Velistiche elucubrazioni
La lettera seria e argomentata di un nostro affezionato lettore, trasformata in un divertente (ma anche utile) botta-e-risposta con Corradino Corbò.
Lettore: Gentile Direttore, a differenza delle barche a vela da regata, costruite per sfruttare ogni centimetro quadrato della velatura, ogni chilogrammo in meno di peso, ogni corrente marina, ogni minima bava di vento pur di essere veloci, quelle da crociera mirano a una buona stabilità congiunta alla comodità per l’equipaggio, a una facilità di manovra delle attrezzature e, non essendo barche da specialisti, non devono per forza essere superveloci, ma devono garantire ai crocieristi il più alto grado di sicurezza possibile.
Corbò: Sono assolutamente d’accordo.
Ed è in base a queste necessità della vela da crociera che suggerirei ai costruttori alcune variazioni al piano velico e alle strutture delle suddette barche. La mia convinzione nell’esporre le seguenti ipotesi trova fondamento in un principio di idrodinamica relativo alla struttura delle imbarcazioni dislocanti da crociera e a una teoria sul vento tutta mia. A) uno scafo dislocante ha la sua massima velocità in funzione della lunghezza della parte immersa, indipendentemente dalla forza che la sospinge, sia essa il vento o un motore.
È noto.
B) Ritengo che il vento aumenti di intensità nel momento che impatta la superficie del mare (come un sasso piatto che lanciato con una certa forza rimbalza più veloce sulla superficie dell’acqua), quindi la spinta maggiore del vento arriva sulla parte bassa delle vele.
È esattamente vero il contrario, tanto per l’intensità del vento (che aumenta all’aumentare della quota), quanto per la velocità dei sassi piatti che vi rimbalzano (la quale diminuisce sia per la progressiva perdita della forza d’inerzia sia per l’impatto con la superficie, tanto è vero che, dopo qualche rimbalzo, i sassi affondano. Altrimenti finirebbero per entrare in orbita).
Ora sappiamo tutti che la barca più bella del porto è quella con l’albero più alto. Questo è sicuramente vero esteticamente.
Non condivido. La bellezza di una barca a vela dipende da molti altri fattori.
Fuori dal porto, in mare aperto, magari con un po’ di mare e vento teso, la barca da crociera dà gusto, naviga alla velocità massima consentita dal suo scafo, ma si comincia a rischiare specie se non si è skipper professionisti e così si dà qualche mano di terzaroli. Ora siamo tutti più tranquilli. Se magari siamo di bolina, andatura in cui la barca si inclina molto, il vento arriva rinforzato sul timoniere e sui crocieristi unitamente a continui spruzzi d’acqua. Si fanno tre volte le miglia necessarie a raggiungere la nostra meta. Ed è qui che consiglierei ai nostri crocieristi di calare le vele, accendere il motore e virare per la rotta più breve e diretta.
Sono decisioni che vanno prese di volta in volta, in base alle condizioni meteomarine e, ovviamente, alle preferenze e alle capacità individuali.
È noto: in navigazione a vela la barca si inclina e io credo che su un albero di 10 metri eserciti più leva quel metro quadro in testa d’albero che la parte bassa della velatura, diciamo per un metro di altezza dal boma e un metro dal punto di mura del fiocco. Tra l’altro questa parte bassa della velatura ha una grande portanza, mentre quasi nulla è la portanza di quel metro quadro in testa d’albero.
Sulla scarsa rilevanza che lei assegna alla parte alta della vela, in termini di portanza, ci sarebbe davvero molto da argomentare finanche a giungere alla conclusione diametralmente opposta. Basti solo pensare allo studio delle forme al fine di diminuire i vortici marginali che proprio lì si formano, creando resistenza aerodinamica. Per farle un paragone, pensi agli alianti: se fosse come dice lei, dovrebbero avere le ali molto corte, mentre invece…
La controprova di quanto dico me la dà la generica manovra della riduzione della vela, infatti le vele vengono richiamate verso il basso diminuendo così la pressione del vento sulla parte alta dell’albero, facendo riacquistare stabilità e sicurezza all’imbarcazione.
È vero che il richiamo della tela verso il basso porta automaticamente all’abbassamento del cosiddetto “centro velico” e, perciò, in aggiunta alla diminuzione della superficie esposta al vento, porta come risultato un minore sbandamento. Tuttavia ciò non costituisce affatto la “controprova” di quel che lei sostiene. Le faccio peraltro notare che il richiamo della vela verso la base o verso la caduta prodiera (come per alcuni tipi di avvolgiranda e per tutti gli avvolgifiocco) più che una scelta è una condizione inevitabile: come si potrebbe richiamare una randa verso l’alto?
Questo effetto di inclinazione dello scafo, che è funzione del vento, dell’altezza dell’alberatura, della velatura esposta, del contrappeso del bulbo e dell’andatura, si traduce in forte scomodità a bordo…
Premesso che per la maggior parte dei velisti propriamente detti lo sbandamento è anche divertente, per diminuire un’inclinazione percepita come scomoda, basta ridurre opportunamente la tela e il problema è risolto.
…in una minore capacità della barca di mantenere la rotta, fenomeno dovuto alla inclinazione della deriva e del timone (maggiore inclinazione maggiore scarroccio e minore risposta del timone) …
I velieri ben progettati mantengono bene la rotta anche sotto forte sbandamento.
…il che comporta altresì una forte tendenza della barca a pericolose straorzate specie nelle andature di bolina.
Se la bordatura delle vele è corretta, il pericolo della straorzata è pressoché nullo in bolina, mentre può diventare notevole con il vento in poppa, particolarmente con le vele a farfalla o sotto spinnaker.
A seguito di quanto sopra esposto e tirando qualche conclusione, la modifica da me suggerita, premesso che gli alberi delle barche a vela da crociera sono per me troppo alti…
Perché troppo alti? La velatura può (e deve) essere regolata anche in base alla forza del vento. Se una barca porta troppa tela a riva non è colpa dell’albero, bensì dello skipper che non l’ha dosata opportunamente.
…e che sembrano più ispirati a fallici minareti…
Mi perdoni ma… questo è un tema più da psicoanalisti che da esperti di vela.
…che a principi di utilità e sicurezza,
Se un albero è – come si riscontra in quasi tutti i casi – correttamente proporzionato alle caratteristiche dello scafo, oltre che sicuro è anche molto utile in quanto permette di portare più tela al vento quando ce n’è poco. Lo ripetiamo: la sua altezza, quale che sia, non può costituire di per sé alcun pericolo. N.B.: le dirò che, semmai, capita di osservare barche da crociera con un albero troppo basso, tale da renderle sottoinvelate.
Ritengo che questi andrebbero abbassati almeno di un 20-35 {2e3577d2bd6aebaa150c85c33fcd353783f1aa6c690283591e00ef60b3336fc8}, recuperando magari un po’ della tela persa in alto con una randa diversa con la balumina arrotondata e qualche stecca tipo catamarano che insista su un boma girevole per eventuali terzarolature, ora meno necessarie.
Proprio no, per carità. Inoltre mi chiedo come potrebbe fare quando, con poco vento, c’è bisogno di tanta tela.
Si potrà così alleggerire il bulbo, magari recuperando un po’ di stabilità di peso con più stabilita di forma dello scafo. Si potrà fare a meno di qualche crocetta se non di tutte. Le sartie e gli stralli, modificati così gli angoli d’attacco, lavoreranno con più tenuta. Si potrà lavorare più facilmente in testa d’albero.
A questo punto, perché’ non eliminare del tutto l’albero e le vele?
Una barca da crociera non deve volare sul mare quando c’è solo una bava di vento,
Generalmente, nessuna barca da crociera “vola” sul mare, tanto più con una bava di vento.
In tal caso la barca navigherà a motore, magari con un po’ di vela stabilizzante e tutto è risolto. Questo non la trasformerà di certo in un motorsailer.
Scelte personali. Si può ricorrere al motore ausiliario anche su una barca che abbia un albero alto un chilometro.
Al contrario con un buon vento, la barca raggiungerà comunque la sua massima velocità possibile senza essere sottoposta a forti tensioni sullo scafo, attrezzature ed equipaggio.
Temo proprio che non sia così.
Sarà quindi, incontrovertibilmente più confortevole e sicura per la navigazione.
Il comfort e la sicurezza dipendono anche da molti altri fattori. Di sicuro, la barca che lei propone sarà molto più lenta e meno manovriera.
Questa teoria dell’accorciare o del diminuire, che ha già funzionato a meraviglia da diversi anni sugli sci, sulle armi da tiro e da pesca, sulle auto monovolume, la applicherei volentieri all’esagerazione che ritrovo nella velocità delle automobili e delle moto in genere.
Si è dimenticato dei giocatori di basket.
Ed ancora la userei per diminuire quell’eccesso di comunicazione pubblicitaria e non dalla quale siamo continuamente bombardati. (Trattasi di un mio sfogo sociale, grazie per la comprensione.)
Dall’altezza dell’albero alla pressione pubblicitaria il passo sembra davvero molto lungo. Quello sì che lo accorcerei drasticamente.
Ringrazio per la collaborazione prestatami nella stesura di queste poche righe, inerenti esclusivamente alle barche a vela da crociera, il mio caro amico Andrea che è sempre stato ed è rimasto contrario a quanto da me qui esposto.
Dichiaro tutta la mia piena solidarietà al suo caro amico Andrea. Se lo tenga stretto, perché è sicuramente lui a essere dotato di infinita comprensione. Spero soltanto che non sia troppo alto, altrimenti, in un suo ulteriore “sfogo sociale”, potrebbe avere la tentazione di accorciare pure lui.
Alessandro, Milos
Corradino, Roma<p style=”text-align: center;”></p>

