I campioni crescono divertendosi, intervista a Enrico Chieffi
È questa la convinzione di Enrico Chieffi, pluricampione e manager di punta di Nautor’Swan e Slam. E sul futuro della vela è ottimista: “L’amore per questo sport cresce, dobbiamo coltivarlo”.
Enrico Chieffi è uno dei nomi attraverso i quali si può raccontare una lunga parte della storia della vela italiana. Atleta olimpionico, campione del mondo di 470 e Star, protagonista di quell’esaltante esperienza che fu l’edizione del ‘92 dell’America’s Cup a bordo del Moro di Venezia, da 20 anni ricopre ruoli apicali nella Nautor’Swan, prima come vice presidente e da qualche mese come Senior Advisor del Gruppo, una posizione strategica nella definizione delle strategie di Nautor, soprattutto per quanto riguarda la linea ClubSwan, quella orientata al mondo delle regate. Una carriera sportiva che pare inarrestabile, visto che all’età di 58 anni ha conquistato, la scorsa estate a Spalato, il titolo europeo classe Star insieme al suo prodiere, Nando Colaninno. Stesso passo segnato da quella manageriale, arricchita dalla chiamata a guidare in qualità di amministratore delegato, la Slam, società genovese controllata ora dalla Vam Investments di Francesco Trapani.

Ed è in questa veste che lo abbiamo incontrato a Roma durante la presentazione dei programmi sportivi della FIV per il periodo 2022–2024. Occasione in cui è stata annunciata la vittoria, proprio della Slam, della gara indetta dalla Federazione vela per individuare uno sponsor tecnico per la fornitura del materiale di abbigliamento.
Chieffi, intanto qual è la sua valutazione dell’acquisizione di Slam da parte della Vam Investments?
“Prima di tutto molto positiva per il fatto che l’operazione non rappresenta una delle tante cessioni all’esterno di un’azienda italiana, visto che il fondo di investimento è italiano. Molto positiva anche dal punto di vista industriale proprio sulla scorta delle considerazioni fatte dalla Vam Investments, che ha visto nella Slam un forte potenziale di crescita e di successo.

Cosa vorrà dire per lei innovazione in un’azienda con una storia così lunga come quella di Slam?
Dirò la verità. Sì, c’è da innovare ma in realtà il piano è molto semplice, ossia tornare alle origini. La Slam è infatti nata come azienda estremamente innovativa, inventando di fatto il Pile. Il nostro piano è, ripeto, tornare alle origini di un’azienda di abbigliamento tecnico velico incrementandone la qualità. Slam, storicamente, nasce come un marchio più economico dei concorrenti più forti, che negli anni ha virato verso una produzione più generalista. Noi vogliamo tornare in un ambito prettamente tecnico, dedicato ai velisti e alla loro vita sia in mare sia a terra.
In questo senso lei pensa che un’azienda come questa possa dare un contributo, ben oltre la fornitura di abbigliamento, ma come sviluppo di soluzioni tecniche, al mondo della vela?
Certamente sì, ma altrettanto certamente credo che Slam possa ricevere dal mondo della vela. Avere questa collaborazione con la FIV e con i ragazzi delle squadre olimpiche e dei vari livelli è un’opportunità di crescita per le due parti in causa. La vela è un ambito in forte evoluzione. Certo, c’è ancora un contesto classico, del diporto tradizionale che non tramonterà mai ed è bellissimo e di più larga diffusione, e poi c’è il livello sportivo, in cui il contatto con gli atleti può offrire spunti di ricerca per sviluppare nuovi prodotti. Un accordo, il nostro, che va ben oltre gli aspetti commerciali di fornitura.
Qual è in Italia lo stato di salute della vela intesa come movimento generale, non solo quindi dal punto di vista sportivo e agonistico?
Io credo che si sia stata una sorta di esplosione dell’interesse intorno alla vela. Un cambiamento positivo, ma pur sempre un cambiamento che come tale ha bisogno di tempo. Gli italiani si sono accorti della bellezza del mare e della possibilità che il nostro Paese, per la sua conformazione geografica, offre per fruirne. Insomma, siamo diventati amanti del mare e questo è un primo passo per diventare marinai.
Io la vedo bene, vedo un cambiamento culturale in corso, c’è più consapevolezza del fatto che il mare rappresenta una possibilità stupenda di godersi la natura. Per diventare marinai ci vorrà del tempo, ma viviamo in un contesto, il Mediterraneo, in cui è più semplice avvicinarsi al mare, rispetto a mari più freddi e duri, e quindi credo che una volta intrapresa la strada sia più veloce un percorso di crescita.

Torniamo alla dimensione sportiva. Lei torna a laurearsi campione europeo Star a 58 anni. Ci sono eredi alle sue spalle?
Certo che ce ne sono e non ci sono contraddizioni fra il mio titolo e il forte impegno del settore giovanile guidato da Alessandra Sensini. Io torno a essere campione in una classe, la Star, che è la regina delle classi ma non è più olimpica. Questo mi ha permesso di essere competitivo in un contesto di appassionati come me.
Il campionato del mondo che vinsi quando la classe star era olimpica ha un valore diverso da quello che ho vinto quest’anno. Detto questo, la mia vittoria sta a dimostrare quanto sia bella la vela, di come puoi continuare a divertirti e a essere competitivo a tutte le età. Ma voglio prendere spunto da questa domanda per indicare quello che sarà uno dei fattori di successo del mondo agonistico e che la FIV mi sembra stia tenendo in forte considerazione, ossia questo collegamento fra l’attività giovanile e quella di alto livello.
Secondo me una cosa andrà aggiunta, anche se parlando con Alessandra (Sensini n.d.r.) mi sembra di capire che sia molto sensibile a questo tema, ossia alla necessità di far divertire i ragazzi. Quando i ragazzi sono agli inizi devono percepire prima di tutto – prima anche del bisogno di prevalere, vincere e affermarsi – la gioia e il divertimento della vela. Dalla gioia deve partire la formazione dei futuri campioni.<p style=”text-align: center;”></p>