Il Museo Marittimo di Macao
La prima volta che provai ad avvicinarmi al museo marittimo di Macao fu provenendo dall’isola di Hainan, ove avevo preso la coda di un uragano restando ben chiuso in albergo.
Purtroppo, lo stesso uragano aveva fatto ancora più danni a Macao e il museo marittimo era finito sott’acqua. Quando arrivai in traghetto da Hong Kong, ebbi solo modo di constatare che era chiuso e che lo sarebbe stato per mesi. A distanza di qualche anno, ho ripetuto il tentativo e questa volta la fortuna è stata dalla mia parte.
Per raggiungere Macao, non era più necessario utilizzare il traghetto veloce in quanto, nel frattempo, e a tempo di record, era stato edificato l’immane ponte che collega le due città e la cui lunghezza supera i 50 chilometri. Già l’attraversarlo è una esperienza interessante: si tratta di una struttura imponente che è in parte soprelevata sulle acque e in parte si immerge con un tunnel che passa sotto il fondo della baia, permettendo al traffico mercantile di continuare a passare indisturbato sulle acque soprastanti.
Un’opera ingegneristica di notevole livello, sorprendente anche per la velocità di realizzazione. Alle due estremità esistono dei terminal per gli autobus che nulla hanno da invidiare a quelli dei più moderni aeroporti.
Dopo poco più di mezz’ora di bus, le pratiche doganali sono rapidissime e si può subito prendere un taxi che, in una manciata di minuti, lasciandosi a destra il lago Sai Van, ci porta alla nostra destinazione.
Qui veniamo accolti con estrema cortesia dalla direttrice del Museo, la signora Vong Kit Han Ana, che ci accompagnerà nella visita.
Il mare fa sentire da sempre un’importanza notevole nella vita della città di Macao. Il territorio sul quale sorge, sulla costa Sud della Cina, è situato verso l’estremità dell’estuario del fiume delle perle, ove i Portoghesi si posizionarono sin dal XVI secolo. A Nord, a 76 miglia, si trova Canton e a sole 36 miglia verso Est c’è Hong Kong, che fino al 1842 non era che un’isola deserta. In questa zona, climaticamente difficile, la pesca ha avuto un ruolo di rilievo nel garantire l’alimentazione di chi l’abitava. Parte significativa di tale popolazione ha sempre vissuto in barca, che fungeva così anche da casa.
Da subito, queste popolazioni hanno stabilito importanti scambi commerciali con Malesi, Persiani, Arabi e anche Giapponesi; buon’ultimi, con gli Europei, a partire dai Portoghesi, primi fra essi a navigare quelle acque. La posizione di Macao ha favorito il ruolo di questa città nel commercio marittimo tra India, Cina e Giappone. Il porto garantiva alle navi e alle imbarcazioni un buon riparo dai violenti fenomeni meteorologici che, come oggi, si manifestavano nella zona. Buona parte dell’attività nautica locale era limitata al periodo da novembre a febbraio, quando soffiava il monsone invernale.
Nei pressi dell’ingresso del museo notiamo l’edificio più antico di Macao, antecedente l’arrivo dei Portoghesi: il tempio di A-Ma, la dea protettrice dei marinai.

Nell’ingresso, un bassorilievo sottolinea subito l’importanza della giunca nella navigazione locale (fig.1), mentre un modello di Dragon boat sottolinea la dipendenza stretta che i marinai del posto sentivano con la divinità. Questo modello, realizzato in osso di balena, proviene dal tempio di Tam Kung (a Coloane, un’isola di Macao). La balena (San U) era considerato un animale sacro per i pescatori del Sud della Cina. Poco più avanti, una ricostruzione a grandezza naturale illustra la tipologia delle botteghe che circondavano il vecchio porto, mentre una serie di vetrine sottolineano, con bei diorama, l’importanza della pesca tradizionale.

Ecco poi un bellissimo modello, il Tai Mei Téang, realizzato nel 1945 dai lavoratori iscritti all’associazione dei costruttori navali: si tratta di un peschereccio a strascico del tipo comunemente usato in zona, verso la metà del secolo scorso, prevalentemente per la pesca dei gamberi (fig.2).

Tutti gli aspetti della cultura dei pescatori vengono esaminati, soffermandosi sull’abbigliamento e sui riti, come quello di Chu Tai Sin, protettore dei pescatori, che veniva onorato con piccoli altari nei luoghi di residenza, ovvero sulle barche. Viene organizzato ogni anno un festival, il Da Jiu, per onorare tale divinità. In questa circostanza, che dura alcuni giorni, le barche sono ormeggiate fra di loro in file parallele, nel porto interno, e ogni pescatore porta la propria statua perché acquisti maggior potere nel proteggere il proprietario.

Il museo ha una particolare importanza in quanto a Macao si sono incontrate le culture marittime di Oriente e Occidente, influenzandosi a vicenda, e infatti in esso vengono presentati modelli di imbarcazioni locali e in una vetrina a parte, quelli di provenienza lusitanica (fig.3,4): Sempre per rimarcare la vicinanza con la cultura portoghese, ampio spazio è dedicato alla nave scuola Sagres della Marina Portoghese (fig.5).

Nel museo, i reperti si alternano con angoli multimediali e zone di proiezione che ne implementano la fruibilità per il pubblico più vario. Lasciandoci alle spalle alcuni piccoli acquarelli, ci troviamo ora di fronte a un settore del museo dedicato a un genere di pesca che a Macao ha avuto sempre – sino agli anni ’80 – molta importanza: quello delle ostriche. Queste venivano coltivate per usarne il mollusco come cibo, in varie forme, e i gusci per gli usi più vari, come ad esempio, una volta ridotti in frammenti, per sigillare gli spazi fra le tavole con cui erano costruite le imbarcazioni.
Il percorso museale si sviluppa in maniera articolata tra curiosità e riproduzioni di abitazioni dei pescatori. Attenzione viene prestata anche al modo in cui venivano spostati i carichi, attività che nella società Hui’an era appannaggio principalmente delle donne, capaci di spostarne di enormi su lunghe distanze.
Più volte, alzando gli occhi, restiamo piacevolmente sorpresi dall’importanza che nel museo viene attribuita all’arte di Marina: da un dipinto che ci riporta nel pieno dell’attività del vecchio porto di Macao a quello in cui domina il potente messaggio estetico insito in una sfilza di prore di giunche a quello di Julio Resende intitolato “Il Mare”, un olio su tela del 1995 che lo stesso Julio commenta: “… Il mare può essere ritratto in molte maniere diverse, artistiche ed estetiche, come nelle diverse tendenze contemporanee… Questo dipinto è una rappresentazione della Vita, mostrata qui nelle onde con le loro sovrapposizioni di forme e di colori…Alla fine, l’obiettivo era quello di dipingere un insieme non tranquillo però armonico, che riflettesse tutta questa bellezza nella Vita stessa!…”

Altro dipinto di grandi dimensioni ed effetto è un ritratto moderno di una giunca splendidamente posizionato sotto un grande oblò. Nascendo e permanendo Macao nei secoli città eminentemente commerciale, uno spazio adeguato è dedicato ai modi in cui il commercio si esplicava, sino ai contenitori usati per le varie derrate trasportate. Esiste poi, in un’ampia sala, un modello molto particolare (fig.6): si tratta di una nave a ruote del 417 d.C. che segna un passo fondamentale nella storia cinese della navigazione, forse poco conosciuto alla maggioranza dei lettori occidentali.
Secondo quanto riportato in scritti dell’epoca, la flotta di queste navi, della dinastia orientale dei Jin, si era mossa verso monte, con tutte le truppe nascoste all’interno, in occasione della battaglia con Hoquin, all’epoca una forza ribelle posizionata nel Nord del Paese. La flotta che riusciva a procedere controcorrente, terrorizzò la marina Hoquin, ove si pensava a qualche intervento soprannaturale che favorisse i nemici.
È proprio nel racconto di questa battaglia, che troviamo la prima descrizione di questa che più propriamente è definibile come una nave a pagaie e a ruote. Più o meno nella stessa epoca, in Europa, venne concepita un’idea analoga ma bisognerà attendere il 1543, prima che se ne possa vedere un’applicazione pratica a Barcellona, Spagna.
Si noti come, in funzione della larghezza dell’unità, si possono applicare più pedali sullo stesso asse, ottenendo quindi una maggiore propulsione.
Particolare importante per la manovrabilità di una nave da guerra: era relativamente facile invertire il senso del moto della nave smettendo di pedalare in un senso e attivandosi in quello opposto. Nata per uso essenzialmente fluviale e impiegata molto dalle marine Song contro i ribelli, essenzialmente della dinastia Jin, sul fiume Yangtze, perse d’importanza una volta raggiuntasi in Cina una certa stabilità interna.
A quel punto, l’interesse si spostò su navi che potessero affrontare il mare e difendere la nazione dalle nuove minacce che venivano dall’esterno. Durante la guerra dell’oppio, nel XIX secolo, i Cinesi utilizzarono ancora questo tipo di navi per combattere la Marina britannica. Proseguendo il nostro giro, si incontra una vetrina in cui vengono messi in evidenza vari tipi di imbarcazioni in uso nel mondo mentre, di seguito, sono richiamati vari tipi di timoni e di strumenti nautici.
Non è semplice approfondire la convergenza della scienza nautica delle due culture, quella portoghese e quella cinese, innanzitutto per la distanza fisica degli specialisti di ciascuna delle due e poi oltre che per una barriera linguistica, per un difficile accesso alle fonti.
È per questo che il Museo di Macao riveste un ruolo essenziale nel creare i punti di contatto e nel perseguire gli studi di quei momenti in cui le due culture si sovrappongono e si integrano. Un esempio di questa integrazione si evince nel quadro di Nuno Santiago, del 1990, in cui è rappresentata una Lorcha, ovvero un’imbarcazione in cui ad uno scafo europeo si sovrappone un’attrezzatura velica orientale, propria di una giunca.

Sempre parlando di contaminazione fra culture marittime, un altro esempio è offerto da un modello di Dhow (fig.7), tipica imbarcazione araba le cui vele hanno derivazione indiana, quella trapezoidale, e mediterranea, quella triangolare poi adottata anche sulle caravelle portoghesi (fig.8).

Una successiva vetrina si sofferma invece su quello che per i popoli cinesi in particolare è una figura mitica: l’ammiraglio Zheng He. Le sue imprese, sull’inizio del 1400, al comando di flotte di 300 navi, alcune delle quali, per l’epoca, immense, fanno confluire la Storia nel mito.

Un modello di una di queste navi che 300 anni prima che in Europa si concepisse nulla di simile, già vantavano la presenza di compartimenti stagni, fa bella mostra di sé (fig.9) in una teca ove è presentata anche una serie di ritratti raffiguranti i personaggi principali delle spedizioni di Zheng He (fig.10,11,12) che contavano sino a 27.000 uomini.

Le navi di queste ragguardevoli dimensioni – circa 125-150 metri di lunghezza – erano destinate a raccogliere i tesori che, da varie parti del mondo, sarebbero stati riportati in Cina. Alcuni storici hanno difficoltà ad accettare i rapporti dimensionali di queste navi che a loro sembrano troppo affilate per le tecniche dell’epoca, però ritrovamenti archeologici di navi delle dinastie Song e Yuan sembrano confermare proprio tali rapporti dimensionali.

Sul fondo della teca è riprodotta la stele presente al Museo Nazionale dello Sri Lanka fin dalla sua scoperta, avvenuta nel 1911; essa dovrebbe essere stata posta nel 1409 per volere dell’imperatore, con scritte in cinese, tamil e persiano, mostrando così il rispetto dell’imperatore stesso per le religioni locali di Ceylon.

Nella sala che segue, non senza ragione, viene sottolineata l’importanza dell’epopea portoghese (fig.13) con una successione di vetrine sapientemente disposte, in cui appaiono modelli, dipinti, grafici, strumenti, cimeli vari. In tale settore vengono anche esposte alcune divise portoghesi di bordo; da rimarcare che, sino al 1761, esse non erano regolate da alcuna normativa e solo successivamente, vennero date precise indicazioni su foggia e colori.

Una bella vetrina ripropone l’architettura del vecchio faro, vicino alla chiesa mentre il ritrovamento del relitto di una giunca di epoca Song (XIII sec.) ha reso possibile una messe di studi che ha portato alla realizzazione del suo modello (fig.14).

Questo relitto, trovato nel 1973 a Quanzhou, nella provincia del Fujian, è forse una delle scoperte archeologiche marine più importanti della Cina.

Estrapolando da quello che ne rimane si può dire che la giunca misurava 34 x 11 metri e dislocava 390 tonnellate. Il carico era costituito essenzialmente da legni aromatici provenienti da Timor, da Java e dal Vietnam, da pepe indonesiano, da noci di betel vietnamite.

Era anche presente ambra, cinabro e mercurio. Sono state poi trovate circa 500 monete cinesi e 1700 conchiglie (anch’esse usate come monete) e poi circa 50 oggetti di ceramica impiegati dall’equipaggio, più materiali vari di uso comune a bordo, nonché tracce di vegetali, animali e perfino alcuni pezzi degli scacchi.

Poco distante, dopo avere ammirato un diorama riproducente il waterfront di Macao di un lontano passato (fig.15), una vetrina ci offre il modello di una giunca da guerra cinese dell’800 (fig.16) mentre un’altra ci parla di un valore che i naviganti hanno sempre ritenuto molto importante: la pressione atmosferica e quindi gli strumenti per misurarla (fig.17).

Due teche sono dedicate ai primordi dell’aviazione navale a Macao (fig.18).
Di certo Macao non è proprio dietro l’angolo ma per l’appassionato di cose di mare che dovesse passare da quelle parti, questo museo vale proprio una visita.
di Paolo Bembo