Vai al contenuto

Navigare sempre, l’inverno del nostro scontento?

In barca d'inverno

Torna al sommario

Forse, prima di mettere la barca in naftalina, può essere il caso di valutare se tenerla in acqua per provare a godere quella navigazione invernale che è resa sempre più accettabile dai cambiamenti climatici.

Sarà anche vero che inverni sempre più miti stanno allungando le stagioni nautiche, ma vale la pena navigare d’inverno? Certo molto dipende dal clima del vostro ormeggio, perché l’Italia è lunga e fra Genova a Palermo le differenze sono notevoli. Se però per molti la barca in acqua anche nella stagione fredda è un piacere irrinunciabile, agli altri possiamo consigliare di provare perché qualche piccolo sacrificio sarà ampiamente ripagato, anche se ovviamente va fatta una serie di considerazioni, la prima delle quali è indubbiamente se è il caso di tenere la barca in acqua o meno dal punto di vista tecnico ed economico.

Genericamente parlando, la barca – come del resto qualunque mezzo meccanico – più la si usa meglio è: si ha un costante monitoraggio delle tante funzioni di bordo e tutti i vari meccanismi (pompe e motore in primis) girano e si lubrificano a pieno beneficio di funzionalità e durata. A livello economico si risparmiano i costi delle operazioni di rimessaggio (non quelli dell’ormeggio), varo e alaggio inclusi che peraltro sono sempre uno stress per la barca, e si può approfittare delle basse tariffe di ormeggio in acqua che molte marine praticano generalmente nei sei mesi invernali (novembre-aprile).

In più si può approfittare della relativa calma operativa per mettere mano ai tanti lavoretti per i quali nella bella stagione nessuno ha voglia di perdere tempo.

Un altro vantaggio sfruttabile, a seconda di dove è ormeggiata la vostra barca, è la possibilità di utilizzarla come albergo galleggiante per poi dedicare il week end a scoprire le bellezze dell’entroterra. Insomma i vantaggi sono numerosi, ma naturalmente non manca qualche svantaggio. Di certo, ad esempio, quando arrivano certe burrasche invernali non manca un po’ d’apprensione; inoltre sarà bene che la barca non abbia problemi di infiltrazioni d’acqua (non fidatevi troppo delle pompe di sentina automatiche), dato che d’inverno la pioggia non manca mai, ma nel nome della passione qualche scotto va necessariamente pagato.

Considerazioni generali

Una volta deciso che la nostra passione ha deciso per noi, cominciamo ad affrontare il primo dei problemi posti dall’inverno: il freddo e i suoi derivati. Dove il primo ci riguarda in prima persona, mentre i derivati sono quelli relativi ai nostri abituali compagni di barca.

Perché se si parla di un gruppo di amici uniti dalla stessa passione è un conto, ma se la base del nostro equipaggio è meno determinata – cosa che spesso capita con mogli-fidanzate-amiche o amici troppo pigri – la questione si complica.

Chi ci accompagna abitualmente nelle vacanze estive, e magari anche in certe splendide giornate autunnali, potrebbe fare fatica ad andare in barca in una fredda e umida giornata invernale. E come dargli torto, se dentro non ha il sacro fuoco della passione, passione che va poi declinata anche a seconda dei propri interessi.

Equipaggiarsi in modo adeguato resta tuttavia fondamentale, tanto quanto la prudenza necessaria per affrontare repentini cambiamenti meteo.

Spiegandoci meglio, ci sono di sicuro molti diportisti, genericamente parlando, che vanno volentieri in barca anche in inverno, soprattutto quando con il soffio della tramontana il mare sottocosta si spiana (ovviamente dipende dal versante lungo cui navigate) e magari si trova anche un ridosso in cui dare fondo per sdraiarsi al sole e, se vogliamo proprio esagerare, allestire una spaghettata. Nella norma, però, il mare d’inverno è dominio soprattutto di due tipologie di irriducibili amanti del mare: i velisti e soprattutto i pescatori.

Due tipologie abbastanza diverse da molti punti di vista, ma unite nella difficoltà di trovare l’equipaggio giusto per godersi una bella giornata di mare. Certo, a seconda della vostra barca, si può pensare anche a un’uscita in solitario, magari in compagnia di chi in genere non protesta mai, ovvero il vostro cane, però per quanto ci sia chi se la gode comunque e a prescindere, diciamo che con una piacevole compagnia è sicuramente meglio.

Per convincere gli amici più pigri c’è in genere poco da fare, e c’è anche il rischio, provando a svegliarli al mattino per l’ultimo tentativo, di prendersi un bel “vaffa”. Con le esponenti del gentil sesso si può essere un po’ più subdoli, si può ad esempio tentare la carta del “Amore, poi stasera andiamo a cena in quel ristorantino…”, o anche “Tesoro, quando rientriamo facciamo una passeggiata lungo il porto, ti ricordi quella bella boutique…”. La versione più bieca recita: “Cara, stasera dormiamo in barca, poi domattina se è proprio brutto facciamo un giro nell’entroterra…”, già sapendo che la mattina dopo avremo mollato gli ormeggi già prima che la signora fuoriesca dal piumone.

Il bello dell’inverno

Perché è bello andare in barca d’inverno? Fermo restando che andare in barca è comunque bello, difficile non restare ammaliati da un mare tornato mare, ovvero senza l’incubo di centinaia di barche che ti passano sparate a pochi metri di distanza con le conseguenze del caso: se siete velisti sarete infatti destinati a ballare come turaccioli in balia delle onde sollevate dal cruiser di turno, per non parlare di quelli che vi puntano frontalmente per virare solo all’ultimo lasciandovi con il fiato sospeso e con il dubbio: è fatta, è finita, mi pento dei miei peccati!

Se invece siete pescatori la cosa più frequente è che, in questo caso basta anche un gommone, qualcuno vi passi in scia sulle lenze, nonostante le vostre disperate segnalazioni, tranciandovele di netto e regalando a Nettuno i vostri artificiali da Euro 20 ciascuno. In realtà esiste un altro problema, ben più serio, che riguarda i pescatori subacquei e la totale incoscienza di chi non rispetta i limiti di distanza dalla boa segnasub, con le tragiche conseguenze che purtroppo si ripetono ogni anno. Personalmente essendo coinvolto in tutti i suddetti casi… odio l’estate!

Ecco, tutto questo d’inverno non esiste, e non è cosa da poco. Però qualche problemuccio non manca, a partire dal freddo e dall’umidità che si patiscono sia in navigazione sia all’ormeggio, anche se l’umidità sottocoperta dipende in parte dalla buona coibentazione della barca e dalla sua aerazione.

Tralasciando la possibilità di installare a bordo un caminetto (poi servirebbe anche un gavone per la legna), nel primo caso esistono soluzioni semplici ed altre più complesse e professionali, sempre ammesso ovviamente che la vostra barca sia un cabinato.

La prima, a meno che non siate ormeggiati nei pressi delle banchise polari, si risolve con 30-40 Euro, quanto serve per comprare una stufetta elettrica, meglio se con termostato, che è in genere sufficiente e rapida per riscaldare il sottocoperta di una barca di dieci metri, ma se il caso lo richiede la stufetta può essere raddoppiata facendo però attenzione al surriscaldamento dei cavi. Per migliorare la distribuzione del calore e minimizzare gli effetti della condensa, è sempre consigliabile lasciare aperte le porte delle cabine con buona pace della privacy.

Naturalmente questa è una soluzione praticabile solo all’ormeggio, disponendo di apposita colonnina e di un inverter. Per avere una barca calda e accogliente alla fonda in rada, a parte il dotarsi di un generatore, il discorso è più complesso ed economicamente ben più impegnativo. Si entra infatti nel campo degli impianti di riscaldamento veri e propri, tema che da solo meriterebbe un ampio articolo.

Per affrontare le intemperie della navigazione esiste invece un’ampia gamma di soluzioni, necessariamente personali in quanto dipendenti dalla propria sensibilità termica. Il primo consiglio è quello di curare al meglio la protezione delle estremità: piedi e mani caldi sono il primo viatico per una gradevole navigazione, ma senza dimenticare la testa, soprattutto in mancanza di una protezione “naturale”.

È un discorso da curare preventivamente, soprattutto per i meno esperti, perché una volta in navigazione non ci si può poi lamentare più di tanto. Qualche consiglio spicciolo: magliette termiche a pelle, maglioni dolce vita, felpe in pile, bandane girocollo (una sciarpa non fa molto marinaio ma risulta molto confortevole), guanti di lana idrorepellente (nei casi più seri ottimi quelli da moto, da sci o anche quelli da sub in neoprene).

Per i climi più freddi, se il caso lo richiede, non vergognatevi nell’indossare i classici Moonboot da neve e infine importante per i maschietti, soprattutto oltre una certa età, scegliere una salopette della cerata con apertura “tecnica” per poterla fare fuoribordo senza doversi spogliare. Il settore dell’abbigliamento sportivo offre una quantità di soluzioni, sia dal punto di vista tecnico sia da quello estetico, perciò senza addentrarci troppo nel problema, l’unico consiglio un po’ generico, oltre a quello di prediligere indumenti e soprattutto cerate traspiranti (viva il Goretex), è quello di considerare un abbigliamento “a cipolla”, perché spesso l’escursione termica cambia nel corso della giornata, mentre lo sprayhood o un buon parabrezza rendono più confortevole la navigazione anche in presenza di mare formato.

Da non dimenticare, anche se non farebbe propriamente parte dell’equipaggiamento, un bel thermos carico di cioccolata bollente, ma se siete a dieta va bene anche il the. Sconsigliabile invece la botticella di rum legata a piede d’albero: fa molto pirata, ma potrebbe mettervi in difficoltà durante le manovre e magari crearvi problemi con l’alcol-test.

Meteo & Sicurezza

Anche se un dito bagnato di saliva è il metodo più pittoresco per individuare direzione e intensità del vento, non mancano oggi soluzioni tecnologicamente più avanzate e relativamente più affidabili in quanto capaci (sempre relativamente) di prevedere il futuro. Il condizionale è d’obbligo anche nel mondo dei siti internet, perché quando si parla di precisione meteo e modelli matematici vari non sono sempre parola di verità, cosa che del resto ogni diportista prima o poi ha verificato di persona.

Personalmente, soprattutto dovendo affrontare trasferimenti di un certo impegno, mi sono trovato spesso a incrociare le previsioni di vari siti restando perplesso di fronte a situazioni non solo diverse ma a volte anche opposte. In tal caso occorre valutare i siti più affidabili e farne una media, sperando di aver puntato sul cavallo giusto, e magari valutare anche qualche osservazione personale leggendo nuvole e onde.Il discorso è ancor più valido d’inverno, perché le variazioni climatiche sono più instabili e i cambiamenti di tempo e soprattutto di mare possono essere più improvvisi e imprevedibili, tanto che a volte le indicazioni dei pescatori di mestiere risultano più affidabili dei bollettini.

Anche per questo tracciare delle indicazioni sia pur di massima sulle condizioni meteo che può riservare l’inverno sarebbe poco attendibile. Premesso che anche nella stagione fredda possono verificarsi favorevoli situazioni di stabilità per più giorni, in caso di incertezza è bene – se non prioritario – che oltre alle condizioni del meteo siano valutate con la necessaria obiettività anche quelle personali (e del proprio equipaggio) e quelle della propria barca.

Un buon marinaio con una buona barca può cavarsela anche in mezzo a una burrasca, ma se il fisico non regge e la barca neanche, non resta che un bel mayday. Va detto però che in questi casi la sopravvalutazione è quasi la norma. L’età non è necessariamente un fattore discriminante (Francis Chichester fece il giro del mondo in solitario a 65 anni) ma certo ha il suo peso, soprattutto in una navigazione a vela e soprattutto se non si dispone di un equipaggio all’altezza.

La forza muscolare non è più quella di un tempo? Le articolazioni sotto sforzo scricchiolano? L’agilità per muoversi in pozzetto non è più quella di un capriolo altoatesino? Pensateci bene prima di mollare gli ormeggi in caso di tempo incerto. Ma anche se siete giovani e gagliardi, non trascurate certe elementari norme di sicurezza. Dei salvagente abbiamo già detto, sulle jackline o life-line che dir si voglia (per quanto riguarda le barche a vela) non tutti le amano, ma indubbiamente navigando con mare formato sarebbe bene utilizzarle. La saggezza di girare la prua e rientrare in porto quando non è cosa è invece patrimonio dei veri marinai.

Meglio prevenire

In ogni caso prima di avventurarvi in mare ricordatevi di avvertire qualcuno, in primis la torre di controllo del marina, comunicando la vostra uscita e la vostra probabile meta, e assicuratevi del buon funzionamento del VHF ricordando che i portatili hanno portata limitata e possono scaricarsi senza molto preavviso, e alla stessa stregua tenete presente che anche i cellulari possono scaricarsi o perdere il segnale.

E poiché prevenire è sempre meglio che curare, provate anche a immaginare quella che potrebbe essere una manovra d’emergenza in caso, ad esempio, di caduta in mare vostra o di un membro dell’equipaggio, perché a volte le decisioni vanno prese nell’arco di pochi secondi, e non possono essere quelle sbagliate.

Come impostare la manovra di recupero? Il famoso salvagente con 25 metri di sagola è realmente utile, oppure ora che svolgete la sagola (che quasi tutti tengono inestricabilmente adugliata) il vostro amico è già perso fra le onde? Non sarebbe meglio come prima opzione lanciargli un parabordo nell’arco di due o tre secondi? Ma se in acqua ci finite voi? A proposito è sempre cosa saggia, quando capita di avere a bordo qualcuno non proprio del mestiere, spiegare bene prima di mollare gli ormeggi il funzionamento del motore e del telecomando. E magari spiegargli anche l’importanza di mettere in folle nel momento in cui sta per recuperarvi. Se poi le cose sono più serie inutile dire che un localizzatore satellitare risulta fondamentale per nutrire la speranza di essere recuperati.

Oggi questi fondamentali strumenti di sicurezza sono diventati piccoli e relativamente economici, e possono essere portati in tasca, agganciati al salvagente, o anche al polso. Ai fini della sicurezza va inoltre ricordato uno strumento comunque utile, ma che in alcune zone risulta fondamentale, perché quando una nebbia impenetrabile è tutt’altro che rara il radar offre un grande conforto. Contrariamente a quanto si possa pensare, il mare più freddo dell’anno non è quello invernale, o almeno del primo inverno, soprattutto oggi che il clima sta diventando ogni anno più mite.

Cadere in acqua nel mare di gennaio, con una temperatura di 14-15 gradi, tanto per dire, è però tutt’altro che piacevole. E se mai accadesse di notte anche meno. Nel caso, l’uso di una termocamera per la visione notturna (utile in molte altre circostanze) potrebbe essere di grande aiuto. Va però tenuto presente che il freddo potrebbe non essere il primo dei problemi. Ben più serio, ad esempio, è il fatto che vestiti come Babbo Natale avremmo serie difficoltà a restare a galla, da cui l’importanza di indossare un salvagente (se ne può scegliere un modello gonfiabile di minimo ingombro) se non sempre almeno quando le condizioni meteo non sono proprio ottimali.

E la barca?

Ci stiamo però dimenticando di parlare della barca. Dando per scontato (ma non è detto) che la struttura base della barca non abbia problemi in caso di mare formato, siamo certi che sia tutto in ordine? Da quanto tempo, anche causa Covid, non mettiamo piede a bordo? Non è che ci siamo dimenticati di qualche problemino che avremmo risolto tornando in barca, ma che poi con l’isolamento forzato ci è passato di mente? Magari una cinghia lenta del motore, il livello dell’olio, le batterie un po’ basse, una scotta usurata, il trefolo di una sartia saltato e via dicendo?

A volte ci sono certe cose così banali e scontate…che uno se le dimentica! Consigliabile quindi, prima di mollare gli ormeggi, fare un attento esame della situazione, ricordando che in inverno in caso di avaria non è così facile incontrare una barca di passaggio a cui chiedere aiuto e che se un velista può in qualche modo, vento permettendo, riavvicinarsi al porto, una barca a motore non può rientrare neanche a remi.

Vale infine la pena citare un punto spesso non considerato, ma che ha un suo perché: l’ancoraggio. Anche in inverno capita infatti la bella giornata che ti invita a calare l’ancora in qualche bel ridosso, senza troppo pensare alla natura del fondo, però… occhio!
Avendone avuta più volte l’esperienza, anche per la mania di ancorare su fondo roccioso, raccomanderei in caso di dubbi sulla situazione l’uso di un grippiale. Perché prepararsi a ripartire al calar del sole e rendersi conto che l’ancora non viene su neanche a calci non è una bella sensazione.

Certo a volte con qualche manovra ben fatta si riesce a liberarla, ma altre volte a prescindere dalla sua tipologia (nessuna ancora è esente dal problema) quel maledetto ferro s’intana peggio di una cernia. A quel punto o siete un buon apneista con attrezzatura al seguito, o sarete costretti a mollare l’ancora dopo aver preso bene la posizione, magari lasciando un piccolo gavitello collegato alla catena (lasciare un parabordo può essere rischioso perché si rischia poi di non ritrovarlo), sempre che il fine corsa della catena sia una cima tagliabile e non un grillo arrugginito e strabloccato. Chiaro che il problema di recuperare l’ancora resta, quindi poi occorrerà organizzarsi di conseguenza.

Il mare nello stomaco

Abbiamo voluto dedicargli un capitolo a parte perché, fra le tante difficoltà dell’andar per mare in inverno, questa ha un suo particolare rilievo. Fermo restando che il problema è four-season, e quindi di interesse generale.
Non c’è barca – avesse pure una carena con la stabilità di forma di una chiatta – che non sia sensibile al moto ondoso. E non c’è persona che almeno una volta nella vita non abbia provato quel fastidioso senso di nausea che, a varie gradazioni, viene genericamente chiamato “mal di mare”.

Essendo una delle cose più sgradevoli con cui confrontarsi e premessa la gamma di malesseri che va appunto da una leggera nausea ai conati di vomito fuoribordo (possibilmente sottovento), può essere consolante sapere che a soffrirne in Italia è il 18{2e3577d2bd6aebaa150c85c33fcd353783f1aa6c690283591e00ef60b3336fc8} dei diportisti, che con un po’ di attenzioni lo si può prevenire e che, se si ha la testa dura e una sufficiente passione, a lungo andare ci si abitua e alla fine lo si supera.

Tant’è che se è vero che quando l’onda lunga e assassina altera i sensori del nostro sistema vestibolare possono accadere cose che voi umani non potreste neanche immaginare, succede anche che dopo aver avuto l’inferno nelle viscere molti marinaretti della domenica sono poi diventati seri uomini di mare. Se il problema è irrisolvibile consigliate al vostro partner di montare a bordo uno stabilizzatore: la soluzione è gradevole a prescindere, ma un po’ costosa, e c’è il rischio che invece di imbarcare uno stabilizzatore veniate sbarcati voi.

A scatenare quella che in termini medici viene definita una chinetosi, è il continuo avvicendarsi di accelerazioni e decelerazioni come quelle che si subiscono quando la barca è in balia del moto ondoso e che alterano sensibilmente le strette correlazioni fisiologiche che determinano il nostro senso di posizione nello spazio. Più specificamente questa alterazione del sistema nervoso centrale avviene fra l’apparato vestibolare, che contribuisce al mantenimento del nostro equilibrio, e l’apparato visivo che ci offre l’immagine su cui regolare determinati stimoli.

Il risultato, a cui spesso concorrono alcuni fattori complementari come il freddo, una cattiva alimentazione o una particolare emotività, sono quei sintomi che iniziano come un leggero malessere che aumenta con il passare dei minuti abbinato a un crescente pallore, sudorazione fredda, vertigini, spossatezza, prostrazione generale: insomma un vero e proprio inferno che culmina, a dire il vero con successiva soddisfazione del soggetto, con i già citati conati di vomito. Nonostante sia un nemico capace di gettare il malcapitato di turno nella più nera prostrazione (per altro, ovviamente, capita più agli ospiti che agli skipper, e più alle donne che agli uomini), avvelenandoci la giornata, il mal di mare può essere prevenuto e combattuto.

Non staremo a parlare degli stabilizzatori giroscopici, rimedio sicuramente efficace ma piuttosto costoso, però in previsione di una giornata di mare, ad esempio, sarà bene curare l’alimentazione già dalla sera prima, evitando cibi grassi, speziati e poco digeribili. Anche la colazione di prima mattina dovrà essere curata, preferendo il the al latte, una manciata di cereali al cornetto, un po’ di frutta alle uova strapazzate col bacon (ma quanto sono buone!).

Se la nostra predisposizione al mal di mare è già dichiarata esiste poi tutta una serie di farmaci disponibili in varie forme, dal cerotto a base di scopolamina alle pasticche tipo Xamamina a effetto soporifero, alle gomme da masticare, a cui possiamo aggiungere i famosi braccialetti con i quali è però fondamentale indovinare il giusto punto di pressione. Importante è però assumere questi farmaci prima di salire in barca, perché quando il fenomeno è già in atto, la loro efficacia è alquanto relativa.

E prima di salire in barca, avendone la possibilità, sarebbe anche bene liberarsi l’intestino. Se però abbiamo presuntuosamente confidato nel nostro piede marino e cominciamo a sentire i primi segnali di nausea quando il porto à già lontano…qualcosa possiamo ancora fare. Innanzi tutto il freddo non aiuta, quindi nel caso coprirsi adeguatamente.
Anche la posizione in barca può essere di conforto, scegliendo quella meno soggetta a sollecitazioni, che a secondo della barca potrà essere al centro o a poppa, e comunque in senso longitudinale, ovvero in asse con la direzione di marcia, e il più bassa possibile (come dire, evitate di appollaiarvi sul flying-bridge). L’antico rimedio dei marinai, pane e alici, non è pura mitologia ma può realmente contrastare l’insorgere della nausea, mentre la concentrazione richiesta da un’azione dinamica che richiede il vostro intervento fa spesso dimenticare tutto.

Fra i metodi meno noti, ed anche meno utilizzati, citiamo la respirazione pranayama, che con una specie di massaggio addominale riduce gli effetti del mal di mare, o metodi un po’ più drastici: pare, ad esempio, che un bello schiaffone dato all’improvviso metta in circolo tanta di quella adrenalina da far regredire qualsiasi sintomo di nausea. In ogni caso quando la situazione ha ormai raggiunto i suoi limiti estremi, inutile far finta di niente, perché tanto vi si legge in faccia lontano un miglio. Mettete da parte la vergogna, scegliete un punto della barca categoricamente sottovento, con la murata bassa ma con appigli sicuri per non finire in mare, e date libero sfogo al vostro malessere.

Dopo, nella maggior parte dei casi, starete molto meglio, e potreste anche finire col godervi quel che resta della giornata. La miglior prevenzione in assoluto è tuttavia quella di vincere il mal di mare già sulla carta, ovvero con un lento adattamento che consentirà anche agli stomaci più sensibili di snobbare qualunque moto ondoso. Un adattamento che potrà venire solo col tempo, magari a piccole dosi, uscita dopo uscita, familiarizzando con le sensazioni più fastidiose fino a snobbarle del tutto.
Navigate, gente, navigate!<p style=”text-align: center;”></p>

Leggi anche