Inchiesta: Capri, l’Area Marina Protetta della discordia
Un tema attuale a dir poco scottante e per molti aspetti divisivo, quello dell’istituzione dell’area marittima protetta per l’isola delle meraviglie, letteralmente presa d’assalto per una quarantina di giorni l’anno.
Nautica lo affronta in tutti i suoi aspetti in una grande inchiesta che dà voce ai suoi attori più importanti e a coloro i quali guardano a quel piccolo magico territorio – unico al mondo – come a un’opportunità di lavoro, di ricchezza, di svago.
Bella come un topazio incastonato tra mare e cielo, rifugio privilegiato d’imperatori come Ottaviano e Tiberio, luogo dell’anima caro a scrittori e poeti, meta privilegiata d’un jet-set popolato da personaggi entrati nella storia di un’Italia che non c’è più, quella della Dolce Vita e del boom economico: i Kennedy, gli Onassis, i principi di Monaco, re Farouk d’Egitto, Maria Callas, Gianni Agnelli…
Questa è l’immagine di Capri fissata nei ricordi e nelle foto d’archivio, questa è l’isola azzurra che domina il Golfo di Napoli, 18 miglia dalla costa partenopea, 18 dalle altre isole del golfo, Ischia e Procida, vicinissima alle costiere sorrentina e amalfitana. Ai piedi del Monte Solaro un paradiso fatto di mare B blu, roccia calcarea, tanti anfratti (su tutti la mitica Grotta Azzurra), un salotto all’aperto allestito nella celebre Piazzetta, stradine popolate di griffe internazionali, ristoranti e alberghi stellati, ma anche angoli di quiete e discrezione nei silenzi e nella pace della discreta Anacapri.
Poteva sfuggire al turismo nautico un posto come questo? Certo che no. E dunque l’isola delle meraviglie, nel tempo diventata meta prediletta d’un turismo “mordi e fuggi” che ha creato non pochi problemi per la gestione degli sbarchi, è diventata una meta irrinunciabile per chiunque transiti nel golfo di Napoli: dal piccolo gommone al più grande dei megayacht, ogni estate l’isola viene letteralmente presa d’assalto da una flotta sterminata di imbarcazioni.
In particolare tra luglio e agosto, con picchi di super affollamento concentrati in una quarantina giorni, non c’è visitatore che rinunci a una sosta davanti ai Faraglioni, i tre scogli posizionati a Sud-Est dell’isola: il Faraglione di Terra (unito alla terraferma), il Faraglione di Mezzo (dalla galleria naturale di ben 60 metri) e il Faraglione di Fuori (alto 104 metri). Sono migliaia le barche che transitano e ormeggiano in quel tratto di mare, al punto da sconvolgere il panorama dall’alto dei Giardini di Augusto, creare grovigli di ancore al primo soffio di vento, mettere a rischio la sicurezza dei bagnanti e danneggiare il fondale marino.
“Sono troppi, si deve fare qualcosa per fermare l’assalto” dicono coloro che si schierano a difesa dell’ecosistema marino e della sicurezza, battendosi per l’istituzione di una rigida area marina protetta. “Non vanno respinti, contribuiscono a sviluppare l’economia dell’isola e a sostenere la nautica da diporto” sostengono altri. Tra i due fronti, il “partito della mediazione”. Che non dice No tout court all’istituzione dell’AMP, in arrivo entro l’estate di quest’anno (ormai sembra scontato), ma a condizione che la regolamentazione salvaguardi l’ambiente senza per questo penalizzare del tutto i diportisti e gli operatori del turismo nautico, in particolare quelli che gestiscono servizi di charter, noleggio e locazione.
Le ipotesi di zonazione dell’AMP
Due le ipotesi prese inizialmente in esame: una più restrittiva, con divieti di balneazione e navigazione nella zona dei Faraglioni, e una più morbida e richiesta da albergatori e associazioni di categoria, disposti ad accettare le restrizioni, ma senza trasformare le acque di Capri in zona off-limits.
Più in dettaglio, nella zona A, intorno ai Faraglioni, sarebbe vietato fare praticamente qualsiasi cosa: vietata la navigazione con qualsiasi barca, anche a remi, vietati l’ormeggio, la balneazione, le immersioni, la pesca. L’unica attività ammessa sarebbe la ricerca, pur con alcune limitazioni. Nelle altre zone che comprendono il resto dell’isola – B, C e una sottozona chiamata Bs – le regole sarebbero meno restrittive rispetto al tratto di mare intorno ai Faraglioni, ma sono previste comunque limitazioni: per esempio verrebbe introdotto un divieto di pesca subacquea in tutta l’isola, così come l’utilizzo di moto d’acqua, mentre sul versante occidentale, all’altezza di Cala del Rio, sarebbe possibile l’ormeggio solo con un’autorizzazione.
Un’altra regola riguarda l’accesso a Marina Piccola, ovvero la baia con vista privilegiata sui Faraglioni dalla quale si accede ad alcuni dei principali stabilimenti balneari, in testa la celeberrima Canzone del Mare: gli approdi non sarebbero del tutto vietati, ma molto ridotti rispetto alla situazione attuale.
Il progetto approvato, ma non ancora operativo, è suscettibile di modifiche sulla base delle osservazioni fatte da terzi (operatori turistici, albergatori, associazioni, singoli cittadini). Al momento prevede – riportiamo testualmente – ”l’individuazione e la perimetrazione delle zone caduta massi come da ordinanze della Capitaneria di porto e l’individuazione di corridoi di lancio utili all’accesso nei campi boe previsti dal Piano comunale del 2008; di altri corridoi per l’accesso ai vari moli in concessione, nonché di servizio ai campi boe; di un corridoio di lancio utile allo sbarco ed imbarco all’approdo dello Scoglio delle Sirene e ai campi boe limitrofi; l’individuazione di una barriera di balneazione dal Faraglione di terra a Punta Mulo”.
Vedremo quali saranno le scelte definitive. Intanto vale la pena ricordare che la decisione di istituire l’Area Marina Protetta è stata presa di comune accordo dalle amministrazioni comunali di Capri e Anacapri, che sin dal 2019 hanno avviato una collaborazione con l’ISPRA, l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, che ha studiato a fondo la questione per conto del Ministero dell’Ambiente, fino a definire un piano dettagliato firmato dalla dott.ssa Floriana Di Stefano, esperta in gestione e recupero del territorio marino.
“Come per tutte le aree marine protette – ha tenuto a spiegare a Nautica la dottoressa Di Stefano – il nostro progetto per Capri non nasce per proibire ma per regolamentare. Il nostro studio tiene conto delle esigenze di tutti, e faremo il possibile per trovare le soluzioni migliori per determinare la regolamentazione dell’area, tenendo conto sia della necessità di salvaguardare l’habitat naturale, posidonia e coralligeno, anche a forti profondità, sia le attività socio-economiche legate alla fruizione turistica dell’isola”.
La procedura prevede, ora, che l’ISPRA esamini le osservazioni che i Comuni di Capri e Anacapri hanno inviato dopo aver consultato cittadini e rappresentanti di varie categorie impegnate sull’isola. “Faremo il possibile per salvaguardare gli interessi di tutti – dice ancora l’esperta di eco-sistemi – ma le decisioni finali le adotterà poi il ministero dell’Ambiente, e la regolamentazione diventerà operativa dopo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale. Sui tempi non posso sbilanciarmi, ma l’obiettivo è rendere l’AMP operativa entro l’estate”.
Intanto, sull’isola, non si parla d’altro. In perfetto accordo con l’omologo del Comune di Anacapri, Maurizio Lo Russo, l’assessora del Comune di Capri Paola Mazzina ha tenuto a dire, in più occasioni, che l’istituzione dell’Area Marina protetta è stata la mission principale del suo assessorato, su cui ha puntato sin da quando ha preso avvio la consiliatura. “Con i nostri cittadini – ha tenuto a ricordare – ho assunto l’impegno di mettere in campo tutte le azioni necessarie per preservare il nostro habitat naturale del mare e delle coste, bene comune che va tutelato con convinzione a garanzia anche e soprattutto delle future generazioni.
L’area marina protetta – ha aggiunto l’assessora – rappresenta l’unica soluzione praticabile per contrastare la drammatica e devastante aggressione delle nostre coste e dei nostri fondali derivante dall’intenso traffico nautico che gravita attorno all’intero periplo dell’isola. Il fenomeno è ormai degenerato ed è incontrollato.
La salvaguardia delle nostre risorse e bellezze ci impone di definire il giusto equilibrio tra sostenibilità ambientale, fruibilità e salvaguardia degli interessi economici”.
Concetti ovviamente condivisi con il sindaco di Capri Marino Lembo (vedi intervista a parte) e con il suo omologo di Anacapri, Alessandro Scoppa, decisi ad attuare una concreta e condivisa gestione della risorsa mare, ricercando il giusto equilibrio tra la tutela ambientale, la sicurezza e l’economia del territorio.
Intanto le due giunte comunali dell’isola hanno già stabilito, di comune accordo, che dal primo aprile al 31 ottobre 2024 sarà raddoppiata la tassa di sbarco, che passa da 5 a 10 euro a persona: un provvedimento “forte”, che pure ha provocato discussioni e polemiche.
Ma la decisione viene difesa sostenendo che il sovraffollamento dell’isola provocato dal turismo “mordi e fuggi” è insostenibile e che il gettito extra previsto, di circa 4 milioni di euro, contribuirà a migliorare sia l’accoglienza dei turisti a Marina Grande sia i servizi da offrire a residenti e turisti.
Ma torniamo all’Area Marina Protetta e alla ricerca del “giusto equilibrio” tra salvaguardia del territorio e turismo nautico. La ricerca di questo equilibrio non ha dato, inizialmente, i frutti sperati e ha alimentato anzi le polemiche sorte attorno al progetto, provocando la formazione di schieramenti opposti: da una parte le due amministrazioni comunali dell’isola con l’ISPRA, il ministero dell’Ambiente e organizzazioni integraliste come Italia Nostra, Marevivo e Legambiente; dall’altra operatori del turismo (in testa le società di charter, locazione e noleggio), albergatori, ristoratori e rappresentanti di Confindustria Nautica e Afina (l’Associazione Filiera Italiana della nautica, che ha sede proprio a Napoli), le quali – fatta salva qualche eccezione – non si sono schierate tout court contro l’AMP, ma hanno manifestato perplessità su alcuni aspetti e hanno proposto modifiche al progetto “a difesa di posti di lavoro e degli investimenti a suo tempo fatti sullo sviluppo del turismo nautico”.
Il fronte “a favore” dell’AMP s’è avvalso del sostegno della stampa locale, che in alcuni casi ha fatto da cassa di risonanza a posizioni intransigenti come quelle del professore Alberto Lucarelli, ordinario di diritto costituzionale dell’Università Federico II di Napoli, il quale ha scritto su la Repubblica che “l’aggressività del traffico nautico rappresenta un fenomeno ormai degenerato, incontrollato e non sostenibile”, e ha sostenuto che “le nuove regole rappresentano l’unica e forse l’ultima possibilità per contrastare la drammatica e devastante aggressione delle coste e dei fondali dell’isola derivante da una visione speculativa di bellezze naturali uniche al mondo”.
In sintonia l’opinione di Rosalba Giugni, presidente di Marevivo, storico baluardo nella difesa del mare e del mare di Capri in particolare. “Le spaccature tra favorevoli e contrari sono francamente incomprensibili” ha dichiarato in una intervista al quotidiano locale Il Mattino, sostenendo che “chi non vuole l’Area Marina Protetta vuole mantenere l’anarchia che regna oggi, con la violazione permanente di regole che già esistono”.
Il riferimento è alle barche che entrano a motore acceso nelle grotte disseminate lungo la costa dell’isola. “Una violazione continua da parte non solo di turisti di passaggio, ma anche di isolani, quelli che più di tutti dovrebbero difendere e salvaguardare il territorio” accusa l’esponente di Marevivo.
Secondo Nabil Pulita, responsabile di Legambiente Capri, “sull’istituzione dell’area marina protetta ci sono delle reticenze perché si pensa che istituendo dei confini si possa negare l’accesso a quella determinata zona, ma in realtà in questo modo è possibile tutelare un ambiente che, soprattutto negli ultimi anni, è sotto assedio a causa dell’aumento considerevole dell’afflusso turistico.
Istituire un’area protetta significa rispettare delle norme di comportamento che vanno a tutelare la biodiversità oltre che a creare anche un turismo di qualità. Nel periodo estivo Capri è invasa dai turisti, e in particolare dal cosiddetto turismo mordi e fuggi che non giova affatto al patrimonio marino che circonda l’isola”.
Ai rappresentanti dell’altra sponda è stata data, come detto, una chance importante: chiunque, singoli cittadini, associazioni o esponenti di categorie interessate ha potuto esporre le proprie ragioni comunicandole ai Comuni di Capri e Anacapri entro la scadenza del 23 gennaio 2024. Sono pervenute ben 157 osservazioni, ma in larghissima parte uguali tra loro.
In prima linea, tra gli operatori meno convinti delle modalità più severe e restrittive di gestione dell’AMP, si sono schierati gli esponenti delle società di chartering, noleggio e locazione, gli albergatori e – sia pure con toni pacati e volontà di dialogo – esponenti di associazioni di categoria come Confindustria Nautica, Afina e Unione Industriali di Napoli. Apprezzabile, comunque, il fatto che sia emersa la volontà di evitare scontri frontali e polemiche improduttive.
In un documento firmato da 32 aziende dell’Associazione Charter Campania (sono in tutto un centinaio, quasi tutte con sede nelle vicinissime costiere sorrentina e amalfitana) viene ricordato che “l’attività di locazione e di noleggio di natanti da diporto per finalità ricreative ed usi turistici viene svolta principalmente nelle acque di Capri con barche di misura non superiore a 10 metri” e che “qualsiasi decisione che attiene a modifiche nella fruizione delle zone marine dell’isola può incidere in modo notevole ed imprescindibile sull’indotto economico delle società che danno lavoro a decine di migliaia di persone nelle aree limitrofe all’isola”.
(Riportiamo a parte, più in dettaglio, le richieste avanzate con un documento inviato via Pec ai Comuni di Capri e Anacapri in data 23 gennaio 2024, che si articola in tre osservazioni concordate con la consulenza legale degli avvocati Enrico Soprano e Federica Esposito, tutte circoscritte all’ipotizzata Zona B dell’AMP).
Tra i più noti operatori di lungo corso del settore “scesi in campo” c’è Sebastiano Iuculano, titolare della Mediterranean Blu Service e, soprattutto, membro del Consiglio di Presidenza del Settore 9 di Confindustria Nautica (quello che si occupa specificamente delle aziende di locazione e noleggio di unità da diporto).
Interpellato da Nautica, Iuculano ha tenuto a dire che “al di là del documento formale inviato dai nostri legali ai sindaci di Capri e Anacapri assieme ad altri operatori, e della posizione formale assunta da Confindustria Nautica (vedi box a parte, ndr), la questione dell’Area Marina Protetta non deve provocare divisioni e sollevare steccati, ma deve essere affrontata con l’obiettivo di trovare soluzioni condivise, valide per tutte le parti interessate, cercando le misure idonee ad evitare che la salvaguardia dell’ambiente provochi contraccolpi irrimediabili su aziende che danno lavoro a decine di migliaia di occupati diretti e indiretti e contribuiscono a muovere l’economia di territori che non possono rinunciare tout court ai vantaggi del turismo nautico e alla stessa industria della nautica”.
Secondo l’imprenditore “sarebbe delittuoso penalizzare un comparto che raccoglie solo consensi da parte dei fruitori dei servizi turistici, come dimostrato dalle recensioni sui social e sul web e dalla domanda crescente. La stragrande maggioranza dei nostri clienti prenota prima il giro turistico in barca e poi l’albergo, e alla fine si dichiara sempre soddisfatta di un servizio a cinque stelle, al contrario di quanto avviene per chi sbarca sull’isola da traghetti e aliscafi superaffollati, che alimentano l’over tourism scaricando a terra migliaia di persone.
A tal proposito – tiene a ricordare ancora l’esponente degli operatori turistici – è stata annunciata di recente l’imminente entrata in servizio di un mezzo veloce della Snav di 58 metri, che vola sull’acqua a 60 chilometri orari, in grado di trasportare 750 viaggiatori per viaggio sulla linea Napoli-Capri. Ciò vuol dire che il nuovo gigante, effettuando 22 corse al giorno, potrà scaricare sull’isola 16.500 persone. Facile immaginare con quali conseguenze per il porto e per le difficoltà di accoglienza sull’intera isola.
Eppure il bersaglio siamo noi dei gozzetti con 10 persone a bordo che in gran parte si accontentano di un giro dell’isola, un bagno in mare e, in qualche caso, una fugace discesa a terra. Il nostro auspicio – dice ancora l’esponente del Consiglio di presidenza di Confindustria Nautica – è che venga allestito un tavolo tecnico con tutte le autorità competenti in modo che si possano studiare le misure davvero più idonee per regolamentare la navigazione attorno all’isola”.
Anche la sezione di Capri di Federalberghi ha manifestato perplessità, ma evitando un atteggiamento intransigente. Il presidente Lorenzo Coppola ha presentato un dossier con alcune proposte meno restrittive per consentire di visitare i luoghi più belli e noti dell’isola limitando comunque l’impatto ambientale.
Una delle proposte consiste nel far ormeggiare motoscafi e yacht a una certa distanza dai Faraglioni, senza calare l’ancora sui fondali di posidonia e trasportando i turisti con barche a remi. Un’altra deroga chiesta da Federalberghi riguarda snorkeling, kayak e pedalò, attività con un impatto ambientale molto limitato eppure vietate in alcune zone dell’Area Marina Protetta. “Gli interessi economici non vanno demonizzati, bisogna trovare il giusto equilibrio”, ha detto il rappresentante degli albergatori isolani.
Meno diplomatica si è dimostrata la Federazione Italiana Pesca In Apnea, che si batte per una pesca “libera, sostenibile e sicura” e definisce “ambiental-talebano l’approccio fin qui tenuto per tutte le aree marine protette istituite o in via di costituzione”. In un documento diffuso sui social i vertici della federazione scrivono che “non si può non stigmatizzare, ancora una volta, l’atteggiamento integralista tenuto da ISPRA nei confronti della pesca in apnea che, come detto, ridetto e documentato, risulta essere il prelievo più consapevole e selettivo tra quelli effettuati nell’ambito della pesca ricreativa”.
E ancora: “In tutta l’isola di Capri – aggiunge il documento di protesta – non un centimetro di costa, o di mare accessibile, è stato lasciato libero dai vincoli della AMP, vincoli che vanno anche ad incidere sulle attività di pesca, turismo marino e di accoglienza degli isolani”.
Sarà ora il ministero dell’Ambiente ad approvare il definitivo decreto di istituzione dell’Area Marina Protetta di Capri, stabilendo in via definitiva confini, divieti, accessi, limiti, deroghe, concessioni. Secondo le previsioni, dovrebbe arrivare entro l’estate, con la nomina di un presidente dell’AMP e l’assunzione di personale addetto alla gestione.
Che cosa avviene nella altre AMP della Campania
La strada, anzi la rotta, è ormai tracciata. L’Area Marina Protetta di Capri si farà. Ma chi frequenta aziende, circoli e ambienti vicini alla nautica sa bene che i più scettici sul funzionamento delle nuove misure a difesa dell’isola di Capri sono proprio i diportisti, proprietari di barche grandi e piccole che abitualmente navigano nel mare del golfo di Napoli, lì dove sorge sin dal 2007 l’AMP denominata Regno di Nettuno, un’area di mare tra le isole di Ischia, Procida e Vivara dove i divieti di approdo e ancoraggio sono soltanto teorici, mentre si può accedere quasi ovunque munendosi di un lasciapassare a pagamento.
“Quell’area marina protetta è soltanto un modo per tartassare noi contribuenti, arricchire le casse dello Stato e pagare stipendi a dipendenti che fanno poco o nulla per sviluppare il turismo nautico e sostenere una risorsa importante come l’industria nautica” dicono i critici più esposti. Basta frequentare uno qualsiasi dei porti del golfo di Napoli, un circolo nautico o un cantiere per sentire frasi di questo tenore. È diffuso, insomma, il sospetto che certe AMP nascano con nobili e qualificanti obiettivi, ma si perdano poi nelle secche della burocrazia e delle cattive gestioni pubbliche.
Per l’AMP di Punta Campanella, tra le costiere sorrentina e amalfitana, dall’altra parte del Golfo di Napoli, non si è puntato sui divieti ma sulla regolamentazione degli accessi alla costa. E sono stati allestiti, in verità, campi boe ecologici, regolarmente gestiti e sorvegliati, e utili a salvaguardare il fondale del primo tratto della Costiera Amalfitana, davanti alla baia di Nerano, detta Baia delle Mortelle. Ma sono del tutto insufficienti rispetto al notevolissimo traffico di barche che ogni estate invade quel tratto di mare. E infatti è stato già deciso che verranno ampliati: grazie al Pnrr sono stati stanziati 3 milioni di euro che dovrebbero consentire di allargare Le Mortelle e allestire nuovi campi boe a Crapolla e a Li Galli, ovviamente con materiale ecosostenibile.
L’obiettivo dichiarato è farcela per l’estate 2024, ma in agguato c’è la burocrazia, con l’obbligo di rispettare il codice degli appalti pubblici e di sentire i pareri di Comuni, Regione, Ispra, Ministero dell’Ambiente, Autorità marittima. E non solo. Mentre gli operatori del territorio costiero, in primis gestori di bar, alberghi e ristoranti attendono i provvedimenti necessari ad avvicinare tutti quei diportisti che non trovano una boa libera per ormeggiare, vengono banditi dall’amministrazione dell’Area Marina Protetta avvisi pubblici per la partecipazione a corsi di formazione aperti a giovani interessati a sviluppare conoscenze sull’ambiente marino, la flora, la fauna, la pesca, la comunicazione ambientale, il turismo subacqueo, la biologia, la medicina.
Tutto molto bello. E interessante. Ma dell’industria nautica italiana, della sua storia, dei suoi valori, dei suoi successi commerciali, del suo essere leader nel mondo, soprattutto della sua capacità di contribuire allo sviluppo del turismo nautico, all’economia dei territori costieri e del vicino entroterra, delle opportunità di lavoro che offre, non v’è però traccia alcuna nei bandi pubblici. Senza dire delle persistenti diffidenze in tema di rispetto ambientale.
Eppure le attività di ricerca e sviluppo delle aziende nautiche (imbarcazioni e motori marini) hanno fatto, negli ultimi anni, straordinari progressi proprio sul fronte dell’ecocompatibilità: oggi, con i sistemi tecnologici più avanzati, è possibile tenere ferma un’imbarcazione e occupare una rada protetta senza calare l’ancora (dunque senza intaccare il fondo), ed è possibile riempire i serbatoi con biocarburanti a ridotto impatto ambientale, utilizzare motori ibridi o full electric a emissioni zero, vernici e tessuti ecologici, per non dire della ricerca avanzata sull’idrogeno e delle continue proposte di start-app e di aziende lungimiranti proiettate sul fronte del green. Ma i burocrati che fanno leggi e regolamenti lo sanno?
La posizione di Confindustria Nautica
“Sì all’AMP, ma con minori restrizioni per le attività di locazione e noleggio ed eliminando palesi errori”
In una nota diffusa il 2 febbraio, Confindustria Nautica si è detta disposta a valutare positivamente l’istituzione dell’AMP dell’Isola di Capri, ma a condizione che vengano riviste alcune misure ed eliminati quelli che vengono definiti tout court “palesi errori commessi dall’ISPRA”.
“L’ Italia – si legge nella nota dell’associazione confindustriale – conta su 2.004 imprese di locazione e noleggio di unità da diporto, che rappresentano l’11% delle imprese dell’intera filiera nautica da diporto, per un valore aggiunto di circa mezzo miliardo di euro e oltre 3.500 addetti diretti.
La classifica regionale del valore aggiunto per l’intera filiera nautica vede la Campania al terzo posto, con incidenza pari a oltre l’1% del totale delle attività economiche della Regione, e sale al secondo posto per occupati. In Campania, nella Provincia di Napoli in particolare, si trova uno dei maggiori hub nazionali locazione e noleggio di unità da diporto, il quale rappresenta un indotto economico rilevante nel dato della filiera regionale.
Questi sono dati oggettivi che devono essere tenuti in conto quando si regolamenta la navigazione da diporto. D’altro canto l’armonizzazione dei flussi rappresenta un obiettivo condiviso da Confindustria Nautica, che – vale la pena ricordare – nel lontano 2008 ha promosso la firma presso il Ministero dell’Ambiente del “Protocollo per la nautica sostenibile nelle Aree Marine Protette”.
Nel valutare dunque positivamente l’istituzione dell’AMP dell’Isola di Capri, va tuttavia sottolineato come l’attuale proposta di zonizzazione abbia completamente tralasciato l’attività produttiva proprio del noleggio e della locazione nautica e, più in generale, la fruizione del diporto nautico. Appare eccessivamente restrittiva l’inclusione in Zona B dell’intero periplo dell’Isola, con la zonizzazione che, oltretutto, non segue l’andamento della costa, in particolare per le baie di Marina Piccola e della Grotta Bianca e di cala Ventrosa.
C’è poi il tema delle prescrizioni della bozza di regolamento, che andrebbero a penalizzare oltremodo le società di noleggio e locazione basate nella penisola sorrentina, senza considerare che dal punto di vista nautico e della clientela turistico-nautica quello formato da Capri e dalla costiera Sorrentina/Amalfitana rappresenta un unico sistema con un’offerta integrata tra poli separati da appena 3 miglia marine.
Non sono inoltre previste aree di ormeggio e canali di accesso alle zone di tradizionale sbarco e imbarco. Nello studio redatto dall’ISPRA vi sono infine alcuni palesi errori di valutazione, laddove, ad esempio, sono erroneamente ritenute come aree ad alto turismo nautico quelle già interdette alla navigazione, come nei pressi dello stabilimento “La Fontelina” e di “Torre Saracena”. Sarebbe in conclusione auspicabile il coinvolgimento dell’Associazione nazionale di categoria della nautica di Confindustria nel percorso istitutivo”.
La posizione di Afina e Unione Industriali di Napoli
“Sì a tutte le aree marine protette, purché non diventino inviolabili cattedrali del mare”
L’Afina (Associazione Filiera Italiana della nautica) e l’Unione Industriali di Napoli hanno rilasciato una dichiarazione congiunta firmata dai rispetti presidenti, Gennaro Amato e Costanzo Jannotti Pecci, di recente unitisi in un patto di collaborazione che li vede in prima linea nell’affrontare i problemi della nautica sul territorio napoletano. Entrambi si dichiarano disposti a condividere l’idea dell’area marina protetta caprese, ma a determinate condizioni.
“Da anni – rammentano – gli operatori della nautica sostengono che le aree marine protette sono necessarie per salvaguardare l’ecosistema marino e difendere le biodiversità, una ricchezza irrinunciabile.
Quindi, in merito a quella di prossima definizione e nascita a Capri, non possiamo che appoggiare la realizzazione della difesa di un fragile territorio come quello dei fondali capresi, ma allo stesso tempo sosteniamo che le AMP non devono diventare cattedrali del mare e, ancor peggio, punti di sfruttamento economico, ma località vivibili secondo regole valide e soprattutto punti di fruibilità ed esempio di educazione sociale per chi intende vivere il mare in maniera rispettosa.
Per questo motivo l’argomento è stato discusso anche nell’ambito del Nauticsud, in occasione degli Stati Generali del Diporto, organizzati proprio per confrontarsi anche con esponenti del Governo su uno dei temi più importanti, legato alla salvaguardia dell’ambiente e allo sviluppo del turismo nautico”.
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La voce di 32 aziende di charter
Estratto delle osservazioni inviate ai Comuni di Capri e Anacapri entro la scadenza del 23 gennaio 2024 da parte di 32 aziende dell’Associazione Charter Campania che operano prevalentemente nel tratto di mare compreso tra Capri e le costiere sorrentina e amalfitana
1) Il regolamento – si legge nel testo che 32 aziende impegnate nelle attività di locazione e noleggio hanno inviato ai Comuni di Capri e Anacapri con l’assistenza degli avvocati Enrico Soprano e Federica Esposito – dovrà prevedere per tutta la zonizzazione che si andrà a regolamentare durante l’iter di istituzione dell’area protetta la libera navigazione dei natanti da diporto all’interno dell’area, prescrivendo in tal caso un limite di velocità associato a uno stile di guida virtuoso. La libera navigazione dei natanti da diporto, inoltre, dovrà essere consentita a maggior ragione negli specchi d’acqua necessari per raggiungere i punti di approdo.
2) Il regolamento dell’Area Marina Protetta dovrà prevedere l’ormeggio e l’ancoraggio libero per le imbarcazioni da diporto all’interno dell’area marina protetta dell’isola di Capri e il divieto all’ormeggio ed ancoraggio dovrà riguardare unicamente le navi da diporto, ovvero le imbarcazioni che superano i 24 metri, sia per il danno che le stesse possono arrecare, per la loro stazza e per la invasività dei loro attrezzi di ormeggio, alla posidonia e all’ecosistema marino, sia perché, per le dotazioni previste, sono attrezzate per ancorare in fondali più profondi.
3) Ove il Regolamento per l’istituzione dell’Area marina protetta preveda l’ormeggio tramite campi boa, dovranno essere previste delle boe appositamente riservate alle attività di charter e di diporto commerciale, unitamente a quelle usufruibili dalle altre categorie, nonché da soggetti privati. Inoltre – conclude il documento – sarebbe opportuno prevedere un tempo massimo di utilizzo delle boe riservate agli operatori turistici (15/45 minuti) in modo da garantire a tutte le società di charter di poter usufruire delle stesse e creare in tal modo una turnazione tra le varie società.
Il documento degli operatori del charter si conclude con un invito alle amministrazioni comunali di Capri e Anacapri a convocare un tavolo di riunione per condividere le proposte e le decisioni da assumersi prima che il ministero dell’Ambiente vari il provvedimento definitivo.
INTERVISTA AL SINDACO DI CAPRI SULL’AREA MARINA PROTETTA
Cosa dicono i VIP sull’eventuale progetto dell’AREA MARINA PROTETTA DI CAPRI











