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Cetacei in Mediterraneo: il viaggio straordinario delle “balene assassine”

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Dall’Islanda, una famiglia di orche ha attraversato Gibilterra fino a Israele, compiendo la più lunga migrazione conosciuta della specie. Con un triste epilogo.

di Simone Repetto – Foto di Artescienza e Acquario di Genova/Delfini Metropolitani

La pandemia di Covid-19, nel bloccare ogni attività che comportasse raggruppamenti, ha interrotto anche le ricerche su un evento unico nel Mediterraneo.

È il viaggio della famiglia di orche entrata da Gibilterra nell’autunno scorso, che ha stazionato 3 settimane in acque liguri per poi spostarsi verso la Sicilia e puntare a oriente, fino al Libano. Una storia che ha attirato le attenzioni di tutto il mondo, mobilitando decine di ricercatori ed esperti di vari Paesi, per tentare di capire un fenomeno mai osservato prima nel mare nostrum, dove la presenza di questi grandi cetacei odontoceti è sporadica e statisticamente scarsa. L’unica popolazione stabile è infatti quella intorno allo stretto di Gibilterra, ben nota ai pescatori della zona, ai quali sottrae spesso le prede catturate, soprattutto i tonni.

I primi avvistamenti del branco, composto da un maschio, una femmina, due esemplari giovani e un cucciolo, si sono verificati alle isole Baleari e nell’arcipelago sardo del Sulcis a novembre 2019. Poi, tra lo stupore generale, ai primi di dicembre le orche sono apparse di fronte all’area portuale di Prà – Voltri (Genova), dove sono rimaste per circa 3 settimane, nel mentre si è consumata l’agonia del cucciolo, morto tra le amorevoli cure della madre, che lo ha sorretto in superficie a lungo, anche dopo il decesso. Secondo alcuni testimoni della prima ora, ci sarebbe stato anche un secondo cucciolo, di cui non si hanno tracce.

Nelle foto, il “pod” di orche mentre nuota nei pressi del porto genovese di Prà-Voltri. Si nota la grande pinna del maschio “Riptide”.

È forse per aiutare il piccolo che gli altri esemplari si sono a lungo soffermati in un’area scomoda, interessata da traffico navale importante. Il sostegno a un membro in difficoltà è un comportamento tipico della specie Orcinus orca, dove sono forti i legami che uniscono un gruppo familiare (pod), guidato da una matriarca. Una volta perso il piccolo, le quattro orche hanno vagato per la costa ligure, da Vado a Portovenere, per poi scendere verso l’arcipelago toscano e, dopo Natale, attraversare lo stretto di Messina, dove sono stati visti solo tre esemplari.

La successiva osservazione è avvenuta ai primi di febbraio, nelle lontane acque libanesi, in cui è apparsa un’ampia pinna nera in superficie, riconosciuta come appartenente al maschio visto in Italia. Sempre sulla costa libanese, si è spiaggiata la carcassa di un’orca femmina, quasi decomposta e non identificata, che è plausibile pensare appartenente al pod genovese. L’ultimo avvistamento del maschio è stato a fine febbraio, in acque israeliane.

È stato chiamato “Riptide”, mentre la femmina “Zena”, nel ricordo del capoluogo ligure dove ha nuotato a lungo. Grazie alla collaborazione tra ricercatori italiani, islandesi e libanesi, che hanno messo a disposizione le foto identificative dei singoli esemplari (con i rilievi di pinne, dorso e altri segni distintivi), si è potuto certificare un fatto straordinario.

il cucciolo con la madre “Zena”

Quelle orche erano state classificate nel 2017 in Islanda, per cui si è materializzata la più lunga migrazione mai registrata (quasi 9.000 chilometri), nonché la rilevazione più a Est in Mediterraneo per la specie. Una storia naturalistica importante, seppur triste, in quanto alcuni esemplari non apparivano in buona salute (tra questi, il maschio) o sono deceduti, lasciando presumere nulla di buono per quelli non più avvistati. Oltre alle evidenze scientifiche, l’aspetto positivo è stato il notevole interesse popolare che le orche “genovesi” hanno suscitato, avvicinando il grande pubblico alla conoscenza di questi animali e alla necessità di tutelarli, insieme all’ambiente in cui vivono, sempre più degradato e impoverito dalle attività umane.

Nonostante il Mediterraneo sia uno dei mari più “stressati” del pianeta, negli ultimi anni non sono mancati altri avvistamenti eccezionali. Come l’enorme branco di pseudorche (Pseudorca crassidens), ripreso ad aprile 2019 nel mar Tirreno (e, in misura minore, in acque israeliane lo scorso maggio), oppure megattere (Megaptera novaeangliae) e balenottere minori (Balaenoptera acutorostrata), cetacei in crescente “esplorazione” nei nostri mari.<p style=”text-align: center;”></p>

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