Vai al contenuto

HReko, la barca dei miei sogni

Torna al sommario

“La barca dei miei sogni è una barca a vela della lunghezza di 10 metri, leggera e veloce sotto vela, con grande stabilità iniziale e in grado di navigare in modo semplice e in sicurezza con venti portanti. Ha un pescaggio minimo e, all’occorrenza, si può appoggiare sul fondo. Inaffondabile, di grande comfort, con tanta energia elettrica e tanta acqua potabile. Dunque, adatta anche alle lunghe navigazioni”.

Facile sognare, direte voi, tanto una barca così semplicemente non esiste! Far convivere tutte queste caratteristiche su uno scafo a vela di soli 10 metri è impossibile! Non la pensava così Joso Perković che, con quest’idea di barca ideale in testa, ha dedicato buona parte della sua vita a immaginarla e svilupparla, fino ad arrivare a ideare, progettare e costruire HReko: una barca “ibrida e multifunzionale”, come la definisce lo stesso Joso.

In effetti Hreko rappresenta una tipologia che ancora non esiste, caratterizzata da una serie di soluzioni uniche, a partire dalla più vistosa: il tender che, integrato nella poppa, “allunga” la barca di due metri. Ma non solo. Anche la carena non passa certo inosservata.

Un monoscafo molto largo

Un monoscafo molto largo con due derive laterali immerse e una coppia di grandi parabordi che sembrano tanto i tubolari di un gommone. Appendici vistose e, diciamolo pure, strane che, grazie a un intelligente utilizzo dell’acqua di zavorra, permettono di evitare la classica pinna a bulbo di piombo: il tutto per un’immersione di soli 42 centimetri, che permette di arrivare sulla spiaggia e non compromette la stabilità, che, anzi, fino a 25 gradi di inclinazione è maggiore di quella dei monoscafi convenzionali di simili dimensioni. In pratica, HReko ha la stabilità tipica dei multiscafi, pur essendo in realtà un monoscafo con grandi volumi interni e normale larghezza dello scafo. Ma, a differenza dei multiscafi, è autoraddrizzante in caso di ribaltamento.

Insomma, una vera carena ibrida.

Ma non è finita qui. Visto che il suo sogno è quello di una barca “in grado di navigare in modo semplice e in sicurezza con venti portanti”, Joso ha rivoluzionato l’armo velico introducendo l’albero basculante spostato verso poppa, con randa avvolgibile e fiocco autovirante, ai quali si aggiunge una terza vela espressamente ideata per le andature portanti: un Code Zero (la vela intermedia tra il genoa ed il gennaker) a doppio strato che, quando aperto, raddoppia la sua superficie diventando qualcosa di simile a uno spinnaker ma molto più semplice da gestire. Tuttavia Joso vuole anche una barca “adatta a vivere a bordo e alle lunghe navigazioni”, per cui ha affrontato anche gli aspetti energetici di bordo, prevedendo un sistema integrato capace di trasformare importanti quantità di energia eolica e solare in energia elettrica.

Per gestire al meglio il doppio genoa “BiZero”, il punto di mura può scorrere su un trasto prodiero solidale a uno strano pulpito di prua “quadrato”.

In questo modo è possibile accumulare nelle batterie importanti quantità di energia rinnovabile da utilizzare anche per lunghe navigazioni full electric, in caso di bonaccia.
Certo, a guardarla, HReko è una barca proprio strana. Lo stesso Joso, il suo papà, la chiama una “rana con le ali”. Ma si tratta pur sempre di un prototipo, cioè di un esemplare unico che indubbiamente potrà essere migliorato, a partire dal look e da certi dettagli.

Il lavoro per dare una forma alle idee di Joso è stato lungo e meticoloso, per arrivare a definire con precisione al computer ogni dettaglio prima di iniziare la costruzione.

Resta poi il fatto che di certo non è facile mettere assieme, in un colpo solo, tutte queste novità che hanno un impatto importante sull’oggetto-barca. A partire dal design. Tanto che viene il dubbio che si tratti di una barca con troppe soluzioni troppo avveniristiche. Una barca “troppo avanti”, insomma, che potrà incontrare qualche difficolta nel farsi apprezzare. Senza contare che tutte queste novità andranno anche verificate anche in termini di costi di realizzazione, di facile utilizzabilità eccetera. Vale allora la pena di capire un po’ meglio di che cosa stiamo parlando, ovvero quali sono in dettaglio queste novità così importanti.

Un modellino in scala 1:10 è stato il primo passo per arrivare ad HReko.

Carena

Incominciamo dall’opera viva, un ibrido tra un moderno monocarena e un trimarano per enfatizzare le performance con venti portanti. Del moderno monocarena HReko conserva gli ampi volumi interni che ne permettono un’abitabilità al di sopra della media. Ma senza pinna di deriva e senza bulbo con la zavorra. Per questo motivo, HReko è molto più leggero di una barca di analoghe dimensioni (4000 kg di dislocamento) e, come accennato, ha un pescaggio ridicolo: solo 42 cm. Proprio come un trimarano che, tuttavia, avrebbe volumi interni molto più limitati.

Da questa foto è possibile comprendere la particolarità della carena di HReko: sulla parte centrale, molto piatta, si innestano, su entrambe le murate, due volumi aggiuntivi che costituiscono le controcarene, una sorta di tubolari tipo gommone che forniscono una coppia raddrizzante aggiuntiva quando la barca si inclina troppo sottovela. Le due lunghe chiglie su cui la barca si può poggiare, i due POD ed i due timoni posti lateralmente, sono tutti elementi poco profondi ed inclinati in modo da non sporgere sotto la linea di chiglia. Inoltre, in rosso, è evidenziato l’alloggiamento del tender.

Inoltre, le due pinne antirollio – che hanno anche una precisa funzione in termini di stabilità aggiuntiva, come vedremo dopo – funzionano alternativamente come derive. In pratica, in navigazione a vela, quando la barca si inclina sottovento, la pinna sopravvento tende a uscire dall’acqua (insieme con il timone) diminuendo la resistenza idrodinamica, mentre quella immersa, sottovento, diventa pressoché verticale e, quindi, più idrodinamica e più efficiente nella sua funzione anti-scarroccio. Inoltre, quando è in secco, la barca non ha bisogno dell’invasatura poiché può tranquillamente appoggiare sulle due “chiglie” che sono sufficientemente lunghe e robuste per reggere tutto il peso della barca e mantenerla in equilibrio stabile. Questa caratteristica permette anche di poter spiaggiare senza troppi timori.

Gli interni extralarge di HReko

Certo, l’assenza di una pinna di deriva convenzionale – la classica lama con un profilo alare stretto e profondo che si opponga efficacemente allo scarroccio – penalizza inevitabilmente le performance di HReko nelle andature controvento. Ma si tratta di un compromesso che è frutto di una scelta progettuale che privilegia altri aspetti (basso pescaggio, navigazioni con venti portanti). Anche perché HReko, come sottolinea Joso, non è e non vuole essere una barca da regata.

Pur essendo un monoscafo cabinato a vela di 10 metri, con HReko si può arrivare praticamente sulla spiaggia.

Stabilità

Abbiamo già accennato alle singolari caratteristiche che permettono a HReko di avere una stabilità iniziale pari al doppio di quella dei monoscafi convenzionali di analoghe dimensioni (fino a 25 gradi di inclinazione). In pratica, le caratteristiche di un pluriscafo, con peso contenuto, basso pescaggio e importante stabilità iniziale. Pur essendo in realtà un monocarena con grandi volumi interni e una normale larghezza di scafo. Ma non finisce qui. Infatti, Joso ha pensato a diverse soluzioni che aumentano la stabilità e la sicurezza della sua creatura. Vediamole.

Dal grafico, che rappresenta l’andamento del momento raddrizzante (o coppia di stabilità) in funzione dell’angolo di sbandamento della barca, si evince come HReko abbia una curva di stabilità intermedia tra quella di un normale monocarena (curva nera) e quella di un catamarano (curva azzurra). In particolare, la curva verde rappresenta il momento raddrizzante di HReko con le due derive riempite con acqua di zavorra, mentre la curva rossa mostra l’ulteriore apporto di stabilità fornito dal travaso dei 350 litri di acqua dalla deriva sottovento alla controcarena sopravvento.

o Prima di tutto ci sono 1200 kg di zavorra sistemati sul fondo, a centro barca.
o Poi ci sono le due pinne antirollio che possono contenere, ciascuna, 350 litri di acqua di zavorra aggiuntiva.
o Anche i due grandi parabordi laterali stile RIB (rigid inflatable boat), posizionati appena sotto la linea di coperta, contribuiscono in modo importante alla stabilità della barca. In primo luogo, all’occorrenza, possono fornire un’ulteriore coppia raddrizzante grazie ai 350 litri di acqua della “chiglia” sottovento che possono essere travasati nel parabordo sopravvento. Parliamo di un contributo ulteriore alla stabilità pari a circa il 20{2e3577d2bd6aebaa150c85c33fcd353783f1aa6c690283591e00ef60b3336fc8}. Il tutto in un minuto e mezzo.

In navigazione, già con poco vento, HReko si inclina di una decina di gradi assumendo, in acqua, una diversa forma di carena che migliora le prestazioni: si riduce la superficie bagnata, la deriva sopravvento esce dall’acqua mentre l’assetto di quella sottovento è più idrodinamico.

In pratica è come quando, su una piccola deriva a vela, un componente dell’equipaggio si sposta dal lato sottovento a quello sopravvento. In secondo luogo, quando in condizioni di vento molto forte la barca si inclina sottovento, il galleggiante poggia sull’acqua fornendo una spinta raddrizzante aggiuntiva che si oppone a ulteriori sbandamenti. In pratica, stiamo parlando di quelle che, in gergo tecnico, si definiscono controcarene. Infine, la struttura di questi elementi irrigidisce ulteriormente lo scafo, mentre il rivestimento in espanso li fa diventare, di fatto, dei parabordi integrati in grado di assorbire eventuali impatti senza grandi problemi.

In questa foto si può notare che pure il timone e il POD sopravvento vengono a trovarsi fuori dall’acqua.

Quando poi si naviga a motore, oppure a vela nelle andature portanti, è possibile scaricare in mare l’acqua di zavorra contenuta nelle pinne antirollio, alleggerendosi di ben 700 kg. In questo modo il dislocamento si riduce a soli 3300 kg: veramente poco per un’imbarcazione di 10 metri (12 se consideriamo la lunghezza aggiuntiva del tender integrato), con grandi vantaggi se si vuole sfruttare al meglio anche i venti più leggeri.

Il tender integrato è forse la “stranezza” che si nota per prima quando si osserva HReko: nelle due foto, mentre si stacca dalla “barca madre” e si allontana.

Per quanto riguarda le operazioni di carico e scarico dell’acqua di zavorra, essa avviene senza ausilio di pompe. Nelle situazioni dove è necessario avere più stabilità (quando il vento soffia oltre i 15-20 nodi) è possibile aprire la valvola immersa ed entrambe le derive, passivamente, si riempiono con l’acqua di mare. Sempre passivamente, quando non serve più una maggiore stabilità, i 700 litri vengono scaricati a mare. Per spostare l’acqua dal serbatoio contenuto nella pinna sottovento al serbatoio posizionato nella controcarena-parabordo sopravvento, è invece necessario l’intervento di una pompa.
Tra l’altro, tutti questi serbatoi indipendenti, ai quali si aggiungono i volumi dei compartimenti stagni costituenti il tender (circa 2 metri cubi di cui parleremo dopo), permettono allo scafo di avere una tale riserva di galleggiabilità da essere praticamente inaffondabile. Tutto questo permette a HReko di avere uno ST.IX. (l’indice di stabilità previsto dalla normativa CE, che si calcola per determinare la categoria di progettazione) pari a 30,4, punteggio che consente di rientrare nella categoria B, a un passo dalla A (navigazione oceanica senza limiti), il cui valore minimo è 32. E ricordiamoci che stiamo parlando di 10 metri di barca.

Energia a bordo

Il pallino di Joso è rendere HReko energeticamente “neutrale”. Così, parallelamente ai minori consumi per la propulsione a motore derivanti dal peso ridotto del 30-40{2e3577d2bd6aebaa150c85c33fcd353783f1aa6c690283591e00ef60b3336fc8} rispetto alle classiche barche a vela da crociera delle stesse dimensioni, su HReko è anche possibile trasformare importanti quantità di energia eolica e solare in energia elettrica. Ai 9 mq di panelli fotovoltaici posizionati in modo tale da non recare disturbo alla navigazione, per una potenza totale di 1500 W, si aggiunge l’energia prodotta dai due idrogeneratori messi in movimento dalla rotazione delle due eliche azimutali trascinate durante la navigazione a vela.

La possibilità di produrre notevoli quantità di energia è una delle caratteristiche principali di HReko. Le batterie al litio della capacità di 20 kWh possono immagazzinare l’energia che arriva dai pannelli fotovoltaici, dai due idrogeneratori, dal generatore Diesel e, ovviamente, dalla rete elettrica di banchina.

Parliamo di quantità di energia apprezzabili, fino a 16 kWh stoccabili nelle batterie in otto ore di navigazione e utilizzabili, in caso di assenza di vento, per navigare in silenzio per 8 ore percorrendo fino a 40 miglia. Tutto ciò con un sistema reversibile che può funzionare sia da generatore di energia sia da sistema propulsivo, utilizzabile anche come ausilio alla navigazione a vela per aumentare la velocità, a fronte del consumo di qualche centinaio di W.
A questo sistema di generazione/propulsione, si aggiunge una classica propulsione con motore Diesel e linea d’asse. Infatti, se da una parte Joso vuole essere ecologico e innovativo, dall’altra ancora non si fida completamente dell’elettricità e dell’elettronica. Così, un bel vecchio e collaudato motore termico garantisce sempre di poter tornare in porto.
Tutto questo costituisce un sistema che può essere certamente migliorato. Lo stesso Joso riferisce che, ad esempio, le eliche azimutali collegate al motore/generatore sono sia troppo grandi, penalizzando le prestazioni a vela, sia posizionate troppo lateralmente, così da uscire dall’acqua anche durante la navigazione a motore in presenza di onda corta.
Ma è pur vero che HReko è un prototipo sul quale, per giunta, sono state installate tecnologie relativamente nuove, loro stesse in continua e rapida evoluzione.

Rigging

Anche il rigging e il piano velico di HReko sono decisamente originali. L’idea di fondo è quella di facilitare la navigazione con venti portanti senza usare le tradizionali vele (spi o gennaker) e senza che si abbiano significative perdite di prestazioni.
Ecco dunque l’albero basculante con la base su una traversa sistemata a poppavia dalla mezzeria dello scafo per facilitare le andature portanti (ricordiamo che su una barca a vela classica l’albero è invece posizionato a prora della mezzeria della barca, tra il 30 e il 40 {2e3577d2bd6aebaa150c85c33fcd353783f1aa6c690283591e00ef60b3336fc8} della lunghezza-scafo). La traversa permette la rotazione dell’albero, che può essere abbattuto completamente verso prua.

L’albero di HReko, oltre a essere posizionato a poppavia dalla mezzeria dello scafo, è basculante per essere inclinato in avanti fino al completo abbattimento. Il tutto per facilitare la navigazione con venti portanti senza ricorrere alle vele tradizionali (spi o gennaker) ma usando una vela ideata dallo stesso Joso: un doppio genoa di forma molto vicina a quella di un CodeZero (Joso lo ha chiamato “BiZero”) che può essere facilmente aperto a “farfalla” permettendo di ottenere una vela panciuta di 80 mq che, a differenza di spi e gennaker, è facilmente controllabile dal pozzetto e si può avvolgere come un comune genoa.

Su questo albero sono permanentemente issate tre vele: la randa top square completamente steccata di 26 mq, che si avvolge/terzarola nel boma; il fiocco autovirante con avvolgitore; un doppio genoa di forma molto vicina a quella di un CodeZero (Joso lo ha chiamato “BiZero”) che può essere facilmente aperto a “farfalla”, permettendo di ottenere vela panciuta di 80 mq che, a differenza di spi e gennaker, è facilmente controllabile dal pozzetto e si può avvolgere come un comune genoa.

Tender

Il tender che fuoriesce dalla poppa è forse la cosa che contribuisce di più a rendere “strano” HReko: è la particolarità che si nota per prima, anche se, come abbiamo visto, non è l’unica. Ma, qual è la sua funzione? E che vantaggi porta?
Innanzitutto, sappiamo dove mettere il tender a bordo. E parliamo di un tender rigido di ben 3.2 metri che trova posto con il suo terzo posteriore nella poppa dello scafo. Poi si allunga la barca, in particolare la linea di galleggiamento, che consente un aumento della velocità massima teorica di mezzo nodo. In porto serve da passerella per scendere a terra. In navigazione è il posto ideale dove prendere il sole. Infine, costituisce una grande riserva di galleggiamento (2 metri cubi) che aumenta la sicurezza della barca. Cosa volere di più?
Per inciso, la propulsione del tender è prevista elettrica con un interessante sistema di idrogetto che consente una velocità intorno ai 3-4 nodi.

Interni

Gli interni si possono definire extralarge. Grazie alla particolare forma dello scafo, che si traduce in un baglio di 4,20 m, lo spazio disponibile è decisamente superiore a quello di un normale 10 metri, permettendo in particolare un quadrato molto ampio. Completano il layout la cabina prodiera, una doppia a poppa a sinistra e un’area tecnica a dritta, a poppavia del bagno con doccia.
Insomma, un sacco di roba nuova che, tutta insieme, disegna addirittura una nuova tipologia di barca. Con soluzioni nuove che, anche prese singolarmente, basterebbero a far gridare al cantiere di turno di avere in mano l’idea per la barca più innovativa dell’ultimo decennio … se non di più. Perché, allora, queste nuove soluzioni e idee non le vediamo sulle altre barche esistenti? Facile: il 90{2e3577d2bd6aebaa150c85c33fcd353783f1aa6c690283591e00ef60b3336fc8} dei clienti compra ciò che è abituato a vedere. Mentre l’obiettivo di ogni cantiere è vendere più barche possibile.
Ecco, dunque, che le nuove soluzioni vengono fuori da progettisti o imprenditori visionari che sviluppano e danno corpo alle loro idee senza il vincolo di dover vendere a tutti i costi. Dei visionari idealisti che credono talmente nella propria idea, nella propria visione di barca, che ci si tuffano dentro senza pensare al portafoglio… o, almeno, senza metterlo al primo posto. In altre parole, hanno il coraggio di rischiare.

Come il nostro Joso, appunto, che ha speso la sua vita a sognare la sua barca ideale. “Ho costruito la mia prima barca quando avevo 17 anni, utilizzando due ruote di un trattore, e ho finito con HReko” ci racconta. E ne approfittiamo per fargli qualche altra domanda.

Perché una barca come HReko?
HReko è il concetto di barca che ho sempre sognato. Nel luogo dove sono nato e cresciuto, il villaggio di Ljubač nella zona di Zara in Croazia, dove ora sono tornato a vivere e dove si trova la barca, ci sono tante zone con acque poco profonde dove il basso pescaggio era essenziale. Il multiscafo sarebbe stata la soluzione più ovvia, ma non era la mia soluzione perché a me piace danzare con le onde e il vento. Così ho così preso i geni, le caratteristiche del monoscafo e del trimarano, combinandole con l’uso dell’acqua di zavorra, e ho ottenuto una nuova specie: ma non so se sia una specie anfibia o un uccello. A me sembra una rana con le ali.

Che background aveva per costruire una barca così piena di soluzioni nuove?
In realtà io sono un anestesista. Negli ultimi 20 anni ho lavorato nei Paesi Bassi e dal 2017 sono in pensione. Ma ho 60 anni di esperienza con il mare. Come ho detto, ho costruito la prima delle mie quattro barche quando avevo diciassette anni. Con il tempo ho poi acquisito una buona conoscenza della fisica, della matematica, della chimica e delle scienze naturali. Lavorare con legno, metallo, plastica e altri materiali compositi è uno dei miei hobby.

Le due lunghe derive longitudinali possono essere riempite in modo del tutto passivo (cioè senza ricorrere a pompe) con 700 litri di acqua di mare, diventando una zavorra aggiuntiva in caso di vento sostenuto. Quando serve ulteriore momento raddrizzante, i 350 litri di acqua contenuti nella deriva sottovento possono essere travasati – stavolta con una pompa – nella controcarena sopravvento. Parliamo di un contributo ulteriore alla stabilità di circa il 20{2e3577d2bd6aebaa150c85c33fcd353783f1aa6c690283591e00ef60b3336fc8}. Il tutto in un minuto e mezzo. In pratica è come quando su una piccola deriva a vela un componente dell’equipaggio si sposta dal lato sottovento a quello sopravvento.

Ha fatto tutto da solo?
In garage ho realizzato il modello di HReko in scala 1:10. Poi ho tagliato lo stampo in fette da 50 mm dalle quali ho ricavato le linee dello scafo che ho portato al giovane architetto navale olandese Kees van de Stadt. Lui, vedendole, per prima cosa ha incominciato ad accorciare le derive e a renderle più profonde. Allora gli ho detto che doveva provare a prendere le distanze dalla sua educazione e dai suoi pregiudizi, che quelle pinne non erano le classiche “chiglie” gemelle utilizzate in Bretagna o in Inghilterra per far poggiare la barca a terra quando la marea si ritira. A questo punto ha preparato i disegni per produrre la barca a controllo numerico. Ma le idee sono tutte mie. Purtroppo, non ho ricevuto molta fiducia. Ho cercato assiduamente dei partner, ma i professionisti non osavano venire con me. Non erano sicuri che le mie idee avrebbero funzionato. Poi l’invidia, l’ipocrisia. Il fatto che io fossi un professionista con molti soldi non mi ha aiutato. Così, sono rimasto solo, con tutte le decisioni e le responsabilità del caso. Alla fine ho fatto costruire lo scafo da un cantiere navale, mentre un allestitore olandese ha realizzato la parte elettrica e idraulica. A quel punto mi sono trovato a corto di soldi e tutto il resto l’ho dovuto fare da solo.
Il concept di HReko è applicabile solo a una barca di circa 10 metri o ritiene che possa essere esteso?
Il concept può essere applicato a barche sia più grandi sia più piccole. Ho pensato a un modello maggiore, HReko 1200, in alluminio con coperta e sovrastruttura in composito, lungo 12 metri (14,40 con il tender), 4,8 m di larghezza, pescaggio di 55 cm e dislocamento di 7,5 t. Mentre il modello più piccolo, HReko 800, lungo 8 metri (10 m con tender), largo 3,6 con un dislocamento massimo di 2,8 t (dislocamento leggero di 1750 kg) sarebbe carrellabile in posizione inclinata.
Parliamo di prezzi ipotetici.
Per il prototipo ho speso circa 400.000 Euro. Ma, appunto, è un prototipo, per di più costruito in Olanda, dove i costi di produzione sono elevati. Inoltre, dipende dalle modalità di costruzione e dai materiali utilizzati: composito, allumino eccetera. Poi le scelte che si fanno per gli allestimenti e gli impianti rendono difficilmente quantificabile una cifra. In ogni caso, credo che il costo di HReko 1000 potrebbe aggirarsi tra i 240 e i 320.000 Euro, a seconda dell’attrezzatura. Forse per la versione base si potrebbe riuscire a stare sotto i 200 mila Euro.
Che cosa prevede per il futuro?
In questi anni ho speso moltissime energie, soldi e tempo per realizzare questa barca, il mio sogno. Sfortunatamente, sono ancora solo dietro a questo progetto. Ma non smetto di cercare partner, cantieri navali, investitori interessati.
Nel frattempo, da due anni sto collaudando la barca in tutte le condizioni atmosferiche, estate e inverno, sul mare Adriatico. Ho verificato che la barca è veloce, molto stabile e piacevole, con un’enorme stabilità iniziale. A bordo ho la sensazione di essere su una barca di 50 piedi e non su un 33 (40 con tender). Ma – mi ripeto – si tratta di un prototipo.
Alcune cose vanno ancora definite e migliorate. A riguardo ho molte idee su che cosa fare e che cosa migliorare.
Certo, HReko è una barca strana, che si fa notare. Non c’è dubbio. Una barca che, forse, non ha un’identità precisa perché vuole essere tante cose tutte assieme. Una barca camaleontica come il suo ideatore e costruttore, che però ha trasformato questo limite in un pregio. In ogni caso, tutte le “stranezze” sono state attentamente studiate e progettate. Alla fine, sono state prodotti ben 35 elaborati grafici, relazioni con calcoli e verifiche tecniche approfondite: una mole di lavoro che molti cantieri, anche di prestigio, spesso non hanno a disposizione quando costruiscono una barca. Queste stranezze, inoltre, hanno destato l’attenzione di tantissimi appassionati di vela che da 11 anni seguono assiduamente il blog (purtroppo in lingua croata) sul portale “Forum of Nautica” che Joso ha dedicato a HReko dove, in oltre 3.200 post, è raccontata l’intera storia della barca, dall’idea al risultato finale. Parliamo di un blog che ha avuto 700.000 contatti ed è seguito da circa 300 visitatori al giorno. Chissà se tra loro si nascondono gli investitori che potranno dare un futuro alla visione ed al sogno di Joso.
Nel frattempo, ai più curiosi suggerisco di farsi un giro sul sito web (www.hreko.com), dove tutto è spiegato nei minimi dettagli.

Layout

Scheda tecnica

Lunghezza scafo: 10 m – Lunghezza fuori tutto (con tender): m 12,30 – Lunghezza al galleggiamento (senza/con tender): m 9,65/11,20 – Baglio max: m 4,20 – Pescaggio: m 0,42/0,85 – Dislocamento: kg 4.000 – Acqua di zavorra: 700 litri – Serbatoio carburante: 200 litri – Serbatoio acqua: 200 litri – Sup. randa: mq 26 – Fiocco autovirante: mq 21 – Vele di prua: 2 Code Zero da mq 43 ciascuno – Pannelli fotovoltaici: 1500 W – Idrogeneratore: 2000 W – Capacità batterie: 20 kWh – Generatore Diesel: DC 48V 6 kW – Motori elettrici: 2 POD da 10 kW.

<p style=”text-align: center;”></p>

Leggi anche