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Inchiesta: Napoli, scandalo al sole

La mancanza di un porto turistico ha provocato il dilagare di approdi abusivi. Capitaneria di Porto e Guardia di Finanza in prima linea nel contrastare il fenomeno, con il supporto di droni e sub. 329 i natanti sequestrati tra maggio e ottobre, 2135 i reati amministrativi contestati.
L’ammiraglio Vella: gravi danni anche per l’ambiente.

Qui sopra un gommone appena sequestrato dalla Guardia Costiera.

Il mare di Napoli? Un tappeto di barche. Porti “scoppiati”, ormeggi abusivi dilaganti, paesaggio e fondali deturpati, denunce e sequestri a raffica. Da via Caracciolo all’isolotto di Nisida l’estate 2022 ha portato un susseguirsi di abusi, uno sconcio impensabile per una città affacciata su uno dei golfi più belli del mondo, al centro di un perimetro di 18-20 miglia che abbraccia il lungomare cittadino, la costiera sorrentina, Capri, Ischia, Procida, Nisida, Coroglio… una

Grande Bellezza votata ad esaltare il turismo nautico, e invece costretta a fare i conti con abusi e disagi. Incalcolabili i danni all’immagine e, di conseguenza, all’economia del territorio.

Il problema non riguarda tutto il golfo, ma specificamente il capoluogo, essendo Napoli – incredibile ma vero – città di mare priva di un vero porto turistico. Manca un marina moderno, attrezzato, accogliente ed efficiente, come se ne trovano in tante altre città costiere.

Barche ormeggiate abusivamente lungo la spiaggia all’interno del porto di Mergellina.

Si va avanti con concessioni demaniali provvisorie, rinnovate di anno in anno, in genere da maggio a ottobre. In tal modo il Demanio incassa 323.000 euro solo per Mergellina, 260.000 per Nisida, 170.000 per Santa Lucia, un po’ meno per altri siti. Ma gli spazi inadeguati e gli approdi legali “a tempo”, in questa controversa capitale del Sud sono insufficienti a coprire la domanda. Perciò dilaga l’abusivismo.

Uno dei pontili sottoposti a sequestro.

Solo nel tratto tra Nisida e Coroglio sono stati misurati 1.850 metri di mare gestiti da abusivi, responsabili di business illegale e offesa al paesaggio. La Capitaneria di Napoli è la prima in Italia per accertamenti di infrazioni. E nell’estate 2022 la Guardia Costiera è intervenuta con sei operazioni speciali di repressione del fenomeno. Gli uomini dell’ammiraglio Pietro Vella, direttore marittimo della Campania e comandante del Porto di Napoli (è responsabile di un’area di 700 km quadrati, tra le più trafficate del mondo nel periodo maggio-ottobre) si sono avvalsi del contributo di droni per controllare le situazioni dall’alto e di sub per verificare lo stato del fondale marino. “Tra i nostri compiti – dice infatti l’ammiraglio – oltre alla vigilanza e al controllo della legalità c’è anche la tutela dell’ambiente e quando si allestisce un campo-boe abusivo inevitabilmente si danneggia anche il fondo del mare. Bloccare coloro che commettono illeciti di carattere penale o violazioni amministrative implica dunque anche la salvaguardia dell’ambiente, che per noi è diventato un compito primario”.

Avendo operato anche con la collaborazione di altre forze di polizia e con il sostegno dell’Autorità di Sistema Portuale, a fine stagione 2022 è stato possibile fare un bilancio più che soddisfacente. 329 sono stati, tra maggio e ottobre, i sequestri di natanti non autorizzati all’ormeggio in specchi d’acqua non compresi nella concessione demaniale; 2.135 i reati amministrativi contestati. Particolare impegno è stato dedicato all’operazione “Acque libere”, che ha portato rilevanti risultati con la contestazione di circa 800 illeciti, il deferimento all’autorità giudiziaria di numerose persone e la restituzione alla libera fruizione di ampi tratti di mare (oltre che di spiagge).

Tra le operazioni più incisive, quella di metà luglio scorso, portata a termine con la decisiva collaborazione della Guardia di Finanza. Nello specchio acqueo antistante il lungomare Coroglio, in prossimità del porticciolo di Nisida, è stato sequestrato un tratto di mare occupato abusivamente e dedicato all’ormeggio di circa 200 natanti. L’ispezione subacquea ha consentito, tra l’altro, di rilevare i vari sistemi di ancoraggio costituiti da grossi massi in cemento, collegati tra loro da catenarie alle quali erano ormeggiate in modo precario le varie unità da diporto.

L’operazione ha portato al sequestro di circa 40.000 metri quadri di mare e di 187 natanti ormeggiati irregolarmente. Contestualmente sono stati segnalati all’Autorità Giudiziaria 6 gestori dell’attività illecita, per “abusiva occupazione dello spazio demaniale”. Secondo gli inquirenti il business degli approdi fuorilegge avrebbe prodotto ai gestori, nel solo caso citato, un guadagno non dichiarato di circa 225.000 euro.

Operazioni simili sono state condotte anche nel tratto costiero antistante la Rotonda Diaz, nel cuore del lungomare cittadino, dove il 23 giugno è stata contestata agli abusivi l’occupazione non autorizzata di 3500 metri quadri di specchio acqueo e individuati 40 natanti ormeggiati utilizzando cime e massi disposti sul fondale.

Abusi e violazioni sono stati riscontrati anche all’interno del porto di Mergellina, dove vengono rilasciate legittime autorizzazioni, rivelatesi però insufficienti a soddisfare la massiccia domanda di posti-barca. Qui, nel centralissimo tratto di mare antistante il Consolato americano, si è rivelata clamorosa l’occupazione di spazio a mare all’esterno del porto: a mano a mano che la stagione estiva incalzava, il “tappeto” di barche di tutti i tipi (dal gommoncino al cabinato di 15 metri) si allargava a dismisura, fino ad alterare completamente il panorama.

Un clamoroso esempio di incontenibile vitalità della nautica da diporto, ma anche una pesante violazione di tutte le regole, per non dire dell’insicurezza di ormeggi esposti al vento e al rischio di possibili mareggiate e dei danni procurati al fondale.

Tollerata a lungo, l’invasione di barche ormeggiate abusivamente è stata duramente colpita a fine stagione, per la precisione il 6 ottobre, quando è stata effettuata un’attività di Polizia Demaniale Marittima che ha portato al sequestro di 32 natanti e di uno specchio acqueo di circa 25.300 metri quadri.

Detto dell’impegno e dei successi sul fronte della repressione, c’è però da porsi una domanda: ci sarebbe stata una crescita così marcata dell’illegalità se la città fosse stata in grado di ospitare legalmente, in porti adeguati, i diportisti costretti a ricorrere all’ormeggiatore abusivo di turno?

Secondo l’ammiraglio Vella “non c’è alcun dubbio che una maggiore disponibilità di posti barca legali eviterebbe il dilagare dell’abusivismo e risolverebbe il problema di tanti diportisti. D’altra parte – aggiunge – non siamo certo noi della Capitaneria a dover prendere certe decisioni che riguardano gestione e sviluppo del territorio”.

Già. Chi dovrebbe? In teoria la proposta di realizzare un porto adeguato a Napoli potrebbe essere avanzata dalla Regione Campania, che ha competenza per finalità turistiche-ricreative e può delegare all’amministrazione comunale il compito di proporre all’Autorità portuale la realizzazione dell’infrastruttura o l’adeguamento di ciò che già esiste. Nella catena di competenze imposta dalla burocrazia statale per la gestione del territorio hanno però un ruolo non secondario anche le soprintendenze ai beni paesaggistici e ambientali. E non mancano veti, imposizioni e polemiche. Ne è prova ciò che avvenne proprio a Napoli nel 2013, con il contenzioso apertosi per la modifica delle scogliere in occasione delle regate delle World Series pre Coppa America. Per non dire del reiterato no all’ammodernamento e ampliamento del porto di Mergellina, considerato intoccabile antico borgo di pescatori.

I pontili regolari di Nisida, autorizzati solo da maggio a settembre.

A dire il vero la normativa vigente prevede anche – in pura teoria – che possa intervenire il governo centrale: il consiglio dei ministri può valutare infatti i pareri negativi delle soprintendenze e favorire la realizzazione di nuove strutture, rifacendosi al DPR 509 del 1997, che regola la disciplina degli approdi turistici con finalità di snellimento delle pratiche burocratiche. L’ideale, però, sarebbe ottenere il pieno consenso di tutti. Com’è avvenuto nella vicina Salerno, dove la perfetta sinergia tra Regione, Comune e imprenditori privati ha sconfitto veti e scetticismi e ha portato alla realizzazione di quell’autentico gioiello che è Marina d’Arechi. In Campania, a dire il vero, altre strutture di prim’ordine sono state realizzate a Castellammare di Stabia (lo Stabia Main Port accoglie abitualmente yacht e superyacht che non trovano posto a Napoli), a Procida, a Forio d’Ischia. A Napoli, invece, non c’è stato un solo progetto che non sia naufragato.

In passato si fecero avanti gruppi privati, in primis il consorzio Nautica Partenopea, formato in buona parte da soci della ANRC (la disciolta Associazione Nautica Regionale Campana) con un progetto molto interessante che individuava l’area antistante l’ex Italsider di Bagnoli per la costruzione di un porto da 400 posti, destinato a imbarcazioni a vela e a motore dagli 8 ai 28 metri. Le amministrazioni comunale e regionale dell’epoca mostrarono interesse, al punto che un assessore si cimentò anche in una manovra al simulatore nel corso dell’edizione 2011 del Nauticsud.

Ma una diatriba legale culminata in una inappellabile sentenza del Consiglio di Stato (venne contestata la mancata pubblicazione della gara d’appalto sul bollettino dell’UE) fece naufragare l’iniziativa. D’altra parte si era di fatto opposta anche la Soprintendenza, imponendo modifiche improponibili al progetto, come l’obbligo di non superare i 5 metri di altezza per il molo di sopraflutto e di rendere visibile dalla spiaggia il molo Nord dell’isolotto di Nisida.

Per quel territorio, da trent’anni colpevolmente condannato all’incuria, al superaffollamento e all’abusivismo, in epoca abbastanza recente (2015-2016) scese in campo il governo Renzi, che nominò un commissario per l’area ex Italsider e presentò un progetto per il porto, incluso nel piano di sviluppo. Ma qualcuno sa che fine abbia fatto? Svanito. Così come svanì, all’inizio degli anni 2000, il progetto di Porto Fiorito per Napoli Est. Appena qualche mese fa è stato dato per disperso anche il progetto annunciato dal presidente della Camera di Commercio di Napoli, Ciro Fiola, dichiaratosi pubblicamente intenzionato a costituire, come ente camerale, una società per la costruzione non di uno ma di ben tre porti, per complessivi 3000 posti barca. Qualcuno ne sa qualcosa?

IL PARERE DI GIULIO GRIMALDI (CONFINDUSTRIA NAUTICA)

Sulla necessità di risolvere il problema della portualità turistica a Napoli, mettendo fine al fenomeno dell’abusivismo, si è schierata anche Confindustria Nautica, attraverso Giulio Grimaldi, che in Campania è il delegato allo sviluppo associativo. “La questione della carenza di posti barca per il diporto – dice Grimaldi – ha in questa fase un carattere di urgenza e di priorità come mai è stato prima. Il rilancio che stanno vivendo il settore nautico e quello del turismo è un’opportunità unica. Non coglierlo e non utilizzarlo come volano per il territorio rappresenta una responsabilità enorme nei confronti delle generazioni future. A questo si aggiunga che le risorse finanziarie a disposizione non mancano. Tra la chiusura del precedente programma quadro e l’avvio del successivo e le opportunità offerte dal PNRR, sono disponibili i mezzi per rilanciare la risorsa mare. Quello di cui si ha estrema necessità è un sistema sinergico, tra operatori economici, istituzioni e professionalità, che sia in grado di proporre progetti efficaci in tempi stretti.”

IL PARERE DI GENNARO AMATO (AFINA)

La mancanza di un porto turistico a Napoli è uno dei temi ricorrenti tra diportisti e addetti ai lavori. In prima linea si batte da sempre Gennaro Amato, presidente di Afina (l’Associazione Filiera Italiana della Nautica che ha sede proprio a Napoli), oltre che titolare di un’azienda che produce battelli pneumatici (Italiamarine) e cura il rimessaggio di numerose imbarcazioni. “Noi imprenditori del settore – dice Amato – saremmo pronti a riaprire il discorso del porto turistico per Napoli, mettendo a disposizione la nostra competenza e, se necessario, anche dei capitali.

Ma lo diciamo da anni e nessuno ci ascolta. Eppure il turismo nautico potrebbe rappresentare un autentico volano di sviluppo per la città. Ci auguriamo che la politica non si limiti più a vaghe promesse e affronti una volta per tutte il problema della scarsità di strutture, che a Napoli è davvero grave. Ogni 10 barche soltanto 6 trovano un ormeggio sicuro e legale, con un conseguente aumento dell’abusivismo e dei prezzi di attracco e di ormeggio”.

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