Doppiavela solidale, in barca a scuola di legalità e di vita
Ragazzi che hanno avuto una vita difficile e poliziotti con le idee molto chiare circa il loro ruolo sociale. Insieme, in equipaggio, per vincere le avversità.
di Lorenzo Maria Lucarelli Tonini
“Grazie a questa esperienza ho imparato a vivere un’emozione forte, un’adrenalina vera, che prima raggiungevo con mezzi illusori che mi facevano stare peggio”. E ancora: “La barca a vela è un’esperienza bellissima che dà delle emozioni che non avevo mai provato prima. La cosa più bella però è stare in gruppo”. A parlare sono Virginia ed Elisabetta, appena rientrate da un’uscita in barca a vela sul lago di Garda con Doppiavela Solidale, un progetto grazie al quale, da oltre dieci anni, alcuni ragazzi in comunità possono vivere l’esperienza della navigazione in equipaggio.
Nata nel 2007 a Savona, Doppiavela Solidale è stata creata da due poliziotti spinti dalla passione per la vela e convinti del suo potenziale rieducativo. Stefano Rattazzi e Domenico Caruso hanno voluto così combinare il loro lavoro con la passione per il sociale e per la barca a vela, dando vita a un progetto che oggi è attivo sia a Peschiera del Garda sia a Cagliari. Qualcosa di simile già si faceva a Les Glénans, la famosa scuola di vela in Bretagna, costruita proprio sull’idea della vela come scuola di mare e di vita. Ed è infatti da lì che i due fondatori hanno tratto ispirazione, creando un percorso giuridico e sociale per i ragazzi messi alla prova dai Tribunali dei Minori, portando letteralmente sulla stessa barca ragazzi e poliziotti.
“Sono entrata in contatto con Doppiavela Solidale perché ho cominciato a fare un percorso presso un centro di riabilitazione dove ci hanno proposto questa opportunità: un modo per far capire che la vita può far provare emozioni forti anche in modi più sani. Prima facevo uso di sostanze stupefacenti, avendo iniziato a 15 anni con droghe leggere, man mano assumendo sostanze più pesanti, fino a rendermi conto da sola, all’età di 19 anni, che avevo bisogno di entrare in comunità” racconta Virginia.
“La barca a vela e soprattutto il mare hanno una portata dirompente sui ragazzi, rispetto a gli altri metodi che vengono utilizzati di solito. La barca a vela è un microcosmo, fatto di precise regole che non possono essere trasgredite” spiega Stefano Rattazzi, responsabile del progetto di Savona.
Uno dei primi gruppi che hanno partecipato al progetto è salpato da Savona per la Sardegna: i ragazzi, arrivati sulle Bocche di Bonifacio, note per le difficili condizioni meteomarine, hanno collaborato attivamente per superarle in piena sicurezza. Tornato a Savona, il gruppo non era più lo stesso: non più ragazzi messi alla prova, ma un equipaggio di marinai in erba che da quell’esperienza avevano imparato molto. Prima di tutto a credere in sé stessi e a non arrendersi di fronte alle difficoltà.
Doppiavela Solidale porta in acqua giovani che hanno commesso reati e che svolgono il periodo di messa alla prova con i servizi sociali minorili, per i quali il giudice sospende il processo penale. Se l’esito sarà positivo, il reato verrà dichiarato estinto.
A consentire lo svolgimento delle attività ci pensano esperti educatori, come Fabio Musso e Davide Baraldi, sempre pronti a programmare le attività, a equilibrare animi e tensioni ma anche a creare conflitti per stimolare i ragazzi a confrontarsi.
Ragazzi come Virginia, Elisabetta, Giada e Greta, che oggi formano l’equipaggio pronto a lasciare il porticciolo di Peschiera del Garda sull’Este 35 “Sub Vento Libertas”, una barca acquistata con grandi sacrifici e risistemata da Domenico Caruso, promotore del progetto locale: uno scafo bianco di 10 metri, appena varato dopo la pulizia della carena. “Prendersi cura della barca per prendersi cura di sé stessi” è il motto che riassume lo spirito del progetto.
Numeroso e affiatato, l’equipaggio – formato anche da Domenico Caruso, Davide Baraldi e Marco, un allievo della Polizia di Stato – è pronto a uscire dal piccolo canale affollato di barche ormeggiate lungo le sponde. A condurre la barca ci pensano le ragazze. Virginia è la più esperta, tanto da essere chiamata “la timoniera”. Elisabetta sta per lasciare la comunità ma non se ne vuole allontanare, poiché intende aiutare i ragazzi che prenderanno il suo posto. Giada e Greta sono le nuove arrivate ma in barca apprendono velocemente dalle compagne.
Non appena la barca è fuori dal porticciolo, vengono rapidamente issate le vele, prima la randa e poi il fiocco. Poi si spegne il motore e il silenzio si diffonde per tutto lo scafo. Ora si sentono solo il fruscio del vento e lo sciabordio dell’acqua tagliata dalla prua. Domenico e Davide danno le prime indicazioni, impostano la direzione e chiacchierano con le ragazze che riprendono dimestichezza con le manovre. Una nuova vela di prua, un bellissimo fiocco, rende la veleggiata migliore e l’equipaggio molto soddisfatto della sua efficienza. Virate e abbattute e ancora virate e abbattute consentono allo scafo di avanzare, grazie a Virginia, Elisabetta, Giada e Greta che lo conducono scambiandosi di ruolo tra una risata spensierata e l’altra.
Un attimo e sono già le 13.30: l’equipaggio rientra in porto per gustare le lasagne preparate dalle ragazze. Il clima è disteso e Virginia è disponibile a parlare della sua esperienza. “Ho cominciato a fare uso di sostanze per vari motivi: mi aiutavano a sopperire ad alcune mancanze, soprattutto della mia famiglia. Ora ho finito il mio percorso, durato circa 2 anni, ma tutte le volte che Doppiavela Solidale mi chiama cerco di venire.
Attualmente faccio la cameriera e la barista ma il mio obiettivo è riprendere gli studi in psicologia, magari riuscendo a mettere insieme la mia specializzazione con un’attività a favore di ragazzi come me”. Di questa esperienza, Virginia ricorda benissimo un momento particolare: “Ero in comunità da 8 mesi e avevo cominciato a scalare il metadone, con conseguenze fisiche e mentali. Il giorno in cui l’ho tolto del tutto i ragazzi mi hanno chiesto di venire in barca ma io ero titubante. C’era un vento incredibile, tuttavia sono riuscita a passare la giornata benissimo, distratta e lucida”.
Sparecchiata la tavola, l’equipaggio è pronto a ripartire. Ora Doppiavela Solidale cambia vesti per partecipare a “La Grande Sfida”, un evento in cui sono alcuni ragazzi disabili a fare sport e a conoscere la natura. Sono le 14.30 e fino a tardo pomeriggio Sub Vento Libertas imbarcherà molte persone, navigando per il lago grazie all’aiuto di Elisabetta, Giada, Virginia e Greta: ora sono loro ad aiutare gli altri.
Ecco, è proprio questo tipo di quotidianità a consentire a Doppiavela Solidale di andare avanti, superando i problemi. Sì, perché sebbene sia stata conquistata la fiducia di giudici, servizi minorili e terapeuti, non mancano tutt’ora problemi pratici quali la reperibilità di barche da lasciare alla gestione dei ragazzi, così come di posti barca e, ovviamente, di finanziamenti.
Attualmente, mentre i ragazzi di Peschiera del Garda veleggiano sull’Este 35 “Sub Vento Libertas”, a Savona stanno lavorando duramente per rimettere in sesto un vecchio Show 29, una barca che gli è stata donata ma che ha subìto danni importanti a causa di infiltrazioni d’acqua nello scafo e nella coperta. Ma va bene così: i lavori manuali fanno parte delle attività di gruppo previste da Doppiavela Solidale. Anzi, si può dire che siano uno dei pilastri del progetto. Dice Elisabetta: “La barca a vela è un’esperienza bellissima proprio perché si sta in gruppo.
Posso confrontarmi con gli altri ragazzi che hanno un passato simile al mio, conoscere le loro esperienze, le loro fragilità e i loro punti forti. Lavorare insieme mi fa capire che non è bello stare da soli. All’inizio ero fragile, faticavo a relazionarmi con gli altri e con gli operatori, volevo sempre uscire e pensare solo a me stessa. Grazie al gruppo, invece, sono riuscita a provare nuove emozioni e a costruirmi un futuro. Sto cercando un lavoro part time, con l’obiettivo di rimanere vicino alla comunità, dunque provare a essere indipendente ma nello stesso tempo dedicare tanto tempo ad aiutare persone che hanno vissuto la mia stessa esperienza. Per far capire che puoi farcela”.
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