Vita di bordo: la crociera? Prima di tutto sicura
Divertirsi, certo, ma sempre in sicurezza. Perché andare in mare non è un gioco. Controlli, equipaggio, dotazioni: ecco cosa un comandante non può dimenticare.
Salpare in crociera, con un equipaggio familiare o di amici, è uno dei momenti più attesi dal diportista. I sogni e le fantasie invernali si traducono finalmente in realtà: la vacanza più bella che possiamo immaginare è, finalmente, a portata di mano. Una vacanza, senza dubbio, ma in mare.
E uscire in mare, con tutta la gioia, la passione e il divertimento che questo comporta, non deve farci dimenticare che, anche per percorsi di poche miglia, andiamo a confrontarci con un elemento indomabile.
E, soprattutto, che noi siamo a tutti gli effetti i comandati dell’unità che sta intraprendendo quella che il codice della navigazione definisce come “una spedizione”. Senza farci schiacciare al punto da rovinarci le vacanze, non possiamo, dunque, non ricordare che abbiamo delle responsabilità civili e penali, oltre che morali, che riguardano la sicurezza dell’equipaggio e dell’imbarcazione. Il grado di “leggerezza” – non superficialità – con cui possiamo farci carico del ruolo di comandante, dipende dalla consapevolezza associata alla preparazione minuziosa della crociera.
La verifica della barca
Se stiamo salpando con una barca presa in locazione (nel qual caso l’equipaggio siamo noi), prima di prendere il mare dobbiamo svolgere le procedure di controllo previste dal check-in. Per quanto queste siano approfondite, o anche nel caso la barca sia di nostra proprietà e non locata, ci sono una serie di controlli che non possono essere evitati.
Prima di tutto vanno verificate, nel caso di una barca a vela, le condizioni delle vele e delle manovre correnti (drizze e scotte), per appurare che non siano usurate in modo pericoloso. Restando in coperta, è importante verificare la posizione e la scadenza della zattera, il funzionamento del pilota automatico, la messa in moto e il funzionamento dell’invertitore. All’estrema prua, cogliendo anche l’occasione per fare un check alle luci di via, si deve testare il funzionamento del salpancora e controllare che l’ultima maglia della catena sia collegata allo scafo con uno stroppo in tessile.

Sul versante opposto, ossia all’estrema poppa, dobbiamo essere certi che ci sia l’anulare collegato alla cima da 30 metri e dotato della boetta luminosa funzionante. La condizione ideale sarebbe quella di avere due anulari, uno vincolato alla cima e l’altro libero, in modo che se il malcapitato manca quello collegato alla barca possa sempre, nel caso sia cosciente, raggiungere quello libero. In ogni caso, è bene che la cima sia avvolta intorno a un rocchetto e non legata strettamente con nodi che nel corso degli anni diventano sempre più difficili da sciogliere, e che l’anulare sia facilmente raggiungibile, anche nel caso in cui sia chiuso in un contenitore, che deve essere facilmente apribile e le cui cerniere, se di tessuto, non siano bloccate dalla salsedine.
Quindi è utile fare un’ispezione dello stato delle sentine, verificando che siano asciutte e controllare le prese a mare. Sempre sottocoperta, è il momento di passare a quello che può sembrare una banalità, ma che invece è un controllo di fondamentale importanza, visto che il cattivo funzionamento può rovinare una crociera: stiamo parlando della verifica dei wc, che devono caricare e scaricare regolarmente, con la pompa manuale (nel caso non siano elettrici) che deve scorrere in modo fluido.
È importante verificare i livelli del motore (olio lubrificante, olio dell’invertitore e liquido delle batterie) e la presenza di una dotazione minima di pezzi di ricambio, commisurata alle nostre capacità di intervento che si spera ci permettano di cambiare un filtro, una girante, una cinghia, una lampadina, un fusibile e, per il motore del tender, una candela.

Strettamente collegata ai pezzi di ricambio, c’è la presenza di una “cassetta dei ferri” che deve essere completa degli attrezzi (chiavi, brucole, cacciaviti, pinze, chiave per i filtri) dimensionati sul tipo di motore e attrezzature che abbiamo a bordo. Un’ultima annotazione sul motore: quando ci si appresta a fare il pieno, a tappo chiuso versiamo dell’acqua sulla coperta, in modo che il carburante che dovesse accidentalmente finirci sopra, non venga assorbito dal teak o sporchi e macchi la vetroresina.
La verifica delle dotazioni di sicurezza non è da relegare negli ultimi minuti dell’ispezione. Stiamo parlando dei razzi e delle boette luminose (validità, collocazione e lettura delle istruzioni, visto che non tutte le dotazioni sono identiche), dei giubbotti salvagente e delle life line che, purtroppo, non sempre si trovano a bordo di barche destinate al charter.
In questo frangente, è indispensabile controllare il buon funzionamento del VHF, magari facendo una chiamata di “prova apparato” sul canale 16 contattando una stazione a terra. Infine, un controllo ai documenti di bordo e alla presenza delle carte nautiche relative alla nostra zona di navigazione ci permetterà di concludere la nostra ispezione.
L’equipaggio e il comandante
Spesso accade che le persone che abbiamo a bordo siano amici o familiari. In questi casi conosciamo le loro capacità, il livello di preparazione su cui possiamo fare affidamento e, di conseguenza, sappiamo quali saranno i limiti da non oltrepassare in termini di esposizione al cattivo tempo o alla lunghezza della navigazione. In caso contrario, dovremo confidare nella veridicità delle loro dichiarazioni prendendole con il beneficio di un inventario che si farà nel momento del bisogno.
In tutti i casi però, il comandante ha, al momento dell’imbarco, la responsabilità di fornire a tutti le informazioni relative alla sicurezza. Ogni membro dell’equipaggio deve sapere come si accende la radio e come si effettuano le comunicazioni essenziali sul canale 16. Non si può pretendere che in pochi minuti chiunque possa apprendere le procedure radio, ma quale bottone vada premuto, come e quando parlare e quando rilasciare il pulsante, devono essere nozioni assimilate da tutti.

Ogni membro dell’equipaggio deve sapere dove sono collocati i giubbotti salvagente, le life line, e deve essere istruito su come si indossano. Chiunque deve essere in grado di raggiungere le dotazioni di sicurezza e saperle utilizzare. A tutti deve essere mostrata la posizione della zattera, spiegando come allestirla, come si mette in folle la leva del motore e come si disattiva il pilota automatico nel caso il comandante non sia in grado di intervenire.

Si tratta di avere la capacità, con serietà ma senza drammatizzare, di svolgere un breve ma esaustivo briefing sulla sicurezza, utile anche a collocare la vostra figura nel ruolo del comandante responsabile e scrupoloso, capace di divertirsi e mettersi in gioco quando è il momento, ma anche di impartire direttive inappellabili nel caso in cui sia necessario eseguirle. In conclusione, prima di augurare agli ospiti una buona permanenza a bordo, accertatevi che tutti abbiano un documento di identità, indispensabile sia che si vada all’estero sia in caso di controlli.
La pianificazione della rotta
Che si tratti di coprire poche miglia o una traversata di trasferimento per raggiungere l’area in cui vivremo la nostra vacanza, occorre pianificare con scrupolo la nostra rotta. Pur essendo nell’epoca del digitale, tracciarla su una carta nautica ha ancora un valore inestimabile e una grande utilità. Si ha una visione di insieme della situazione, si può verificare la presenza di pericoli lungo la rotta, di limitazioni alla navigazione, si ha un supporto irrinunciabile nel caso in cui, per qualsiasi motivo (e a volte succede), il nostro plotter decida di abbandonarci.
Stabilita e tracciata la rotta, dobbiamo fare i conti con la realtà meteorologica. L’ascolto dei bollettini immediatamente prima di partire, o la consultazione dei tanti siti disponibili, ci permetterà di prendere le ultime decisioni, ma una pianificazione di massima sarà già stata possibile se nei giorni precedenti avremo seguito l’evoluzione del tempo attraverso la lettura delle carte sinottiche e la presa visione dei bollettini.
Con la carta sotto i nostri occhi e la rotta tracciata, saremo anche in grado di ipotizzare scenari diversi nel caso in cui le condizioni meteo diventino avverse, individuando, prima di partire, porti o ridossi da raggiungere in alternativa alla nostra primaria destinazione. Pianificare la rotta, soprattutto se comporta una navigazione di diverse ore, vuole anche dire creare le condizioni per un maggior grado di benessere a bordo.
Questo è possibile stabilendo brevi turni di guardia per ogni membro dell’equipaggio, in modo che si senta utile e impegnato, ma anche rilassato nel godersi la navigazione quando è libero, programmando i pasti e la loro preparazione, organizzando la barca per tempo se si deve affrontare una notturna, predisponendo bevande calde, dotazioni di sicurezza, come i giubbotti e le life line per chi è impegnato in coperta, riducendo vela se è previsto un rinforzo di vento e riducendo la velocità nel caso di una navigazione a motore.
Fuochi, boette e razzi
Lo scorso mese di luglio, a 40 miglia da Tavolara, un’imbarcazione di 50 piedi ha subito, dopo un urto con qualcosa di semi-galleggiante, una grave delaminazione che si è trasformata, nell’arco una decina di ore, in una grossa falla.
La barca è andata perduta e l’equipaggio, composto da 4 persone, è stato tratto in salvo da una motovedetta della Capitaneria di Porto di Olbia dopo che un mercantile, dirottato sul posto, si era messo in copertura per proteggere l’unità dal forte maestrale. Tutto è andato bene grazie a un insieme di azioni e circostanze fra le quali l’ottima preparazione dell’equipaggio che, senza farsi prendere dal panico, ha messo in atto le azioni e le procedure per resistere fino all’arrivo dei soccorsi.
A bordo, tre membri dell’equipaggio su quattro erano professionisti, quindi preparati per mestiere. Ma prendere il mare comporta l’accettazione di una quota di rischio che riguarda chiunque, anche il diportista, la cui soglia può essere abbassata grazie alla preparazione. Sapere come si utilizzano le dotazioni di sicurezza fa parte di questo bagaglio importante di informazioni. Fra le dotazioni di sicurezza, i fuochi a mano, i razzi e le boette fumogene sono i dispositivi di cui difficilmente si ha occasione di sperimentare l’uso. Il loro fine è identico a prescindere dai modelli che si imbarcano, ma le modalità di innesco possono essere differenti e sono sempre riportate sulle confezioni. Il primo passo, quindi, è quello di leggere con attenzione le istruzioni quando si verifica la collocazione e la scadenza delle dotazioni di sicurezza.
I fuochi a mano – Si tratta di dispositivi utili a farsi individuare e, quindi, da utilizzare quando si ha una ragionevole certezza che i soccorritori siano in zona pronti a raggiungerci. Si tratta di segnalamenti che vanno tenuti in mano a braccio teso verso l’esterno e non lanciano alcun razzo. Emanano per circa un minuto una sorta di fiamma rossa di intensità pari a circa 15.000 candele. L’accensione deve avvenire sottovento e verso l’acqua. Non è previsto l’uso di guanti, grazie all’impugnatura protetta e a una lunghezza del tubo che mette al riparo da rischi di ustione, ma se si hanno a bordo…perché non indissarli? Quando il fuoco si spegne, il tubo è incandescente: bisogna lasciarlo cadere in mare senza lanciarlo perché rischia di spezzarsi. La luce è fortissima: meglio evitare di fissarla.
Boette fumogene galleggianti – Anche questi segnalamenti servono a indicare la posizione della barca e vanno usati quando i soccorsi sono in arrivo. La boetta va azionata strappando una linguetta posta sulla parte superiore e successivamente va lasciata in mare sottovento alla barca. Una volta tirato l’innesco, dopo un paio di secondi esce del fumo nero che diventa in breve arancione. In mare, ogni fonte di fumo è sospetta e deve allertarci; se è arancione è sicuramente una richiesta di soccorso. Il fumo esce per circa 3 minuti e si disperde dopo avere raggiunto una certa altezza a seconda del vento. La cosa positiva è che risulta molto utile in caso di ricerche aeree, poiché anche dopo lo spegnimento rimangono a lungo tracce ben visibili sull’acqua.
Razzi a paracadute – Si tratta dei dispositivi da utilizzare per la richiesta di soccorso, nella speranza che qualcuno li avvisti. La capsula, raggiunta un’altezza fra i 250 e i 300 metri, rilascia la “stella” luminosa – dall’intensità di 30.000 candele – che inizia così la sua discesa rallentata da un paracadute. Questa può durare circa 40 secondi fino all’impatto con l’acqua e al conseguente spegnimento: dunque, un arco di tempo alquanto lungo che – si spera – possa attirare l’attenzione di piloti o guardie in plancia. In ogni caso, la prassi vuole che dopo 5–10 minuti, si lanci un secondo razzo, in modo che chiunque sia stato allertato dalla visione del primo, abbia la conferma di trovarsi di fronte a una richiesta di soccorso.
Anche l’uso di questo dispositivo richiede delle cautele. Il rinculo che si verifica quando parte è di circa 5 chilogrammi, quindi non indifferente. Il razzo esce a una velocità di circa 150 chilometri orari e raggiunge in un secondo la sua massima di circa 250.
Vista la sua potenza, se un razzo non parte, bisogna assolutamente gettarlo in mare senza fare alcun tentativo di capire la causa del mancato funzionamento.<p style=”text-align: center;”></p>





