Speciale catamarani: la qualità della vita a bordo
Privacy, prossemica, ergonomia
Chi sale a bordo di un catamarano, scoprendolo per la prima volta, sgrana immancabilmente gli occhi, abbagliato da quello spazio che appare infinitamente superiore rispetto a quello di un monoscafo di pari lunghezza. La verità è che, per quanto l’istinto del confronto sia comprensibile, è assolutamente errato paragonare due tipologie concettualmente così diverse su tutti i piani.

Parliamo dunque di questa particolare tipologia di multiscafi, precisando subito che non a caso è l’unica tra le altre ad aver conquistato importanti fette di mercato: trimarani e proa parlando di vela, o “tre punti” parlando di motoscafi, pur essendo estremamente interessanti sotto il profilo tecnico, tanto da aver conseguito una montagna di record in campo agonistico, non hanno infatti mai potuto competere neppure lontanamente con i catamarani sul piano commerciale. Lo stesso dicasi – ma solo per il momento – riguardo ai foiler, cioè agli scafi provvisti di “ali”. In questo caso, infatti, il gap è dovuto alla loro troppo recente introduzione nel mondo del diporto, che in buona misura li vede ancora come mostri da America’s Cup.
Dunque, non si tratta soltanto di volumi, ampiezze e superfici tout court: è la stessa organizzazione della vita di bordo ad assumere nel catamarano una sostanza profondamente diversa, poiché i principali parametri che ne definiscono gli aspetti – privacy, prossemica, ergonomia, presi singolarmente e, soprattutto, combinati assieme – non hanno paragoni sostanziali con le altre tipologie di barca, tanto da costituire il principale motivo per il quale sono considerati ideali per il charter.

Ricordando che gli interni di qualsiasi barca si suddividono in ambienti privati e ambienti comuni, incominciamo a considerare il rapporto tra di essi all’interno di scafi di lunghezza media, oltre la quale le logiche progettuali sono assai meno standardizzate e perciò esulano dal tema generale. In quasi tutti i monoscafi di questa fascia dimensionale, c’è una sola cabina “isolata” – che per questo assume la funzione di armatoriale – quasi sempre dotata di toilette privata, mentre le altre sono attigue, combacianti; tutte affacciano direttamente sul quadrato-salone.

Ciò fa sì che quando si esce dal proprio alloggio, ci si trova immediatamente nello spazio comune, il che può risultare imbarazzante soprattutto se si deve fare la spola con una toilette, anch’essa comune, e se la coabitazione non è di tipo familiare o quantomeno amicale, come capita soprattutto quando una società di noleggio “affitta” la singola cabina e non l’intera barca.

In un classico catamarano esiste invece una prima drastica divisione speculare degli ambienti, dovuta al fatto che, mediamente, ciascuno scafo ospita due o più cabine ben separate tra loro, spesso dalle relative toilette e da un piccolo andito che a sua volta, mediante qualche gradino, porta al salone allestito sull’ampio ponte di collegamento, salone che, a differenza del quadrato presente nei monoscafi a vela, si sviluppa all’altezza del ponte di coperta, risultando incomparabilmente più luminoso, arieggiato, panoramico e, dunque, per nulla claustrofobico: in pratica, molto simile a quello di un classico motoryacht.
Ecco quindi che le cabine-letto facenti parte del singolo scafo godono di reciproca autonomia, di una notevole privacy acustica e risultano funzionalmente separate dal grande spazio comune, dove normalmente si trovano la cucina, la dinette, il tavolo da carteggio e i vani tecnici.
La netta suddivisione dei volumi
Questa prima netta suddivisione dei volumi trova una sua parziale corrispondenza negli ambienti esterni, sia in senso trasversale sia in senso longitudinale. Nel primo caso, per esempio, esistono due accessi separati al mare (le poppe dei due scafi) che non interferiscono tra loro e interferiscono poco con il pozzetto che, in quanto spazio comune, resta alquanto defilato rispetto alle attività balneari.
Va notato che, proprio grazie a questa configurazione dell’area posteriore, il tender con tutto il suo sistema di varo e alaggio trova quasi sempre posto in una posizione razionale per la sua movimentazione e soprattutto assai comoda e sicura per il trasbordo delle persone.

In senso longitudinale, a balzare subito agli occhi è il bilanciamento delle aree poppa-prua, consentito dalla pianta sostanzialmente rettangolare. In questo modo, l’area prodiera, che nel monoscafo è caratterizzata da una spiccata rastrematura che inevitabilmente incide sulla sua praticabilità, qui risulta invece la zona preferita da chi ama una maggiore esposizione al sole o all’aria, tanto in navigazione quanto durante le soste, tanto è vero che spesso – quando le dimensioni complessive lo consentono – i progettisti ne ricavano anche aree dinette, così come sostituiscono la classica rete di collegamento tra gli scafi – che comunque trova la sua migliore funzionalità nell’aerazione – con una vera e propria struttura rigida, transitabile con maggiore sicurezza e, spesso, raggiungibile comodamente dal salone.
Il flying-bridge
Un altro ambiente che, quando previsto, rappresenta un unicum per una barca a vela, è il flying-bridge. Può trattarsi di un semplice tetto-tuga praticabile, dotato di materassini e/o di dinette, oppure di uno spazio più strutturato: resta il fatto che, se c’è, contribuisce in modo importante a rendere possibile quella distribuzione delle persone che sui monoscafi è assai meno realizzabile, portando talvolta ai tipici problemi legati alla scarsa distanza interpersonale.
Vale la pena di sottolineare che ciascuno, a bordo, tende in modo del tutto naturale a eleggere un particolare punto della barca – anche solo un angoletto appena defilato – come suo “rifugio” personale ed esclusivo: in tal senso, nell’ambito delle dimensioni che abbiamo preso come riferimento, le possibilità offerte dal catamarano sono incomparabilmente superiori rispetto a quelle di un monoscafo, il che – come già detto – rende questa tipologia di cabinato particolarmente adatta alle situazioni in cui l’insieme delle persone imbarcate non è caratterizzato da una provata familiarità.
A questo punto, visto che la qualità della vita di bordo, intesa come insieme delle attività non strettamente nautiche (dunque, il farsi una doccia, preparare un manicaretto e consumarlo, leggere un buon libro, scrivere eccetera), è inversamente proporzionale all’angolo di sbandamento e all’ampiezza/periodo dei movimenti ondulatori (in pratica, i fattori che hanno decretato l’enorme successo dei moderni dispositivi di stabilizzazione), il catamarano vince sul monoscafo non solo in porto e alla fonda ma anche in navigazione.