatti, salvo che non vi portiate dietro un surrogato di tigre siberiana la stazza è uniforme e molto ridotta, con un plus da non sottovalutare.
Un cane ha infatti bisogno della sua cuccia o di qualcosa che le assomigli e faccia “casa”, un gatto sceglierà la sua dimora di bordo nei posti più impensati, passando la maggior parte del tempo in un sonno profondo e sordo ad ogni richiamo. Tanto per capirci, e mi si perdoni l’amarcord personale: ci fu un giorno in cui non riuscendo in alcun modo a trovare Capitan Micky (per la cronaca il mio attuale gatto), dopo aver setacciato ogni angolo della barca mi stavo già abbandonando all’angoscia di averlo perso in mare, quando, con un contenuto miao e con la massima indifferenza, è uscito fuori dall’intercapedine di un oblò, per altro chiusa da una tendina, stiracchiandosi felice.
Cani in Barca
Come detto, per tutti i possessori di cani al momento di andare in vacanza in barca si presenta il problema tutt’altro che indifferente: che fare del fratellino a quattro zampe? Certo la soluzione più sbrigativa si chiama “pensione” o, bene che vada, amici o parenti disposti a darci una mano. Ma se il vostro bau-rapporto è serio, la separazione è sempre triste per entrambe le parti. Del resto, se la barca lo consente, portare a bordo il proprio cane e dividere con lui i piaceri della vacanza può richiedere un pizzico d’impegno in più, ma di sicuro vi regalerà anche molte sensazioni piacevoli. E non dimenticate mai che il vostro cane, se è realmente “vostro” fisicamente e sentimentalmente, preferirà tutte le scomodità del mondo pur di starvi vicino. Senza esagerare, naturalmente, né in un senso, né nell’altro.
Non possiamo infatti pensare di trasformare la nostra barca in una bau-boat a uso e consumo del nostro quattrozampe, ma neanche possiamo evitare di creargli quel minimo di comodità per fargli meglio vivere una realtà per lui inconsueta, quando non del tutto nuova. Nessuno, infatti, ha mai capito perché “lupo di mare” sia indice di esperienza e capacità marinaresche, data l’assoluta mancanza di punti di contatto tra il mondo dei lupi e quello delle onde. E meno che mai, con buona pace degli squali, si capisce l’analogia fra pesci e cani. Ma così è se vi pare. Un primo esame della situazione riguarda la compatibilità con il mare.
Ci sono cani, o meglio razze canine, che, per evoluzione forzata o più semplicemente per addestramento, hanno con l’acqua la massima familiarità, tanto che a volte appena la barca si ferma è difficile tenerli a bordo. Altri vedono la barca come il diavolo e con questi ci vuole molta più pazienza. Ma prima o poi si adattano. La proporzione dimensionale fra barca e animale ha ovviamente la sua importanza. Probabilmente un chihuahua non avrebbe problemi su un Viking 80’, mentre forse un terranova piuttosto che starsene ingolfato su un open di 5 metri preferirebbe buttarsi in acqua per disperazione. Ma va anche considerata la tipologia di barca, poiché un veliero soggetto prima o poi a sbandare presenta di certo più problemi di un trawler.
Lupi di mare?
Ciò nonostante, anche se alcuni cani come già detto hanno con l’acqua un rapporto ottimale, non vuol dire che si trovino a loro agio anche in barca, ma – come detto – molto dipende dalla taglia dell’animale e dal tipo di barca. In navigazione, ad esempio, nonostante le sue quattro zampe, il baricentro basso, e il ben noto piede del terrier da cui secondo la pubblicità pare derivino le più efficienti suole per le scarpe da barca, il cane non avrà a bordo grande stabilità. Non avendo il magico equilibrio di un gatto, ma soprattutto non avendo percezione visiva delle onde in arrivo, in caso di mare mosso potrà facilmente sbilanciarsi. Ovvio quindi che, quando la situazione non si presenta idonea, il cane va tenuto rigorosamente nel pozzetto. La sua adattabilità è però in alcuni casi straordinaria.
Non solo abbiamo visto cani muoversi a bordo, sopra e sottocoperta, come nel salotto di casa, ma ne abbiamo visti anche alcuni in grado di farsi autonomamente un bagnetto rinfrescante e risalire poi la scaletta (leggermente adattata) per tornare a bordo. A scanso equivoci, esattamente come quando si hanno a bordo bambini e soprattutto se il cane è di piccola stazza, è consigliabile mettere delle reti di tamponamento lungo pulpiti e battagliole.
Come ulteriore precauzione, in caso di situazioni poco tranquille, è bene ricordare che il cane – alcune razze più di altre e terranova e labrador in primis – è in genere un buon nuotatore anche se si stanca presto e dotarlo di un salvagente su misura – oggi il mercato ne offre molti tipi – è cosa saggia e intelligente.
Il salvagente, inoltre, grazie alla sua visibilità è, in caso di caduta in mare, un ottimo punto di riferimento cromatico per tenere d’occhio l’animale durante il recupero. Certo, farglielo indossare a volte può essere un problema ma, se con i cani alla fine ci si riesce, con un gatto è una vera battaglia. Infine, un problema tutt’altro che secondario riguarda specificamente le barche da pesca.
Non certo i pescherecci, dove il cane di bordo ha tutto lo spazio che desidera e all’ormeggio diventa anche un’ottima guardia, ma soprattutto i fisherman sportivi. Se a bordo c’è un cane, soprattutto se cucciolo e quindi particolarmente curioso, occorre essere molto attenti e ordinati con gli ami e soprattutto con gli artificiali e con le loro ancorette, perché c’è il serio rischio che il cane finisca allamato come un tonno.
Un po’ di etichetta
In realtà, volendo sintetizzare, i problemi da considerare nel portare a bordo il proprio amico a quattro zampe, sono essenzialmente tre. Il primo potrebbe essere irrisolvibile nel senso che, come già accennato, è importante che la proporzione dimensionale fra cane e barca non penalizzi l’animale (e tutto sommato neanche noi). Un secondo problema, più facilmente risolvibile, riguarda la sensibilità del cane al mal di mare, un discorso che può essere individuale (esattamente come negli esseri umani), ma che in caso negativo può migliorare con l’andar del tempo.
Da questo punto di vista, ma in realtà per tutto quello che riguarda l’adattamento a bordo, ogni cosa risulterà più fa-cile se il cane scoprirà i piaceri e le emozioni del navigare fin da cucciolo. Anche il terzo problema può essere risolto con relativa facilità, nel senso che basta alla fine un po’ di metodo e pazienza. Per quanto possa essere bene educato un cane non può infatti capire le restrizioni dimensionali di una barca e la relativa mancanza degli odori più stimolanti per marcare il suo territorio.
Se – tanto per giocare con le parole – per i suoi bisogni quotidiani potrebbe essere ispirato dall’albero…di una barca a vela, su una barca a motore potrebbe trovarsi sicuramente a disagio. Molti animali riescono a trattenersi finché non scendono a terra, sia questa il cemento di una banchina o la sabbia di una spiaggia. Ma qualche volta, specie su barche grandi, si può insegnare al cane a utilizzare una determinata parte della coperta, adeguatamente preparata: possibilmente posizionata a prua, in quanto lontana dalla zona di operazioni e più facilmente lavabile con qualche secchiata d’acqua. In sostanza, per dare al cane quel minimo di comodità necessaria per tranquillizzarlo e farlo star bene a bordo, basta ricavargli una cuccia all’ombra e non fargli mancare mai una ciotola d’acqua.
L’acqua dolce è necessaria anche dopo un bagno in mare per sciacquargli il pelo, sia perché il sale non fa granché bene sia perché in questo modo si asciugherà prima e si eliminerà l’odore tutt’altro che gradevole del pelo bagnato. Oltre a navigare, una barca sta spesso anche in porto e, anche in questo caso, è necessario adottare qualche accorgimento. Pur non avendo il magico equilibrio di un gatto, un cane non ha in genere problemi a scendere a terra attraverso la passerella, ma se lo vedete un po’ titubante, magari perchè la passerella non è molto stabile, è importante aiutarlo o, se possibile (dimensioni consentendo), prenderlo in braccio.
Per una questione di rispetto verso gli altri non è però mai consigliabile lasciarlo libero di scendere quando vuole, perché, oltre al fatto che in genere il regolamento dei marina lo vieta, c’è anche il caso che, privo del dovuto controllo, lasci qualche “regalino” dove non dovrebbe.
Pazienza e disciplina saranno poi necessari anche se si tratta di un cane nervoso e sospettoso, di quelli che abbaiano e ringhiano a chiunque, per la gioia dei vicini di barca.
Una storia antica
Secondo stime delle varie associazioni accreditate, in Italia la presenza di cani e gatti domestici sarebbe più o meno paritaria (circa sette milioni per categoria), ma il condizionale è d’obbligo dato che la registrazione all’apposita anagrafe è obbligatoria solo per i cani. Facile quindi pensare che i gatti casalinghi siano ben di più. Allo stesso tempo, però, è un fatto che in barca sia più facile vedere cani che gatti.
I perché possono essere vari: uno potrebbe essere che è più facile sistemare un gatto presso amici o parenti durante le vacanze; un altro, che il gatto è notoriamente poco amante dell’acqua; un altro ancora che l’indipendenza affettiva del gatto non gli farebbe pesare l’eventuale “pensione”.
Tutte affermazioni, salvo forse la prima, prive di senso. La più importante da sfatare è però l’antitesi fra gatti e vita di bordo. Abbiamo già detto della considerazione dei gatti nell’antico Egitto, navi nilotiche incluse, ma potremmo aggiungere che anche nell’antica Grecia un gatto a bordo, soprattutto per le sue capacità disinfestanti (un tempo i topi a bordo erano una vera iattura), era una presenza costante, così come in tutti i secoli a seguire. Il “Consolato del Mare”, trattato di diritto commerciale marittimo rimasto in vigore fino al XIX secolo, disponeva addirittura che il comandante di ogni nave mercantile dovesse imbarcare un numero sufficiente di gatti per cacciare i topi, al fine di non rovinare le merci trasportate.
E sfatiamo anche la leggenda del gatto nero che porta sfiga perché, a parte la straordinaria bellezza dei gatti neri, gli inglesi nella loro marcata originalità li consideravano a bordo come un vero portafortuna.
E tanto per rimanere oltre Manica, ricordiamo che soltanto nel 1975 la marina britannica ha abolito una vecchia norma per la quale nessuna delle sue navi da guerra aveva il permesso di navigare senza avere a bordo un gatto. Infine chiudiamo la parentesi sto-
rica con un’altra curiosità che sottolinea il rapporto degli inglesi con i gatti: il noto nodo che chiamiamo “bocca di lupo”, per gli inglesi è il “cat hook”. Del tutto personale è invece l’ironico quesito: ma la sinuosa leggerezza del “catamaran” avrà qualcosa a che vedere con il “cat” a quattro zampe?
Il gatto marinaio
Sfatata la leggenda che vuole il gatto inadatto alla vita in barca, vediamo allora come il nostro amico peloso si adatta alla routine di bordo. Allora diciamo subito… bene e sicuramente meglio di come si adattano certi cani. Soprattutto, rispetto al cane, il gatto rende la vita molto più facile ai suoi padroni.
Le più faticose e fastidiose esigenze legate a soddisfare le esigenze di un cane, ad esempio, decadono a partire da quella fondamentale: un gatto non ha alcuna esigenza di scendere a terra per fare i suoi bisogni. E’ infatti sufficiente la sua amata lettiera, ben posizionata e magari cambiata un pò più frequentemente di quanto facciamo a casa. Inoltre non c’è bisogno di risciacquare il suo pelo bagnato con la preziosa acqua dolce di bordo perché, anche se non mancano eccezioni, è ben difficile che un gatto si faccia il bagno in mare.
Un gatto, inoltre, non ha necessariamente bisogno della sua cuccia e, alla fine, è proprio lui a scegliersi il posto giusto, a volte il più impensato, per altro variandolo di continuo. Personalmente posso dire che, sottocoperta, il tavolo da carteggio è il più gettonato, seguito dalla mensola portaoggetti, dall’intercapedine dell’oblò, dalla spalliera della dinette e, solo come ultima scelta, il cuscino a lui dedicato con tanto amore, poggiato sul divano. In coperta vincono i cuscini del pozzetto, qualche volta un angoletto sotto lo sprayhood.
Ma con la barca ormeggiata, anche la plancetta di poppa sembra avere un fascino irresistibile. Da non dimenticare, inoltre, come ulteriore vantaggio di tranquillità, che un gatto dorme almeno 12-13 ore al giorno, per cui a volte la sua presenza a bordo, salvo qualche nostra irrefrenabile esigenza di coccola forzata, è del tutto inavvertita. Unico problemino, tuttavia risolvibile, potrebbe essere quello della sua passione a farsi le unghie su qualunque cosa offra un valido appiglio. La soluzione più semplice si chiama tiragraffi ma, se il gatto non è abituato a usarlo in casa, potrebbe ignorarlo del tutto, preferendo la stoffa dei divani. Capitan Micky, per capirci, a casa ama farsi le unghie su un vecchio pezzo di moquette dal quale ho ritagliato una porzione che è entrata validamente in forza fra le dotazioni di bordo.
Un altro piccolo problema con il gatto può sorgere all’ormeggio. Le classiche distanze dalla banchina, che possono creare qualche difficoltà agli umani poco agili, sono invece un invito a nozze per un gatto, animato da insaziabile curiosità. E persino quando queste distanze sembrano a noi insuperabili, le capacità di salto di un felino sono a volte incredibili.
E un gatto libero in banchina può essere un problema. Innanzi tutto perché potrebbe andarsene a curiosare in giro perdendo la strada di casa, ma anche perché le banchine sono spesso frequentate da cani altrettanto spesso non tenuti a guinzaglio.
Un altro problemino di non poco contro potrebbe sorgere con i vicini di barca, proprio perché, data la minima distanza di separazione, l’inarrestabile curiosità di cui sopra potrebbe portare a visite non sempre gradite. Personalmente non ho mai trovato soluzione al problema, se non quella di tenere il gatto in coperta solo quando è possibile sorvegliarlo. In compenso, una volta in navigazione, un gatto ci fa preoccupare meno per la sua sicurezza, date le su proverbiali doti di agilità ed equilibrio. Tuttavia, questo non ci esime dal tenerlo d’occhio, soprattutto nel caso si dovessero affrontare condizioni meteomarine difficili.
A parte il fatto che il gatto è il primo a scegliersi la posizione più vantaggiosa, ovvero sottocoperta, dotarlo di un salvagente a pettorina è una buona precauzione, a patto di farglielo accettare. Nel caso finisse in mare non potremmo per altro contare sulla sua scorta di ben nove vite, ma sarebbe bene preoccuparci di recuperarlo al più presto e, a tal fine, il colore acceso del salvagente di sicuro ci aiuterebbe. Va comunque tenuto presente che, se costretto, un gatto è perfettamente in grado di nuotare, anche con una discreta resistenza, mentre per recuperarlo dall’acqua uno dei sistemi più sicuri e sbrigativi, soprattutto con mare formato, è un robusto guadino da pesca.
Il capitolo mal di mare riguarda indifferentemente cani e gatti, così come gli umani. Non mi è mai capitato un quattrozampe che inizialmente non soffrisse il mal di mare, ma tutti si sono poi poco a poco abituati finendo col subire rassegnati anche condizioni di mare mosso. Il consiglio è però quello di curare un adattamento progressivo, ovvero iniziare la crociera con tratti brevi, mare calmo e soste frequenti. Volendo, su specifico consiglio del veterinario e in base alle dimensioni e allo stato di salute dell’animale, possono essere somministrati farmaci adatti.
In conlusione, lo ribadiamo per l’ennesima volta: quali che siano le accortezze e i piccoli sacrifici richiesti dall’avere a bordo il proprio amico a quattro zampe – cane o gatto che sia – questi saranno più che ampiamente ripagati dalla gioia di condividere i momenti più belli della vacanza. Magari lui potrebbe non apprezzare più di tanto la bellezza di un tramonto in rada, ma di certo apprezzerà quel relax e quel senso di tranquillità che saremo in grado di trasmettergli. E, forse, finiremo per fare le fusa pure noi.
Quattrozampe famosi
Se si parla di terraferma non ci sono dubbi, i cani sono protagonisti assoluti di storie e leggende: da Peritas, il celebre cane di Alessandro Magno, a Titina, la cagnolina imbarcata sul dirigibile Italia, del generale Nobile; da Laika, primo cane nello spazio, ad Hachiko che aspettò il suo defunto padrone per 25 anni.
Fino agli eroi dei giorni nostri: Lassie, Rin Tin Tin, Dox, il commissario Rex e via dicendo. E va anche detto che se oggi, parlando di quattrozampe in barca, è ancora il cane al vertice della piramide, i gatti si prendono la loro rivincita quando entriamo – come direbbero gli anglosassoni – nella “Hall of Fame” storica degli animali naviganti. Se, infatti, non conosciamo particolari vicende di cani divenuti famosi per la loro presenza a bordo di barche o di navi, ne conosciamo diverse di gatti entrati nella storia, tanto quella antica quanto quella moderna riportata dai social.
A partire da Amelia, oggi forse il gatto, anzi la gatta più famosa del web. Splendida e romantica la sua storia che inizia nel 2013, quando Liz Clark, una surfista californiana divenuta navigatrice solitaria a bordo del suo Swell, un bello sloop di 12 metri del 1966, arrivata in Polinesia un giorno si ritrovò a bordo una bella gattina tigrata di sei mesi che decise che quella poteva essere la sua casa. Da allora è iniziata la storia di un inseparabile amore durato oltre 35.000 miglia, un rapporto che, passato attraverso mille avventure, ha indubbiamente arricchito la vita di Liz e, forse, anche quella di Amelia. E chissà quanto sarebbe durata questa bella storia, se non fosse finita tragicamente all’inizio del 2018, quando, in un tristissimo mattino, Amelia è stata attaccata da un grosso cane e, nonostante le cure prestate, non è riuscita a sopravvivere alle ferite.
La storia di Amelia è diventata virale, essendo Liz anche un’ottima blogger, ma per capire quale può essere il legame fra un gatto e un umano, soprattutto a bordo di una barca in giro per gli oceani, vale la pena di leggere sul blog la lunga lettera che Liz ha dedicato ad Amelia.
Se però guardiamo un po’ più indietro nella storia, troviamo proprio sulle navi militari una quantità di gatti divenuti famosi: da Blackie, forse l’unico gatto ad esse salutato da un primo ministro (Winston Churchill), a Convoy, gatto di bordo della HMS Hermione, che a bordo aveva la sua amaca fra le cuccette dei marinai, e che purtroppo andò a fondo quando la nave fu silurata da un sottomarino tedesco. Simon, gatto di bordo dell’Amethyst, nonostane le ferite riuscì invece a sopravvivere al bombardamento della sua nave e continuò a “servire” il suo paese: fu l’unico gatto insignito della Dickin Medal e, quando morì, fu sepolto con tutti gli onori.
Ma forse al vertice della classifica degli eroi di guerra andrebbe messo Oscar, poi soprannominato “The Unsinkable Sam”, ovvero l’inaffondabile. Era il gatto di bordo della Bismark, ma sopravvisse all’affondamento della corazzata con altri 116 (su 2200) membri dell’equipaggio e fu “catturato” dall’incrociatore Cossack, che però fu silurato pochi mesi dopo, a ottobre del 1941. Neanche a dirlo, Oscar “The Unsinkable” si salvò e fu portato a Gibilterra diventando il gatto di bordo della portaerei Royal. Anche questa nave fu però silurata pochi mesi dopo e, dato che Oscar comunque si salvò, fu deciso finalmente di portarlo a terra. Non si sa bene se per dargli un po’ di sollievo o perché qualcuno cominciò a sospettare che questo gatto, sopravvissuto a tre affondamenti, non fosse proprio un portafortuna.
In ogni caso fu prima messo al servizio del Governatore Generale di Gibilterra come cacciatore ufficiale di topi, poi venne trasferito in Inghilterra dove finì onorevolmente i suoi giorni, ospite della “Casa dei Marinai”, potendo poi vantare un suo ritratto nel Museo del Mare di Greenwich.<p style=”text-align: center;”></p>















